Presentati i Lineamenta del Sinodo dei Vescovi sulla Chiesa in Medio Oriente
convocato da Benedetto XVI per il prossimo ottobre
Presentati stamani, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede,
i Lineamenta dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi,
che si terrà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre prossimo, sul tema: “La Chiesa Cattolica
nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano
diventati credenti aveva un cuore solo ed un’anima sola”. Sul contenuto dei Lineamenta
il servizio di Fausta Speranza:
È compito
dei cristiani, in Medio Oriente, “far cadere il muro di paura, diffidenza e di odio,
con la nostra amicizia con ebrei e musulmani, israeliti e palestinesi”. Sono parole
contenute nei Lineamenta in cui si legge di “politiche mondiali” e di “fede”,
di “storia” e di “vocazione ad agire come collaboratori di Dio”, ricordando che i
cristiani hanno attualmente in Medio Oriente “presenza piuttosto ridotta”. La domanda
pesante che si pone nel documento e che si porrà ai padri sinodali è dunque proprio
“sull’avvenire dei cristiani del Medio Oriente”. Ed è per questo che si parla del
ruolo innegabile delle politiche mondiali nella scelta di tanti cristiani di restare
o meno. A proposito di situazioni contingenti, si parla di Iraq affermando che la
guerra “ha scatenato le forze del male nel Paese, nelle confessioni religiose e nelle
correnti politiche”. “Ha mietuto vittime tra tutti gli iracheni - si ricorda - ma
i cristiani sono stati tra le vittime principali in quanto rappresentano la comunità
irachena più esigua e debole", per poi aggiungere che “la politica mondiale non ne
tiene alcun conto”. Viene sottolineato quindi il peso dell’occupazione israeliana
dei Territori palestinesi che “rende difficile la vita quotidiana”. Si deve guardare
dunque alle politiche mondiali ma - con estrema chiarezza - si afferma nel documento
che se, da una parte, è una “questione di politica”, dall’altra, non si deve dimenticare
che è e resta “una questione di fede”. Si tratta di accettare “la vocazione di cristiani
nelle e per le nostre società” - si legge - con quella che viene definita “una fede
impegnata nella vita della società”. Il Vangelo, si ricorda, dice chiaramente: “Non
temere, piccolo gregge”. È la sfida di sempre per il cristiano:
“Nel mezzo delle difficoltà” avere speranza, quella speranza - aggiunge il documento
- “che è nata in Terra Santa e anima tutti i popoli e le persone in difficoltà del
mondo da 2000 anni”. Dunque, l’invito a riflettere su cosa significhi speranza: significa
- si legge - “riporre la propria fiducia in Dio” ma anche “agire con Dio, essere collaboratori
di Dio”. E a proposito di violenza, si sottolinea che ogni cristiano deve “denunciare
con coraggio la violenza, da qualunque parte provenga, e suggerire una soluzione,
che non puo' passare che per il dialogo”. Su tutto questo una raccomandazione:
“abbandono alla Provvidenza di Dio significa anche da parte dei cristiani una maggiore
comunione”. Guardando ai rapporti tra cristiani e ebrei, si raccomanda di “evitare
che le ideologie politiche arrivino ad intaccare “il legame religioso esistente tra
Giudaismo e Cristianesimo, fondato sul legame tra Antico e Nuovo Testamento”. Guardando
ai musulmani, si legge che “le relazioni sono, più o meno spesso, difficili, soprattutto
per il fatto che i musulmani generalmente non fanno distinzione tra religione e politica,
il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini”. E poi si invita
a riflettere sul fatto che la crescita dell'Islam politico nelle società musulmane,
a partire dagli anni '70, ha prodotto “correnti estremiste” che rappresentano una
“minaccia per tutti, cristiani e musulmani”, minaccia da affrontare “insieme”. In
un passo più generale, si legge che “la pedagogia della pace è la più realistica,
anche se respinta dalla maggior parte: essa ha anche più possibilità di essere accolta,
visto che la violenza tanto dei forti quanto dei deboli ha condotto, nella regione
del Medio Oriente, unicamente a fallimenti e a un’impasse generale”. Ci vuole “molto
coraggio”, si legge: “parlare di pace e operare per la pace, mentre la guerra e la
violenza ci sono praticamente imposte, è una sfida”. La conferenza
stampa di presentazione del documento per il Sinodo sul Medio Oriente, moderata da
padre Federico Lombardi, ha visto gli interventi di mons. Nikola Eterović, segretario
generale del Sinodo dei Vescovi, e di mons. Fortunato Frezza, sottosegretario dello
stesso organismo vaticano. I Lineamenta constano di tre capitoli, preceduti
da un’introduzione. Vi sono inoltre 32 domande che aiuteranno i destinatari, in primis
i vescovi, a mettere l’accento su alcuni temi che verranno poi sintetizzati nell’Instrumentum
laboris del Sinodo. Sugli argomenti principali, affrontati nella conferenza stampa,
ci riferisce Alessandro Gisotti:
Il Sinodo
dei Vescovi sul Medio Oriente sarà “principalmente pastorale”, ma non mancherà di
affrontare le sfide attuali poste alla Chiesa cattolica nella regione: è quanto sottolineato
da mons. Nikola Eterović, che ha annunciato che i padri sinodali saranno
circa 150, tra cui tutti i presuli della regione a rappresentanza dei 17 milioni di
cristiani che abitano in Medio Oriente, dall’Egitto all’Iran. Mons. Eterović
si è soffermato sulla struttura e i contenuti salienti dei Lineamenta.
