Dalla musica al sacerdozio: il percorso di un agostiniano che con i giovani di
oggi condivide la passione per il rock e il pop
La scelta del sacerdozio, spesso, è frutto di un percorso lungo, fatto di riflessioni,
molteplici esperienze di vita, incontri. Così è stato ad esempio per padre Aldo
Bazan, agostiniano, che prima di emettere i voti ha lavorato anche per una radio
come dj. Ma la sua passione per la musica non si è affievolita durante gli anni di
formazione religiosa e oggi la sua competenza musicale fa aprire al dialogo diversi
giovani. Al microfono di Tiziana Campisi, padre Bazan racconta la storia della
sua vocazione:
R. – E’ stata
una riflessione lunga. Dopo il periodo delle scuole superiori e del servizio militare
mi sono ritrovato a vivere in contemporanea due possibilità: ho iniziato gli studi
di teologia privatamente, insieme ai seminaristi della diocesi, mentre nel pomeriggio
facevo un lavoro part time. E’ stata una cosa molto bella ed interessante perché in
nove mesi mi ha dato quella possibilità e quella tranquillità di poter scegliere tra
un bene ed un meglio. Studiando filosofia e teologia, c’è stato l’incontro con il
pensiero di Sant’Agostino. Il suo stile, quest’attenzione verso l’altro sono state
cose che mi hanno affascinato molto perché il desiderio di poter vivere con questo
stile di comunità dentro un ordine religioso è diventato la priorità per esprimere
al meglio quello che sono. D. – Umanamente cosa può dirci della
sua esperienza di sacerdote? R. – Umanamente c’è una grandissima
ricchezza. Il posto più bello e più impegnativo è quello del confessionale: devi cercare
di essere presenza d’amore per quella persona che ti sta aprendo l’animo ed in certi
momenti non è facile, perché si trovano tante situazioni disastrate. Ci sono persone
che da fuori le vedi tranquille ed invece dentro hanno degli abissi d’amore mancato
e quindi per riuscire a ridar loro quella parola di speranza e di recupero devi poter
condividere. D. – Lei ha lavorato in una radio, è stato un deejay,
ama la musica. Il suo rapporto con la musica fino ad oggi come può descrivercelo? R.
– Bello. E’ sempre stata una mia lunga compagna di viaggio, perché ho iniziato a maneggiare
dischi fin da piccolo, proprio nei primi due-tre anni. Tante volte magari capita che
si può iniziare ad intessere un dialogo partendo da questi tipi di argomenti e allora
diventa anche facile riuscire a trovare punti di aggancio comuni per quello che può
essere un rock anni Settanta, un mondo hip hop anni Ottanta e così via. Queste sono
cose che hanno tutt’ora un peso enorme per quelle che sono tante fasce giovanili attuali. D.
– Cosa significa, per lei, oggi, essere sacerdote? R. – E’ un
impegno prima di tutto personale ed è un impegno per gli altri. In primis devo cercare
di essere, pur con tutti i miei limiti ed i miei difetti, una persona coerente tra
quello che dico e quello che faccio e questa non è una cosa sempre facile. Dall’altra
parte, è un impegno per gli altri: poter essere presenza d’amore per chi sta intorno
a me. D. – Lei è felice? R. – La felicità
parte prima di tutto da uno spirito riconciliato con se stesso. Da questo punto di
vista sì, posso dire che sono felice. La cosa importante è saper accogliere anche
se stesso, con i propri limiti e le proprie sbavature, ma anche perdonare i propri
limiti. Questa misericordia anche verso se stesso è la radice della riconciliazione
che ti fa poi accogliere le altre persone che incontri con quello sguardo di misericordia,
perché tutti e due siamo sotto lo stesso sguardo di misericordia di Dio Padre.