Il Papa all'udienza generale: grandi progressi nell'ecumenismo. Appello a pregare
per l'unità dei cristiani. Testo integrale
Un appello a tutti i cristiani perché proseguano sulla via dell’unità per dare al
mondo una testimonianza comune di fedeltà a Cristo, è stato lanciato oggi dal Papa
durante l’udienza generale, dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Benedetto XVI ha ricordato i grandi progressi raggiunti nell'ecumenismo nonostante
i problemi tuttora presenti. Ecco il testo integrale della catechesi del Papa: Cari
fratelli e sorelle! Siamo al centro della Settimana
di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, un’iniziativa ecumenica, che si è andata strutturando
ormai da oltre un secolo, e che attira ogni anno l’attenzione su un tema, quello dell’unità
visibile tra i cristiani, che coinvolge la coscienza e stimola l’impegno di quanti
credono in Cristo. E lo fa innanzitutto con l’invito alla preghiera, ad imitazione
di Gesù stesso, che chiede al Padre per i suoi discepoli “Siano uno, affinché il mondo
creda” (Gv 17,21). Il richiamo perseverante alla preghiera per la piena comunione
tra i seguaci del Signore manifesta l’orientamento più autentico e più profondo dell’intera
ricerca ecumenica, perché l’unità, prima di tutto, è dono di Dio. Infatti, come afferma
il Concilio Vaticano Secondo: “il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani
nell’unica Chiesa di Cristo, una e unica, supera tutte le forze umane” (Unitatis Redintegratio,
24). Pertanto, oltre al nostro sforzo di sviluppare relazioni fraterne e promuovere
il dialogo per chiarire e risolvere le divergenze che separano le Chiese e le Comunità
ecclesiali, è necessaria la fiduciosa e concorde invocazione al Signore.
Il tema di quest’anno è preso dal Vangelo di san Luca, dalle ultime parole del Risorto
ai suoi discepoli “Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,48). La proposta del tema
è stata chiesta dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,
in accordo con la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese,
ad un gruppo ecumenico della Scozia. Un secolo fa la Conferenza Mondiale per la considerazione
dei problemi in riferimento al mondo non cristiano ebbe luogo proprio ad Edimburgo,
in Scozia, dal 13 al 24 giugno 1910. Tra i problemi allora discussi vi fu quello della
difficoltà oggettiva di proporre con credibilità l’annuncio evangelico al mondo non
cristiano da parte dei cristiani divisi tra loro. Se ad un mondo che non conosce Cristo,
che si è allontanato da Lui o che si mostra indifferente al Vangelo, i cristiani si
presentano non uniti, anzi spesso contrapposti, sarà credibile l’annuncio di Cristo
come unico Salvatore del mondo e nostra pace? Il rapporto fra unità e missione da
quel momento ha rappresentato una dimensione essenziale dell’intera azione ecumenica
e il suo punto di partenza. Ed è per questo specifico apporto che quella Conferenza
di Edimburgo rimane come uno dei punti fermi dell’ecumenismo moderno. La Chiesa Cattolica,
nel Concilio Vaticano II, riprese e ribadì con vigore questa prospettiva, affermando
che la divisione tra i discepoli di Gesù “non solo contraddice apertamente alla volontà
di Cristo, ma anche è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione
del Vangelo ad ogni creatura” (Unitatis Redintegratio, 1). In
tale contesto teologico e spirituale si situa il tema proposto in questa Settimana
per la meditazione e la preghiera: l’esigenza di una testimonianza comune a Cristo.
Il breve testo proposto come tema “Di questo voi siete testimoni” è da leggere nel
contesto dell’intero capitolo 24 del Vangelo secondo Luca. Ricordiamo brevemente il
contenuto di questo capitolo. Prima le donne si recano al sepolcro, vedono i segni
della Risurrezione di Gesù e annunciano quanto hanno visto agli Apostoli e agli altri
discepoli (v. 8); poi lo stesso Risorto appare ai discepoli di Emmaus lungo il cammino,
appare a Simon Pietro e successivamente, agli “Undici e agli altri che erano con loro”
(v. 33). Egli apre la mente alla comprensione delle Scritture circa la sua Morte redentrice
e la sua Risurrezione, affermando che “nel suo nome saranno predicati a tutte le genti
la conversione e il perdono dei peccati” (v. 47). Ai discepoli che si trovano “riuniti”
insieme e che sono stati testimoni della sua missione, il Signore Risorto promette
il dono dello Spirito Santo (cfr v. 49), affinché insieme lo testimonino a tutti i
popoli. Da tale imperativo – “Di tutto ciò”, di questo voi siete testimoni (cfr Lc
24,48) -, che è il tema di questa Settimana per l’unità dei cristiani, nascono per
noi due domande. La prima: cosa è “tutto ciò”? La seconda: come possiamo noi essere
testimoni di “tutto ciò”? Se vediamo il contesto del capitolo,
“tutto ciò” vuole dire innanzitutto la Croce e la Risurrezione: i discepoli hanno
visto la crocifissione del Signore, vedono il Risorto e così cominciano a capire tutte
le Scritture che parlano del mistero della Passione e del dono della Risurrezione.
