Pakistan: giovane cristiano condannato all’ergastolo per blasfemia
Il tribunale di Faisalabad ha condannato all’ergastolo Imran Masih, giovane cristiano,
per aver oltraggiato e dissacrato il Corano. Il giudice aggiunto Raja Ghazanfar Ali
Khan ha emesso la sentenza in base all’articolo 295-B del codice penale pakistano
– meglio noto come legge sulla blasfemia – perchè il 26enne avrebbe bruciato “di proposito”
versetti del Corano e un libro in arabo, per “fomentare l’odio interreligioso e offendere
i sentimenti dei musulmani”. Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale
di Giustizia e Pace (Ncjp) della Chiesa cattolica, promette battaglia “per salvargli
la vita”. Il primo luglio 2009 Masih, commerciante di professione, è stato arrestato
dalla polizia con l’accusa – montata ad arte – di aver bruciato pagine del Corano.
In precedenza - riferisce l'agenzia AsiaNews - un gruppo di musulmani lo aveva torturato
in maniera brutale. L’11 gennaio il giudice lo ha condannato al carcere a vita, che
sconterà nella prigione federale di Faisalabad dove è al momento rinchiuso. Peter
Jacob, segretario esecutivo di Ncjp, pur non criticando in modo aperto la sentenza
annuncia ricorso all’Alta corte e promette che “faremo del nostro meglio per salvargli
la vita”, perché tutti questi casi di blasfemia “sono montati ad arte”. La Commissione
cattolica chiede anche “serie riforme Costituzionali e legali” per sradicare l’estremismo
e l’abuso della religione nella vita politica del Pakistan. “La religione – si legge
in un documento di Ncjp – è il maggior pretesto nelle mani dei partiti politico-religiosi,
che hanno ricoperto un ruolo di primo piano nel trascinare la nazione sull’orlo del
baratro”. Mons. Lawrence John Saldanha e Peter Jacob, presidente e segretario esecutivo
di Ncjp, sottolineano che “il Pakistan dovrebbe prendere esempio dal vicino Bangladesh”,
dove i giudici hanno messo al bando i partiti che si rifanno alla religione. “Gli
affari di Stato e la politica – sottolineano i leader cattolici – vanno trattati in
modo indipendente, non coperti dal manto della religione” perché finiscono con l’isolare
le minoranze e negare i loro diritti. La legge sulla blasfemia è stata introdotta
nel 1986 dal dittatore pakistano Zia-ul-Haq ed è diventata uno strumento di discriminazioni
e violenze. La norma del Codice penale pakistano, punisce con l’ergastolo chi offende
il Corano e con la condanna a morte chi insulta il profeta Maometto. Secondo dati
di Ncjp sono quasi 1000 le persone incriminate. Essa costituisce anche un pretesto
per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti
da singoli o folle inferocite. (R.P.)