La rivolta degli immigrati a Rosarno: l'opinione di don Demasi
Stanno tornando nei centri in cui sono ospitati gli immigrati che ieri sera e stamattina
hanno inscenato una violenta protesta a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria.
Vi sono stati momenti di tensione, con gli stranieri che hanno aggredito alcuni abitanti
e un residente di Rosarno che ha sparato in aria. Per disperdere i manifestanti è
stata inviata la polizia, mentre per il ministro dell’Interno Roberto Maroni il problema
è che per “troppi anni sono stati tollerati immigrati clandestini”. Per il segretario
del Pontificio consiglio per i migranti, monsignor Marchetto, 'questi fatti dolorosi''
sembrano trovare radice nella situazione inumana esistente''. Ma come vive questa
gente, che spesso arriva per le colture stagionali, a Rosarno? Alessandro Guarasci
ha sentito il vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi, mons. Pino Demasi:
R.
– Vivono accampati, per esempio, nell’ex Opera Sila, che è una fabbrica dismessa.
Vivono accampati su cartoni, con pochissima acqua: in condizioni veramente disumane.
D. – La popolazione è solidale con loro?
R.
– Il problema dell’immigrazione in Calabria va inquadrato nel grande problema della
liberazione dall’oppressione mafiosa. Da una parte c’è infatti la ‘ndrangheta, che
cerca di sopraffare questi cittadini, sfruttandoli al massimo, costringendoli ad abitare
in quei luoghi, sottopagandoli e sottoponendoli a minacce, dicendo loro “chiamiamo
i Carabinieri”, sapendo che la gran parte di loro sono clandestini; c’è poi l’altra
faccia della Calabria, quella della gente buona, che fa a gara per creare una rete
di solidarietà attorno a loro.
D. – Questo vuol
dire che però c’è un’assenza delle istituzioni? D’altronde il Comune è stato sciolto
anche per infiltrazioni mafiose…
R. – C’è l’assenza
totale del Governo centrale, della Regione e delle Amministrazioni locali, prendono
la scusa che sono clandestini e che non esistono per legge, ma lì ci sono tremila
persone, che esistono!
D. – Penso che molti di loro
lavorino nelle colture stagionali, allora a questo punto quale soluzione si può approntare,
secondo lei, anche nell’immediato?
R. – Già dall’anno
scorso esisteva questo problema. La Regione avrebbe potuto fare certamente una legge
sull’accoglienza per gli stagionali. Io credo che il problema vada risolto intanto
in termini di giustizia e soprattutto con l’impegno delle Amministrazioni locali per
fare in modo che questi immigrati non vivano in condizione di sfruttamento da parte
della delinquenza organizzata. Credo che anche il gesto di ieri non sia il gesto di
ragazzini scalmanati, che sono andati a sparare due colpi di carabina, ma credo che
sia certamente inserito in una logica di qualche azione punitiva, una dimostrazione
dell’ndrangheta che vuole dire “io esisto, io faccio quello che voglio e voi dovete
sottostare a me!”.