Nel giorno dell'Epifania Dio si manifesta all'umanità: intervista con don Giuseppe
Busani
La solennità dell’Epifania del Signore, che la Chiesa celebra oggi, ha il prevalente
significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano. Nell'adorazione
che i magi riservano a Gesù, infatti, come hanno fatto i Padri della Chiesa, al di
là di ogni ricostruzione storica, è possibile riconoscere il simbolo e la manifestazione
della chiamata alla salvezza dei popoli pagani. Lo spiega al microfono di Tiziana
Campisidon Giuseppe Busani, liturgista:
R. – E’ la
festa della manifestazione di Dio nell’umanità; è il suo apparire, il suo visitarci
nell’umanità, il suo fare ingresso nell’umanità, nell’umanità di Gesù. E’ la Festa
della destinazione universale - cioè a tutti - del dono della vicinanza di Dio. Dio
è proprio vicino ad ogni persona e quindi i Magi ci rappresentano.
D.
– La scrittura ci parla della manifestazione di Gesù legandola alle figure dei Magi.
Come leggere tutto questo?R. – Le figure dei Magi sono persone lontane da Israele;
sono ricchi, sapienti e saggi. In pratica c’è una manifestazione di Dio per ogni situazione;
Dio raggiunge tutte le distanze: è in un luogo – Israele – ma non è fisso in un luogo,
è destinato a tutti i luoghi; è in un tempo, ma è destinato a tutti i tempi. I Magi
rappresentano proprio questa apertura, tanto che vengono da Oriente; hanno la sapienza,
hanno la scienza e, in un certo senso, mettono in crisi la sapienza e la scienza dei
giudei, che avevano in mano le Scritture. I Magi, infatti, con il loro sapere – che
si riferisce ad una cultura più ampia - fanno percepire che non è sufficiente il libro
e quindi la conoscenza della lettera, ma che occorre cercare una voce dentro le Scritture.
Sembra che i giudei che avevano in mano le Scritture, cercassero solo la lettera,
senza più cercare la voce: avevano una conoscenza della Scrittura senza attesa, senza
speranza. Sono colti – potremmo dire – senza essere sapienti. I Magi, invece, che
non hanno la Scrittura, hanno questo sapere che cerca una voce fuori campo, cerca
cioè oltre. Hanno un’attesa, hanno una speranza. In un certo senso i Magi sono persone
molto affascinanti, perché sono inquiete, sono dei sognatori, sono dei ricercatori,
ma sono anche molto vicine a noi, perché sbagliano - vanno a Gerusalemme, invece di
andare a Betlemme – ma ricominciano. Direi che si possono accostare all’uomo di oggi,
che in un certo senso è sempre un inquieto cercatore di Dio; all’uomo di oggi, che
ha tanta cultura e tanta scienza, ma che a volte rischia di essere come coloro che
vivevano a Gerusalemme e cioè senza sapienza, senza la ricerca di una voce in più,
senza uno sguardo in più, senza attesa e senza speranza.
D.
– Si può dire che la celebrazione dell’Epifania ci apre al dialogo interreligioso
o al dialogo con la laicità?
R. – Ci apre al dialogo
con tutti i cercatori di Dio, che dentro di loro non possono accontentarsi di quello
che sono, di quello che hanno, di quello che conoscono, ma che sono dei sognatori,
che sono degli inquieti: come diceva Agostino il nostro cuore è inquieto, finché non
riposa in Dio. La rivelazione di Dio non è solo per Israele, ma è per tutti. Dio desidera
vincere ogni distanza; Dio esclude ogni esclusione. Questa è la festa dei popoli,
questa è la festa delle genti. E’ una rivelazione di Dio che vuole raggiungere la
sensibilità di tanti e la sensibilità di tanti è una sensibilità di ricerca, d’inquieta
e forse anche drammatica ricerca di qualcosa di più grande.