2010-01-06 14:29:54

"Roma. La pittura di un Impero": ancora 10 giorni per visitare la Mostra alle Scuderie del Quirinale


Si concluderà il prossimo 17 gennaio la mostra Roma. La pittura di un Impero che ha festeggiato i dieci anni dell’inaugurazione delle Scuderie del Quirinale a Roma. L’esposizione, che ha riscosso grande successo, è stata curata - tra gli altri - da Eugenio La Rocca, con l’allestimento di Luca Ronconi e Margherita Palli; l’organizzazione è dell’Azienda speciale Palaexpo e di MondoMostre. L’ha visitata per noi Giada Aquilino:RealAudioMP3

Un mondo colorato, capace di riprodurre eventi storici, mitologici, aspetti della natura e della vita quotidiana, usando realismo e poesia. E’ la Roma antica, quella ritratta nella pittura del periodo compreso tra il I secolo a.C. e il V d.C., e ospitata per la prima volta alle Scuderie del Quirinale nella mostra “Roma. La pittura di un Impero”. Cento le opere esposte, tra affreschi, ritratti su legno e vetro, decorazioni, provenienti da domus patrizie, abitazioni e botteghe popolari dei più importanti siti archeologici e dai musei di tutto il mondo. Ce ne parla uno dei curatori, Eugenio La Rocca:

 
R. - Il mondo antico era un mondo colorato: gli edifici pubblici, quelli privati, i monumenti principali erano a colori. Noi abbiamo perso questa visione del mondo antico, proprio perché nella realtà dei fatti non è conservato il colore. La pittura, quindi, non è altro che uno dei tanti elementi del colore che invadeva l’intero centro urbano.

 
D. – C’è un’opera che più rappresenta questa mostra?

 
R. – Ci sono le pareti della Villa della Farnesina insieme ad una stanza della Villa di Boscotrecase, una a Roma e l’altra a Napoli. Metterle insieme - perché sono probabilmente opera di una medesima maestranza – è stato un elemento molto importante.

 
D. – E’ stato sottolineato un collegamento anche con le opere del Rinascimento e dell’Impressionismo…

 
R. – Perché in realtà le tecniche pittoriche degli antichi avevano raggiunto lo stesso livello - se non addirittura lo avevano superato – del Rinascimento e del mondo moderno. Alcune pitture disegnate a macchia o alcuni ritratti dell’oasi egiziana di El Fayyum, ospitati alla mostra, ricordano quadri di impressionisti: le tecniche pittoriche sono molto simili.

 
Grazie anche ad un allestimento che dona ad ogni opera una luminosità naturale, l’esposizione mette in evidenza il ruolo centrale della pittura nella società civile romana, sottolineandone l'originalità e l’importanza soprattutto rispetto ad un’arte pittorica classica andata ormai perduta. Ascoltiamo il critico e storico dell’arte Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

 
R. – L’antichità classica in pittura è andata totalmente dissolta. La conosciamo soltanto attraverso gli elogi dei trattatisti antichi – Pausania, Plinio, ecc. – ma non più in originale. Sarebbe come se noi oggi di Michelangelo e di Raffaello avessimo gli scritti dei critici che ne hanno parlato, ma non gli originali: avremmo soltanto delle copie, delle citazioni, delle rielaborazioni. La conoscenza della pittura romana, comunque, è la conseguenza degli scavi di Pompei della seconda metà del Settecento. E’ allora che scoppia la moda della pittura romana e addirittura dello stile romano. Lo stile impero, lo stile direttorio, i mobili e gli arredi sono ispirati ai colori e ai modelli che venivano fuori dagli scavi di Pompei, di Ercolano e di Stabia.

 
D. – E’ stato detto che l’arte romana è “un’arte senza nomi”. Perché?

 
R. – Perché era un’arte seriale: c’erano tante botteghe o, come diremmo oggi, “ditte” di decoratori che spesso non erano neanche romani. Sappiamo che c’erano alcune botteghe romane, ma molti erano artisti greci, siriaci, egizi, venivano dall’Oriente, parlavano greco. Infatti nelle pitture esposte alla mostra, quando ci sono delle scritte, sono in greco, perché gli archetipi ed i prototipi venivano da lì.







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