La Chiesa pakistana al governo: no alla religione in politica, come in Bangladesh
No all’uso e all’abuso della religione in politica, che è causa di tanti mali del
Paese, ed è un fatto che genera equivoci e discriminazioni verso le minoranze religiose:
è la richiesta inoltrata dalla Chiesa cattolica pakistana al governo di Islamabad.
Il presidente della Conferenza episcopale mons Lawrence Saldanha, - secondo fonti
dell’agenzia Fides - ha firmato un documento inviato all’esecutivo pakistano, in cui
si invita il governo a compiere “passi avanti verso la riforma della Costituzione
e del sistema giuridico”, affrontando anche la delicata questione della presenza della
religione nella sfera politica. Il documento è stato stilato dalla Commissione “Giustizia
e Pace”, che da anni conduce una campagna contro l’uso politico della religione, che
ha portato alla “legge sulla blasfemia” e alla legge elettorale, che suddivide gli
elettori secondo il credo religioso. Nel documento, mons. Saldanha afferma che “l’estremismo
crescente nel Paese è uno dei punti chiave per l’abuso della religione nella politica.
La religione, infatti, rappresenta il pretesto principale – osserva il presule - in
mano ai ‘partiti religiosi’” che giocano un ruolo fondamentale”. La Chiesa pakistana
fa riferimento a quanto è accaduto di recente nel vicino Bangladesh dove un verdetto
dell’Alta Corte ha stabilito che sulla scena politica non sono più ammessi partiti
che fanno esplicito riferimento alla religione. “Il Pakistan dovrebbe prendere esempio
dal Bangladesh e imparare la lezione”, sottolinea il documento. “Gli affari dello
Stato e la politica devono essere trattati in modo indipendente, e non sotto la bandiera
di un qualsiasi credo religioso”. “Un sistema politico condizionato dalla religione
discrimina le minoranze e i loro diritti” - annota ancora il testo - mentre la Costituzione
non può essere un documento “custode di una fede”, come avviene nella Carta fondamentale
pakistana. La Costituzione, che già all’articolo 2 proclama l’islam “religione di
Stato”, è stata modificata nel 1985 da “forze non democratiche” con l’aggiunta della
cosiddetta “Objecive Resolution”, un allegato che ha creato un forte sbilanciamento
in favore della religione islamica nel testo della Carta. In questa convinta campagna
sull’indipendenza fra politica e religione, la Chiesa cerca il consenso delle altre
comunità religiose di minoranza, e della società civile, anche nei suoi segmenti musulmani.
Il fine è rilanciare pubblicamente queste argomentazioni, chiedendo al governo una
riforma costituzionale e l’abolizione di tutte quelle leggi che creano nella cittadinanza
pakistana una discriminazione su base religiosa. (R.G.)