Attacco a Kabul: almeno 10 i morti. Karzai assicura: la capitale è sotto controllo
Smentendo tutte le analisi degli osservatori internazionali che li volevano indeboliti
e in difficoltà, i talebani hanno attaccato oggi con armi automatiche e bombe il centro
della capitale afghana Kabul, ingaggiando scontri a fuoco con le forze di sicurezza,
appoggiate da uomini della missione Nato. Un primo bilancio dell'offensiva, che per
due ore ha seminato il terrore nella zona di massima sicurezza della città, è di dieci
vittime e una quarantina di feriti. Tra gli obiettivi dei miliziani, i palazzi del
governo e un hotel frequentato da stranieri, non lontano dalla residenza del presidente
Karzai che si apprestava a far giurare 14 ministri del suo futuro governo. Giada
Aquilino ne ha parlato con Elisa Giunchi, docente di Storia e istituzioni
dei Paesi islamici all’Università Statale di Milano:
R. - Questi
attacchi fanno parte di una generale escalation di violenze che è avvenuta
nel Paese e nella stessa capitale nel corso degli ultimi anni, in maniera costante
a partire dal 2002 ed osserverei pure che avvengono in una fase in cui Karzai sta
rilanciando l’ipotesi negoziale con i talebani. Si può quindi ipotizzare che questi
attacchi potrebbero essere stati voluti e organizzati da elementi talebani e qaedisti
contrari al negoziato, al compromesso, poiché qualsiasi accordo con il governo presuppone
che i talebani abbandonino gli alleati qaedisti e accettino al struttura politica
esistente. C’è poi da osservare che questi attentati avvengono nel contesto del rafforzamento
del contingente statunitense. È probabilmente anche una dimostrazione di forza.
D.
- Questi attacchi sono giunti nel giorno del giuramento dei 14 ministri del nuovo
governo Karzai. Quindi, è una conferma che si punta a destabilizzare le autorità?
R.
- Sicuramente. È anche simbolico il fatto che gli attacchi siano avvenuti ai simboli
dello Stato - alla sede del governo, alla Banca centrale, ai ministri - e poi anche
ad un importante centro commerciale della città. Vogliono dimostrare che si attacca
anche la presenza indiretta degli stranieri nel Paese, non solo la struttura politica
che ricalca un pò le linee del modello politico occidentale, ma anche la presenza
commerciale ed economica dell’Occidente nel Paese. Non credo che si tratti di coincidenze.
D.
- Le agenzie internazionali e le tv hanno seguito in diretta la battaglia tra i talebani
e le forze di sicurezza. Anche questo rientra in una qualche strategia dei miliziani
secondo lei?
R. - È da anni che attacchi di questo
tipo, non solo in Afghanistan, cercano l’effetto mediatico, ancor prima degli attentati
dell’11 settembre. Si cerca l’effetto immediato sui mass media. Spesso è una rincorsa
tra gruppi diversi alla notorietà.
In Pakistan i
talebani distruggono una scuola elementare I talebani hanno distrutto durante
la notte una scuola elementare maschile governativa nel villaggio pakistano di Nadir
Khan della Khyber Agency, non lontano dalla frontiera con l'Afghanistan. Soltanto
nella Khyber Agency, sono 15 le scuole distrutte dai talebani, che hanno colpito centinaia
di istituti di istruzione, soprattutto femminili, su tutto il territorio nazionale.
Ballottaggio
tra Ianukovich e Timoshenko: il risultato delle presidenzial ucraine Con il
60,14% dei voti scrutinati delle elezioni presidenziali svoltesi ieri in Ucraina,
il leader dell'opposizione filorussa, Viktor Ianukovich, è in testa con circa il 36%,
seguito dalla premier filoccidentale, Iulia Timoshenko, con meno del 25%. Le prospettive
aperte dal ballottaggio nel servizio Fausta Speranza:
Tra il leader
dell'opposizione filorussa, Viktor Ianukovich, e la premier filoccidentale, Iulia
Timoshenko, ieri il distacco è stato di 12 punti a favore del primo, ma secondo i
sondaggi il risultato del ballottaggio, che ci sarà il 7 febbraio, non sarà affatto
scontato. Ianukovich si gioca la rivincita dopo l'annullamento per brogli della sua
elezione a presidente nel 2004. Annullamento sull'onda della rivoluzione arancione
filoccidentale, della quale da sempre è paladina proprio la Timoshenko. Oggi, però,
si registra già un risultato netto da commentare: la bocciatura del presidente uscente,
Viktor Iushenko, che non ha superato il quinto posto. Iushenko un tempo alleato della
Timoshenko - che sei anni fa lo aiutò a salire sulla sedia più alta dello Stato -
sembra sul punto di uscire di scena. C’è poi un dato sorprendente di queste elezioni:
la terza posizione strappata dall'oligarca ed ex presidente della Banca centrale,
Serghiei Tighipko, che ha già ribadito che non si schiererà nè per Ianukovich, di
cui fu il capo dello staff elettorale nel 2004, nè per la Timoshenko. Questo forse
per giocare in ogni caso un futuro ruolo nella politica ucraina: qualche commentatore
non esclude possa fare il premier. Stamani, poi, ha scosso il Paese la notizia del
crollo di alcuni piani di un ospedale di Lugansk, in seguito all'esplosione di alcune
bombole di ossigeno. Almeno cinque i morti. Ancora sconosciute le cause della tragedia,
anche se da un primo accertamento sembra che siano state violate le regole di sicurezza.
La premier Timoshenko si è recata sul posto.
