Terrorismo e sicurezza: allo studio l'introduzione del "body scanner"
La comunità internazionale si mobilita per far fronte alla nuova emergenza terrorismo.
Oltre a discutere sulle nuove misure di sicurezza da adottare, tra le quali i cosiddetti
“body scanner” negli scali aeroportuali, al centro del dibattito tra i Paesi occidentali
soprattutto la strategia generale da seguire per fronteggiare un’emergenza sicurezza
presente in tutto il mondo ormai da quasi dieci anni. Giancarlo La Vella ne
ha parlato con Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università
di Trieste.
R. - Io credo
molto francamente che oltre a tenere alta naturalmente la guardia e la misure di sicurezza,
senza peraltro scatenare delle vicende parossisistiche come quelle degli ultimi giorni
- e senza colpire magari interi Paesi perché forse uno di loro è affiliato ad al Qaeda
- la prima cosa che noi dobbiamo fare è certamente quella di capire che la strategia
utilizzata finora nella lunga lotta al terrorismo si sta dimostrando assolutamente
piena di falle ed è ora che l’Alleanza atlantica ne studi una di nuova e di più efficacia. D.
– Quali secondo lei i passi immediati che andrebbero fatti? R.
– Noi dobbiamo capire che il terrorismo è diventato una guerra fra la gente, quindi
un conflitto completamente diverso da quelli da noi conosciuto, mentre i nostri apparati
di intelligence, di comando, sono ancora legati a vecchi concetti della guerra tradizionale
e fanno fatica - come vediamo - a distaccarsene. A mio parere, avendo di fronte a
noi delle organizzazioni terroristiche che risultano essere poi efficaci perché con
minimi dispendi mettono in allarme l’intera comunità mondiale, come sta succedendo
in questi giorni, è evidente che non basta questo intervento militare tradizionale;
non basta puntare tutto sulle tecnologie ma in qualche modo va rivalutato certamente
quello che è il capitale umano soprattutto nei settori dell’informazione. Nell’intelligence
va rivalutata l’azione diplomatica e va molto valutata l’azione preventiva economica.
Queste sono tutte cose che abbiamo utilizzato male negli ultimi anni e che ora vanno
riprese seriamente in considerazione. D. – Può essere controproducente
l’aver inserito, da parte degli Usa, nella recente lista di Paesi portatori di terrorismo
- per così dire - Stati come il Libano che sta uscendo da una situazione difficile
e Cuba? R. - Certamente. Indiscriminatamente si agisce con i
sistemi appunto della vecchia Guerra fredda mettendo nelle liste nere interi Paesi
e rovinando così magari anni di rapporti diplomatici. Questo non è il modo né per
vincere la battaglia contro il terrorismo né per tirarsi fuori da quello che è ormai
un vuoto strategico che si è creato a cavallo tra l’Afghanistan e il Pakistan e che
sta pian piano coinvolgendo tutti gli altri Paesi del Medio Oriente e del Corno d’Africa.
Dopo dieci anni di interventi siamo al punto di prima e per certi versi siamo addirittura
paralizzati dalla prima notizia di un tentativo di qualsiasi attacco e a questo punto
siamo veramente esposti. Per cui occorre una seria vera riflessione su quello che
stiamo facendo.