Il Papa all'udienza generale: il cammino ecumenico avanza ma non è un processo lineare,
si preghi per l'unità dei cristiani
Pregare tutti perché Cristo aiuti i cristiani di ogni confessione a superare le divergenze,
a rafforzare il dialogo e a dare una testimonianza di “comune fedeltà a Cristo”. Con
questo auspicio, Benedetto XVI ha concluso questa mattina la catechesi dell’udienza
generale, in Aula Paolo VI, dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
che si concluderà il prossimo 25 gennaio. Il Papa ha affermato che il progresso ecumenico
“non è lineare”, tuttavia numerosi sono i “passi positivi” compiuti negli ultimi decenni.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
Esattamente
un secolo fa un gruppo di missionari protestanti si riunirono in Scozia, a Edimburgo,
per discutere “sulla difficoltà oggettiva di proporre con credibilità l’annuncio evangelico
da parte dei cristiani ancora divisi tra loro”. Era il gennaio 1910 e la domanda fondamentale
che si posero, ha spiegato Benedetto XVI, fu in sostanza questa:
“Se
ad un mondo che non conosce il Signore, che si è allontanato da Lui o che si mostra
indifferente al Vangelo, essi si presentano non uniti, anzi spesso contrapposti, sarà
credibile l’annuncio di Cristo, unico Salvatore del mondo e nostra pace? Il rapporto
fra unità e missione da quel momento ha rappresentato una dimensione essenziale dell’intera
azione ecumenica”. Anche per la
Chiesa cattolica, ha proseguito il Papa, quella domanda divenne uno dei “punti fermi”
sui quali poggiò lo sviluppo dell’ecumenismo.
“Il
movimento ecumenico moderno si è sviluppato in modo così significativo da diventare,
nell’ultimo secolo, un elemento importante nella vita della Chiesa, ricordando il
problema dell’unità tra tutti i cristiani e sostenendo anche la crescita della comunione
tra loro. Esso non solo favorisce i rapporti fraterni tra le Chiese e le Comunità
ecclesiali (…) ma stimola anche la ricerca teologica”. Di
qui, l’importanza crescente data alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani:
unità - ha ribadito in più momenti il Pontefice - che è “un dono di Dio” e non una
conquista solo umana. Non mancano, ha riconosciuto, “divergenze” e “gravi problemi”
sulla reciproca conoscenza, che possono essere superati se, ha indicato il Papa alla
Chiesa, si cresce nella conoscenza personale di Dio in Cristo, scoprendo così la “responsabilità”
di diventarne testimoni:
“E’ evidente che conoscere
Cristo, come processo intellettuale e soprattutto esistenziale, è un processo che
ci fa testimoni. In altre parole, possiamo essere testimoni solo se Cristo lo conosciamo
di prima mano e non solo da altri, dalla nostra propria vita, dal nostro incontro
personale con Cristo. Incontrandolo realmente nella nostra vita di fede diventiamo
testimoni e possiamo così contribuire alla novità del mondo, alla vita eterna”. Benedetto
XVI si è quindi soffermato sulle questioni che più intimamente toccano le corde del
dialogo ecumenico – pastorale, vita sacramentale, matrimoni misti – e sugli appuntamenti
dell’ultimo anno, distinguendo i diversi livelli di dialogo bilaterale stabiliti con
le varie confessioni cristiane. “Positivi” ha definito in particolare quelli con gli
ortodossi, che hanno attualmente allo studio, fra l’altro, il ruolo del vescovo di
Roma nella Chiesa indivisa del primo millennio:
“Tali
importanti iniziative attestano come sia in atto un dialogo profondo e ricco di speranze
con tutte le Chiese d’Oriente non in piena comunione con Roma, nella loro propria
specificità”. In modo analogo,
Benedetto XVI si è riferito al dialogo con il mondo protestante – anglicani, luterani,
metodisti – e ribadendo l’esistenza di quei “problemi aperti” che tuttora costellano
la strada verso la piena unità, ha concluso tra realismo e speranza:
“Dobbiamo
tenere presente anche quanti progressi reali si sono raggiunti nella collaborazione
e nella fraternità in tutti questi anni, in questi ultimi cinquant’anni. Allo stesso
tempo, dobbiamo sapere che il lavoro ecumenico non è un processo lineare. Infatti,
problemi vecchi, nati nel contesto di un’altra epoca, perdono il loro peso, mentre
nel contesto odierno nascono nuovi problemi e nuove difficoltà. Pertanto dobbiamo
essere sempre disponibili per un processo di purificazione, nel quale il Signore ci
renda capaci di essere uniti”. Dopo
le catechesi in sintesi in varie lingue e i saluti particolari ad alcuni dei gruppi
di persone presenti in Aula Paolo VI, il pensiero del Papa è tornato sul tema dell’unità
dei cristiani. Questi giorni di riflessione, ha esortato i giovani, costituiscano
“un invito ad essere ovunque operatori di pace e di riconciliazione”. Per voi, cari
ammalati, ha soggiunto, siano “un momento propizio ad offrire le vostre sofferenze
per una comunione dei cristiani sempre più piena”, mentre per i nuovi sposi, ha concluso,
siano “l’occasione per vivere ancor più la vostra vocazione speciale con un cuore
solo ed un’anima sola”.