“Tutto ciò” quindi è il mistero di Cristo, del Figlio di Dio fattosi uomo, morto per
noi e risorto, vivo per sempre e così garanzia della nostra vita eterna. Ma
conoscendo Cristo – questo è il punto essenziale - conosciamo il volto di Dio. Cristo
è soprattutto la rivelazione di Dio. In tutti i tempi, gli uomini percepiscono l’esistenza
di Dio, un Dio unico, ma che è lontano e non si mostra. In Cristo questo Dio si mostra,
il Dio lontano diventa vicino. “Tutto ciò” è quindi, soprattutto col mistero di Cristo,
Dio che si è fatto vicino a noi. Ciò implica un’altra dimensione: Cristo non è mai
solo; Egli è venuto in mezzo a noi, è morto solo, ma è risorto per attirare tutti
sé. Cristo, come dice la Scrittura, si crea un corpo, riunisce tutta l’umanità nella
sua realtà della vita immortale. E così, in Cristo che riunisce l’umanità, conosciamo
il futuro dell’umanità: la vita eterna. Tutto ciò, quindi, è molto semplice, in ultima
istanza: conosciamo Dio conoscendo Cristo, il suo corpo, il mistero della Chiesa e
la promessa della vita eterna. Veniamo ora alla seconda domanda.
Come possiamo noi essere testimoni di “tutto ciò”? Possiamo essere testimoni solo
conoscendo Cristo e, conoscendo Cristo, anche conoscendo Dio. Ma conoscere Cristo
implica certamente una dimensione intellettuale - imparare quanto conosciamo da Cristo
- ma è sempre molto più che un processo intellettuale: è un processo esistenziale,
è un processo dell'apertura del mio io, della mia trasformazione dalla presenza e
dalla forza di Cristo, e così è anche un processo di apertura a tutti gli altri che
devono essere corpo di Cristo. In questo modo, è evidente che conoscere Cristo, come
processo intellettuale e soprattutto esistenziale, è un processo che ci fa testimoni.
In altre parole, possiamo essere testimoni solo se Cristo lo conosciamo di prima mano
e non solo da altri, dalla nostra propria vita, dal nostro incontro personale con
Cristo. Incontrandolo realmente nella nostra vita di fede diventiamo testimoni e possiamo
così contribuire alla novità del mondo, alla vita eterna. Il Catechismo della Chiesa
Cattolica ci dà un'indicazione anche per il contenuto di questo “tutto ciò”. La Chiesa
ha riunito e riassunto l'essenziale di quanto il Signore ci ha donato nella Rivelazione,
nel “Simbolo detto niceno-costantinopolitano, il quale trae la sua grande autorità
dal fatto di essere frutto dei primi due Concili Ecumenici (325 e 381)” (CCC, n. 195).
