Malaysia: musulmani difendono le chiese da attacchi degli integralisti
Gruppi di musulmani in Malaysia hanno organizzato in segno di solidarietà con i cristiani
turni di sorveglianza presso le chiese per evitare il ripetersi di episodi di violenza,
registrati nei giorni scorsi. Lo ha riferito all’agenzia Fides, mons. Murphy Pakiam,
arcivescovo di Kuala Lumpur, sottolineando che “gesti di tal genere sono una rarità
in Malaysia” e condannando “ogni forma di violenza e tutti coloro che mirano a creare
disordini nella società e conflittualità fra le comunità religiose”. Le aggressioni,
che hanno seminato grande allarme nel Paese asiatico, sono giunte all’indomani di
una sentenza dell’Alta Corte che, nella nazione multietnica e multireligiosa benché
a maggioranza islamica (60%), ha autorizzato i cristiani ad usare la parola ‘Allah’.
La questione era emersa dopo il divieto - sulla base di una ‘fatwa’ (sentenza islamica)
del 2008 - imposto al quotidiano cattolico The Herald, di usare il termine arabo adottato
anche nella lingua malese per riferirsi a Dio. Tanto è bastato per fomentare proteste
di stampo radicale e contro un presunto abuso della parola allo scopo di proselitismo.
Il governo, sulla spinta delle agitazioni, ha annunciato che si appellerà alla Corte
Suprema. Ma contro le proteste e le violenze e a sostegno dell’uso in comune della
parola ‘Allah’ si è espresso l’Islam Se-Malaysia party, influente partito islamico
malese, che ha sottolineato come la parola appartenga alla tradizione teologica degli
appartenenti alle tre religioni monoteiste - ebrei, cristiani e musulmani - che hanno
in comune il capostipite Abramo. “Attualmente la situazione è sotto controllo – ha
detto l’arcivescovo Pakiam, a Fides - il Governo e la Polizia hanno agito con prontezza
per sedare qualsiasi forma di protesta violenta, che è stata molto contenuta. Le aggressioni,
con bombe rudimentali, sono gesti di piccole bande isolate”. (R.G.)