2010-01-19 15:16:48

Presentati i Lineamenta del Sinodo dei Vescovi sulla Chiesa in Medio Oriente convocato da Benedetto XVI per il prossimo ottobre


Presentati stamani, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, i Lineamenta dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre prossimo, sul tema: “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo ed un’anima sola”. Sul contenuto dei Lineamenta il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

È compito dei cristiani, in Medio Oriente, “far cadere il muro di paura, diffidenza e di odio, con la nostra amicizia con ebrei e musulmani, israeliti e palestinesi”. Sono parole contenute nei Lineamenta in cui si legge di “politiche mondiali” e di “fede”, di “storia” e di “vocazione ad agire come collaboratori di Dio”, ricordando che i cristiani hanno attualmente in Medio Oriente “presenza piuttosto ridotta”. La domanda pesante che si pone nel documento e che si porrà ai padri sinodali è dunque proprio “sull’avvenire dei cristiani del Medio Oriente”. Ed è per questo che si parla del ruolo innegabile delle politiche mondiali nella scelta di tanti cristiani di restare o meno. A proposito di situazioni contingenti, si parla di Iraq affermando che la guerra “ha scatenato le forze del male nel Paese, nelle confessioni religiose e nelle correnti politiche”. “Ha mietuto vittime tra tutti gli iracheni - si ricorda - ma i cristiani sono stati tra le vittime principali in quanto rappresentano la comunità irachena più esigua e debole", per poi aggiungere che “la politica mondiale non ne tiene alcun conto”. Viene sottolineato quindi il peso dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi che “rende difficile la vita quotidiana”. Si deve guardare dunque alle politiche mondiali ma - con estrema chiarezza - si afferma nel documento che se, da una parte, è una “questione di politica”, dall’altra, non si deve dimenticare che è e resta “una questione di fede”. Si tratta di accettare “la vocazione di cristiani nelle e per le nostre società” - si legge - con quella che viene definita “una fede impegnata nella vita della società”. Il Vangelo, si ricorda, dice chiaramente: “Non temere, piccolo gregge”.
 
È la sfida di sempre per il cristiano: “Nel mezzo delle difficoltà” avere speranza, quella speranza - aggiunge il documento - “che è nata in Terra Santa e anima tutti i popoli e le persone in difficoltà del mondo da 2000 anni”. Dunque, l’invito a riflettere su cosa significhi speranza: significa - si legge - “riporre la propria fiducia in Dio” ma anche “agire con Dio, essere collaboratori di Dio”. E a proposito di violenza, si sottolinea che ogni cristiano deve “denunciare con coraggio la violenza, da qualunque parte provenga, e suggerire una soluzione, che non puo' passare che per il dialogo”. Su tutto questo una raccomandazione: “abbandono alla Provvidenza di Dio significa anche da parte dei cristiani una maggiore comunione”. Guardando ai rapporti tra cristiani e ebrei, si raccomanda di “evitare che le ideologie politiche arrivino ad intaccare “il legame religioso esistente tra Giudaismo e Cristianesimo, fondato sul legame tra Antico e Nuovo Testamento”.
 
Guardando ai musulmani, si legge che “le relazioni sono, più o meno spesso, difficili, soprattutto per il fatto che i musulmani generalmente non fanno distinzione tra religione e politica, il che mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini”. E poi si invita a riflettere sul fatto che la crescita dell'Islam politico nelle società musulmane, a partire dagli anni '70, ha prodotto “correnti estremiste” che rappresentano una “minaccia per tutti, cristiani e musulmani”, minaccia da affrontare “insieme”. In un passo più generale, si legge che “la pedagogia della pace è la più realistica, anche se respinta dalla maggior parte: essa ha anche più possibilità di essere accolta, visto che la violenza tanto dei forti quanto dei deboli ha condotto, nella regione del Medio Oriente, unicamente a fallimenti e a un’impasse generale”. Ci vuole “molto coraggio”, si legge: “parlare di pace e operare per la pace, mentre la guerra e la violenza ci sono praticamente imposte, è una sfida”.
 