È tornato
libero Ali Agca, il turco che ferì Papa Giovanni Paolo II È tornato libero
il cittadino turco che il 13 maggio 1981 sparò in piazza San Pietro a Giovanni Paolo
II. È uscito oggi dal carcere turco di Sincan diretto a Ankara. Mehmet Ali Agca, 52
anni compiuti il 9 gennaio scorso, è nato a Yesiltepe, in Turchia, nella provincia
di Malatya, ai confini del Kurdistan. Militante dell'organizzazione terroristica di
estrema destra dei "Lupi grigi"’, il primo febbraio 1979 Agca uccise Abdi Ipekci,
direttore del quotidiano liberale 'Milliyet'. Per questo omicidio Agca fu condannato
a morte, pena ridotta a dieci anni. Il 25 novembre 1979 riuscì ad evadere dal carcere
di massima sicurezza di Kartel Maltepe, aiutato dai suoi compagni dei "Lupi grigi".
Ancora
una brutale lapidazione in Somalia ad opera degli Shabaab Un uomo è stato lapidato
ieri in Somalia dagli Shabaab (braccio armato locale di al Qaida) per adulterio e
stupro. All'esecuzione ha assistito un folto numero di persone. La vittima si chiamava
Hussein Ibrahim Mohamed. È avvenuto - informa il sito Mareeg Online - a Baware, città
nel sud della Somalia, area quasi completamente controllata dagli Shabaab, come del
resto Mogadiscio ed altre ampie zone del Paese. La sentenza era stata emessa da un
tribunale islamico ed eseguita da militanti del gruppo. Gli Shabaab predicano l'applicazione
radicale (da molti religiosi ritenuta illegittima) della sharia, la legge coranica.
Sono stati già numerose le lapidazioni di presunti adulteri, tra essi persino una
ragazzina di 13 anni, che secondo gruppi in difesa dei diritti umani in realtà era
stata violentata da un gruppo di Shabaab. Frequenti anche le fustigazioni e le amputazioni
di braccia o mani per i ladri. Di recente, poi, il gruppo alqaidista ha imposto in
molte zone che gli uomini debbano portare la barba, ma non i baffi. Intanto, la petroliera
greca Maran Centaurus, sequestrata nella acque somale il 29 novembre con a bordo due
milioni di barili di petrolio, è stata liberata dopo che ieri era stato pagato il
riscatto - sembra di 5,5 milioni di dollari - il più alto finora ottenuto dai pirati.
Il
FMI avverte: non abbandonare troppo presto le misure anticrisi Il direttore
generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Dominique Strauss-Kahn, mette in
guardia i governi dai rischi di “una exit strategy prematura” dalle misure straordinarie
per contrastare la crisi, a partire dal settore privato, perchè c'è il rischio di
dare slancio a una nuova recessione. Incontrando la stampa estera a Tokyo, Struass-Kahn
ha detto che se si esce troppo presto dalle misure straordinarie c'è “allora il rischio
di tornare in recessione”, con la conseguenza di una nuova crisi”.
La Corea
del Nord fa sapere le sue condizioni per la ripresa del dialogo a Sei La Corea
del Nord rilancia ancora una volta la sua proposta alla comunità internazionale: allo
stato attuale delle cose, non è ipotizzabile alcun ritorno al dialogo a Sei per l'abbandono
dei piani nucleari - con contestuale firma di un trattato di pace che metta fine formalmente
alla guerra di Corea (1950-53) - se non vengono meno le sanzioni per gli esperimenti
militari del 2008. Il messaggio di Pyongyang è partito da un portavoce non identificato
del Ministero degli esteri nordcoreano, rilanciato oggi dall'agenzia statale Kcna.
Secondo le autorità, “se si vuole che i negoziati a Sei (che interessano le due Coree,
Cina, Stati Uniti, Giappone e Russia) ripartano, allora è necessario togliere tutti
gli impedimenti”. Inoltre, è stato aggiunto, “per la Corea del Nord non sarebbe dignitoso
sedersi allo stesso tavolo con le nazioni che violano la sua sovranità” attraverso
il rafforzamento delle sanzioni. Le frizioni tra Pyongyang e Seul, intanto, si ripercuotono
concretamente anche sull'esile economia del Paese comunista: secondo i dati diffusi
oggi dal Ministero per la riunificazione sudcoreano, l'interscambio commerciale tra
le due Coree nel 2009 è sceso del 7,8% su base annua, a 1,68 milioni di dollari, segnando
il primo risultato negativo dal 2004. (ANSA).
Sri Lanka Un militante
del Partito nazionale unito (Unp), che sostiene in Sri Lanka la candidatura presidenziale
dell'ex generale Sarath Fonseka, è stato ucciso a colpi di spranga ieri sera a Ambakadawala,
nello Sri Lanka nordoccidentale. Lo riferiscono oggi i media cingalesi. L'uomo - scrive
il quotidiano Sunday Times nella sua pagina on line - era intento ad affiggere insieme
con altri compagni manifesti di sostegno a Fonseka, quando è stato attaccato da un
gruppo di sconosciuti giunti sul posto a bordo di moto. È la terza vittima in gennaio
delle violenze politiche in vista delle elezioni presidenziali del 26 gennaio, nelle
quali il presidente Mahinda Rajapaksa cerca una riconferma. Sabato scorso, un membro
dell'Alleanza per la libertà del popolo unito (Upfa), che sostiene il capo dello Stato,
è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco a Madurankuliya (nordovest del Paese), mentre
una donna che si trovava a bordo di un autobus di sostenitori di Fonseka è stata uccisa
il 12 gennaio scorso a Tangalle, nel distretto sudorientale di Hambantota. Il portavoce
presidenziale, Chandrapala Liyanage, ha detto che Rajapaksa ha manifestato dolore
per le vittime e chiesto alla polizia di rafforzare la sicurezza su tutto il territorio
nazionale. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 18
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