In particolare, ha indicato alcune emergenze per la Chiesa locale: dai conflitti politici
nella regione alla libertà religiosa, alla presenza di alcune correnti estremiste
nell’Islam che minacciano i cristiani: “Di fronte a tale situazione,
il documento propone la formazione dei cristiani affinché possano vivere con fedeltà
ancora più grande la propria fede nella vita privata e pubblica. Inoltre, essi sono
chiamati a continuare a dare il loro prezioso contributo all’edificazione di una società
democratica, rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti i suoi membri”. Ha
così sottolineato che il documento si sofferma sulla comunione ecclesiale tra i vescovi
e i fedeli delle diverse Chiese locali come anche sul dialogo con le altre Chiese
e comunità cristiane. Un dialogo, ha detto mons. Eterović, che “ha bisogno
di essere incrementato”. Il dialogo con l’ebraismo, “peculiarità delle Chiese di Gerusalemme”,
ha detto, è condizionato dalla “situazione politica che oppone da una parte palestinesi
e mondo arabo e dall’altra lo Stato d’Israele”. Ed ha rimarcato la necessità per il
popolo palestinese e quello israeliano di vivere in pace ognuno in una propria patria:
“A tal proposito, occorre sempre rammentare la distinzione
tra il piano religioso e quello politico, non adoperando la Bibbia a scopi politici
né la politica a scopi religiosi. In tale contesto è importante sottolineare il legame
religioso tra il Giudaismo e il Cristianesimo, tra l’Antico e il Nuovo Testamento”. Ha
così offerto la sua riflessione sul rapporto con i musulmani ribadendo che i cristiani
hanno il diritto di vedere rispettati i propri diritti, peraltro riconosciuti dalle
costituzioni della maggior parte dei paesi del medio Oriente: “Purtroppo,
per la mancanza di distinzione tra religione e politica in pratica i cristiani sono
spesso in posizione di non-cittadinanza. Per migliorare la situazione, occorre promuovere
di più il dialogo anche per conoscersi meglio”. “Bisogna - ha proseguito
il presule - incoraggiare la presentazione oggettiva del cristianesimo e dell’islam
tramite i mass media come pure in opuscoli accessibili anche a gente semplice”. Quindi,
rispondendo alle domande dei giornalisti, si è soffermato sul delicato tema delle
conversioni: “I musulmani, se da parte loro accettano i cristiani
che diventano musulmani, dovrebbero essere poi coerenti ed accettare i musulmani che
diventino cristiani. Ora, noi sappiamo che questo è molto difficile e che bisogna
fare un cammino assai importante. Noi crediamo che i diritti umani siano universali,
che valgano per tutti”. Quindi, ha indicato quei temi dalla giustizia alla
difesa della famiglia e del diritto alla vita sui quali è possibile una fruttuosa
collaborazione tra cristiani e musulmani. “Con tale spirito - è stata la sua riflessione
- sarà possibile, emarginando gli estremismi politici e religiosi, aprirsi al processo
di edificazione di una umanità nuova” ed ha ribadito che i vescovi della regione sono
impegnati a promuovere la via della pace contro ogni forma di violenza. Mons. Eterović
ha dunque parlato di un altro tema particolarmente attuale: la diaspora dei cristiani
dalla regione: “Noi vorremmo - non solo con il Sinodo, ma anche
in generale con l’attività della Santa Sede e della Chiesa cattolica - avere nella
Terra di Gesù non solo pietre così care a noi, ma anche le persone che diano senso
di vita, di comunione ecclesiale a queste pietre che da sole parlano, ma che è meglio
se parlano insieme con i cristiani nati nel mondo mediorientale che in maggioranza
sono arabi, che sono lieti del contributo prezioso che i cristiani arabi hanno dato
alla rinascita della nazione araba”. Il presule ha dichiarato che il documento
di lavoro dell’assise sinodale, l’Instrumentum laboris, sarà consegnato dal
Papa ai rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche durante la sua visita apostolica
a Cipro, nel giugno prossimo. Infine, rispondendo ad una domanda, il presule ha affermato
che si sta vagliando la possibilità di convocare un Sinodo per l’America.