35 operatori Onu morti nel 2009. La protesta del sindacato del personale delle Nazioni
Unite
35 operatori umanitari, 28 civili e 7 soldati impegnati in missioni di pace, vittime
di assalti e attentati omicidi: sono le cifre del drammatico bilancio dei morti nel
2009 tra il personale delle Nazioni Unite. Metà dei caduti, 17 su 35, ha trovato la
morte in Afghanistan e in Pakistan. Tra i rimanenti, 5 operatori dell’Ufficio per
i rifugiati della Palestina nel Vicino Oriente (Unrwa) sono stati uccisi nel corso
dell’offensiva israeliana contro la striscia di Gaza e 2 hanno trovato la morte in
Somalia. “Ancora una volta – dichiara il presidente del sindacato del personale Onu,
Stephen Kisambira, - lo staff delle Nazioni Unite ha dovuto pagare con la vita i suoi
sforzi per assistere le popolazioni in difficoltà”. Kisambira parla di una “tendenza
scioccante a considerare deliberatamente l’Onu un bersaglio” e rammenta che “50 anni
dopo l’adozione della Convenzione sulla sicurezza del personale Onu, 104 Stati membri
non l’hanno ancora ratificata”, mentre il Protocollo facoltativo del 2005, ratificato
solo da una ventina di Stati membri, “non è mai entrato in vigore”. La ratifica dei
due documenti dimostrerebbe, secondo lo stesso dirigente, la seria volontà e l’impegno
degli Stati membri dell’Onu “di proteggerne il personale” e il loro apprezzamento
“del ruolo delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace e nella promozione dello
sviluppo nelle aree più arretrate del pianeta”. (R.G.)