La conferenza stampa di presentazione del documento per il Sinodo sul Medio Oriente, moderata da padre Federico Lombardi, ha visto gli interventi di mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e di mons. Fortunato Frezza, sottosegretario dello stesso organismo vaticano. I Lineamenta constano di tre capitoli, preceduti da un’introduzione. Vi sono inoltre 32 domande che aiuteranno i destinatari, in primis i vescovi, a mettere l’accento su alcuni temi che verranno poi sintetizzati nell’Instrumentum laboris del Sinodo. Sugli argomenti principali, affrontati nella conferenza stampa, ci riferisce Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Il Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente sarà “principalmente pastorale”, ma non mancherà di affrontare le sfide attuali poste alla Chiesa cattolica nella regione: è quanto sottolineato da mons. Nikola Eterović, che ha annunciato che i padri sinodali saranno circa 150, tra cui tutti i presuli della regione a rappresentanza dei 17 milioni di cristiani che abitano in Medio Oriente, dall’Egitto all’Iran. Mons. Eterović si è soffermato sulla struttura e i contenuti salienti dei Lineamenta. In particolare, ha indicato alcune emergenze per la Chiesa locale: dai conflitti politici nella regione alla libertà religiosa, alla presenza di alcune correnti estremiste nell’Islam che minacciano i cristiani:
 
“Di fronte a tale situazione, il documento propone la formazione dei cristiani affinché possano vivere con fedeltà ancora più grande la propria fede nella vita privata e pubblica. Inoltre, essi sono chiamati a continuare a dare il loro prezioso contributo all’edificazione di una società democratica, rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti i suoi membri”. 
Ha così sottolineato che il documento si sofferma sulla comunione ecclesiale tra i vescovi e i fedeli delle diverse Chiese locali come anche sul dialogo con le altre Chiese e comunità cristiane. Un dialogo, ha detto mons. Eterović, che “ha bisogno di essere incrementato”. Il dialogo con l’ebraismo, “peculiarità delle Chiese di Gerusalemme”, ha detto, è condizionato dalla “situazione politica che oppone da una parte palestinesi e mondo arabo e dall’altra lo Stato d’Israele”. Ed ha rimarcato la necessità per il popolo palestinese e quello israeliano di vivere in pace ognuno in una propria patria:
 
“A tal proposito, occorre sempre rammentare la distinzione tra il piano religioso e quello politico, non adoperando la Bibbia a scopi politici né la politica a scopi religiosi. In tale contesto è importante sottolineare il legame religioso tra il Giudaismo e il Cristianesimo, tra l’Antico e il Nuovo Testamento”. 
Ha così offerto la sua riflessione sul rapporto con i musulmani ribadendo che i cristiani hanno il diritto di vedere rispettati i propri diritti, peraltro riconosciuti dalle costituzioni della maggior parte dei paesi del medio Oriente:
 
“Purtroppo, per la mancanza di distinzione tra religione e politica in pratica i cristiani sono spesso in posizione di non-cittadinanza. Per migliorare la situazione, occorre promuovere di più il dialogo anche per conoscersi meglio”. 
“Bisogna - ha proseguito il presule - incoraggiare la presentazione oggettiva del cristianesimo e dell’islam tramite i mass media come pure in opuscoli accessibili anche a gente semplice”. Quindi, rispondendo alle domande dei giornalisti, si è soffermato sul delicato tema delle conversioni:
 
“I musulmani, se da parte loro accettano i cristiani che diventano musulmani, dovrebbero essere poi coerenti ed accettare i musulmani che diventino cristiani. Ora, noi sappiamo che questo è molto difficile e che bisogna fare un cammino assai importante. Noi crediamo che i diritti umani siano universali, che valgano per tutti”. 
Quindi, ha indicato quei temi dalla giustizia alla difesa della famiglia e del diritto alla vita sui quali è possibile una fruttuosa collaborazione tra cristiani e musulmani. “Con tale spirito - è stata la sua riflessione - sarà possibile, emarginando gli estremismi politici e religiosi, aprirsi al processo di edificazione di una umanità nuova” ed ha ribadito che i vescovi della regione sono impegnati a promuovere la via della pace contro ogni forma di violenza. Mons. Eterović ha dunque parlato di un altro tema particolarmente attuale: la diaspora dei cristiani dalla regione:
 
“Noi vorremmo - non solo con il Sinodo, ma anche in generale con l’attività della Santa Sede e della Chiesa cattolica - avere nella Terra di Gesù non solo pietre così care a noi, ma anche le persone che diano senso di vita, di comunione ecclesiale a queste pietre che da sole parlano, ma che è meglio se parlano insieme con i cristiani nati nel mondo mediorientale che in maggioranza sono arabi, che sono lieti del contributo prezioso che i cristiani arabi hanno dato alla rinascita della nazione araba”. 
Il presule ha dichiarato che il documento di lavoro dell’assise sinodale, l’Instrumentum laboris, sarà consegnato dal Papa ai rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche durante la sua visita apostolica a Cipro, nel giugno prossimo. Infine, rispondendo ad una domanda, il presule ha affermato che si sta vagliando la possibilità di convocare un Sinodo per l’America.







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