Malaysia: la Chiesa cerca con il governo una soluzione giuridica al problema del nome
“Allah”
“La situazione è tranquilla e sembra tornata alla normalità. Non si sono registrati
nuovi attacchi. Si sta cercando una soluzione giuridica alla questione dell’uso del
nome Allah: la Chiesa ha intavolato trattative con il governo tramite gli avvocati
che seguono la vicenda. Confidiamo e speriamo che si possa trovare una soluzione buona
per tutti e utile a pacificare la nazione”: è quanto dice all’agenzia Fides padre
Augustine Julian, segretario della Conferenza episcopale di Malaysia, Singapore e
Brunei, mentre proseguono i lavori dell’assemblea dei vescovi, in corso a Johor. I
lavori si sono concentrati su temi di carattere pastorale, e le notizie giunte dalle
Chiese locali – che riportano giorni di calma e nessuna nuova aggressione – hanno
fatto tirare ai vescovi un respiro di sollievo. Ora si attende l’esito delle trattative
avviate con il governo per mettere fine alla questione che, come notano numerosi osservatori,
“ha avuto ripercussioni inattese”. La vicenda, notano fonti locali di Fides, è stata
fin troppo strumentalizzata dai partiti politici per giochi elettorali e per la ricerca
di consenso, ma rischiava di infiammare l’intera società malaysiana. Oggi molte chiese
di Kuala Lumpur hanno issato la bandiera malaysiana, a sottolineare che i cristiani
si considerano in tutto e per tutto cittadini malaysiani, che amano e rispettano la
propria nazione, consci dei propri diritti e doveri, in una società multietnica e
pluralista, all’insegna del dialogo e della convivenza pacifica. Intanto si notano
le prime conseguenze della sentenza dell’Alta Corte, relative alla libertà di espressione
e di religione: Jill Ireland, una cittadina cristiana dello Stato di Sarawak, nel
Borneo malaysiano, ha contestato davanti a un tribunale civile la confisca di alcuni
CD di argomento religioso, contenenti la parola Allah, acquistati in Indonesia. (R.P.)