Il Catechismo precisa che questo Simbolo ӏ tuttora comune a tutte le grandi Chiese
dell’Oriente e dell’Occidente” (Ibid.). In questo Simbolo quindi si trovano le verità
di fede che i cristiani possono professare e testimoniare insieme, affinché il mondo
creda, manifestando, con il desiderio e l’impegno di superare le divergenze esistenti,
la volontà di camminare verso la piena comunione, l’unità del Corpo di Cristo. La
celebrazione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani ci porta a considerare
altri aspetti importanti per l’ecumenismo. Innanzitutto, il grande progresso realizzato
nelle relazioni tra Chiese e Comunità ecclesiali dopo la Conferenza di Edimburgo di
un secolo fa. Il movimento ecumenico moderno si è sviluppato in modo così significativo
da diventare, nell’ultimo secolo, un elemento importante nella vita della Chiesa,
ricordando il problema dell’unità tra tutti i cristiani e sostenendo anche la crescita
della comunione tra loro. Esso non solo favorisce i rapporti fraterni tra le Chiese
e le Comunità ecclesiali in risposta al comandamento dell’amore, ma stimola anche
la ricerca teologica. Inoltre, esso coinvolge la vita concreta delle Chiese e delle
Comunità ecclesiali con tematiche che toccano la pastorale e la vita sacramentale,
come, ad esempio, il mutuo riconoscimento del Battesimo, le questioni relative ai
matrimoni misti, i casi parziali di comunicatio in sacris in situazioni particolari
ben definite. Nel solco di tale spirito ecumenico, i contatti sono andati allargandosi
anche a movimenti pentecostali, evangelici e carismatici, per una maggiore conoscenza
reciproca, benchè non manchino problemi gravi in questo settore. La
Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II in poi, è entrata in relazioni fraterne
con tutte le Chiese d’Oriente e le Comunità ecclesiali d’Occidente, organizzando,
in particolare, con la maggior parte di esse, dialoghi teologici bilaterali, che hanno
portato a trovare convergenze o anche consensi in vari punti, approfondendo così i
vincoli di comunione. Nell’anno appena trascorso i vari dialoghi hanno registrato
positivi passi. Con le Chiese Ortodosse la Commissione Mista Internazionale per il
Dialogo Teologico ha iniziato, nell’XI Sessione plenaria svoltasi a Paphos di Cipro
nell’ottobre 2009, lo studio di un tema cruciale nel dialogo fra cattolici e ortodossi:
Il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio, cioè
nel tempo in cui i cristiani di Oriente e di Occidente vivevano nella piena comunione.
Questo studio si estenderà in seguito al secondo millennio. Ho già più volte chiesto
la preghiera dei cattolici per questo dialogo delicato ed essenziale per l’intero
movimento ecumenico. Anche con le Antiche Chiese ortodosse d’Oriente (copta, etiopica,
sira, armena) l’analoga Commissione Mista si è incontrata dal 26 al 30 gennaio dello
scorso anno. Tali importanti iniziative attestano come sia in atto un dialogo profondo
e ricco di speranze con tutte le Chiese d’Oriente non in piena comunione con Roma,
nella loro propria specificità. Nel corso dell’anno passato,
con le Comunità ecclesiali di Occidente si sono esaminati i risultati raggiunti nei
vari dialoghi in questi quarant’anni, soffermandosi, in particolare, su quelli con
la Comunione Anglicana, con la Federazione Luterana Mondiale, con l’Alleanza Riformata
Mondiale e con il Consiglio Mondiale Metodista. Al riguardo, il Pontificio Consiglio
per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha realizzato uno studio per enucleare
i punti di convergenza a cui si è giunti nei relativi dialoghi bilaterali, e segnalare,
allo stesso tempo, i problemi aperti su cui occorrerà iniziare una nuova fase di confronto.
Tra gli eventi recenti, vorrei menzionare la commemorazione
del decimo anniversario della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione,
celebrato insieme da cattolici e luterani il 31 ottobre 2009, per stimolare il proseguimento
del dialogo, come pure la visita a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, il Dottor
Rowan Williams, il quale ha avuto anche colloqui sulla particolare situazione in cui
si trova la Comunione Anglicana. Il comune impegno di continuare le relazioni e il
dialogo sono un segno positivo, che manifesta quanto sia intenso il desiderio dell’unità,
nonostante tutti i problemi che si oppongono. Così vediamo che c’è una dimensione
della nostra responsabilità nel fare tutto ciò che è possibile per arrivare realmente
all’unità, ma c’è l’altra dimensione, quella dell’azione divina, perché solo Dio può
dare l’unità alla Chiesa. Una unità “autofatta” sarebbe umana, ma noi desideriamo
la Chiesa di Dio, fatta da Dio, il quale quando vorrà e quando noi saremo pronti,
creerà l’unità. Dobbiamo tenere presente anche quanti progressi reali si sono raggiunti
nella collaborazione e nella fraternità in tutti questi anni, in questi ultimi cinquant’anni.
Allo stesso tempo, dobbiamo sapere che il lavoro ecumenico non è un processo lineare.
Infatti, problemi vecchi, nati nel contesto di un’altra epoca, perdono il loro peso,
mentre nel contesto odierno nascono nuovi problemi e nuove difficoltà. Pertanto dobbiamo
essere sempre disponibili per un processo di purificazione, nel quale il Signore ci
renda capaci di essere uniti. Cari fratelli e sorelle, per la
complessa realtà ecumenica, per la promozione del dialogo, come pure affinché i cristiani
nel nostro tempo possano dare una nuova testimonianza comune di fedeltà a Cristo davanti
a questo nostro mondo, chiedo la preghiera di tutti. Il Signore ascolti l’invocazione
nostra e di tutti i cristiani, che in questa settimana si eleva a Lui con particolare
intensità.