2010-01-04 14:04:47

Italia tra crisi e sprechi: la riflessione del sociologo Garelli


Due notizie in questi primi giorni del 2010 - rilanciate dai media - invitano ad una riflessione sui modelli sociali, sugli stili di vita, sulle tendenze al consumo. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Franco Garelli, sociologo dell’Università di Torino.RealAudioMP3

D. - Prof. Garelli iniziamo con la notizia del pane sprecato: solo a Milano ogni giorno 180 quintali ne finisce nella spazzatura, tra quello acquistato e quello invenduto. Ma è possibile che in una società evoluta non si riesca ad evitare uno spreco tanto evidente, con risvolti etici gravi se pensiamo che oltre un miliardo di persone nel mondo non ha da mangiare?
 
R. – Certamente queste notizie sono sconcertanti, tornano di tanto in tanto sui mezzi di informazione e ci dicono che probabilmente la società italiana è meno povera di quello che ci immaginiamo, nel senso che i poveri ci sono ma c’è anche un’ampia quota di popolazione che sta sufficientemente bene e comunque non si pone problemi anche di sprechi o di parsimonia. Questo è un po’ il prodotto della società dei consumi che emerge anche in un momento di crisi generali come questa.
 
D. – Quindi non c’è consapevolezza di questo modo dissennato di consumare. Un’altra notizia che ha richiamato l’attenzione è l’inizio anticipato dei saldi che ci ha mostrato, attraverso la tv e soprattutto attraverso internet, orde di persone riversarsi per le strade, già di primo mattino, soprattutto per raggiungere i centri commerciali. Li abbiamo visti in fila in auto per ore. Abbiamo visto migliaia di persone perfino prendere le scale mobili all’incontrario, sottoponendosi a sacrifici e rischi. Per che cosa, professore?
 
R. - Io credo che qui ci sia questa rincorsa al mito dell’ultimo acquisto, dell’acquisto di moda, del colore dell’anno, insomma del non perdere il treno, di uno stile di vita emergente. Questo può essere anche un prodotto della crisi: cioè, per alcuni mesi, per un anno o più si è stati un po’ attenti, poi improvvisamente scatta questa corsa all’acquisto dei saldi, quindi pensando di risparmiare proprio per mantenere un legame con gli stili di vita emergenti. Questo mi sembra un elemento un po’ tipico di questa società, anche questo sconcertante, nel senso che magari molta gente compra delle cose ma ha comunque pieni gli armadi di tutta una seria di beni.. di vestiti, di cose per la casa. Quindi c’è questa esigenza di aggrapparsi a un mito di cose ultime per soddisfare dei bisogni che sono già mediamente e ampiamente soddisfatti.
 
D. - Quindi emerge la cultura dell’avere, la cultura del risparmio per avere ancora più superfluo?
 
R. - In questa rincorsa emerge un grosso investimento anche affettivo che è anche un indice di povertà culturale se ci si aggrappa a queste cose per rafforzare in modo significativo la propria identità, la propria idea di sé, invece di pensare che ci può essere un impiego migliore delle risorse che si hanno.
 
D. – Tutto sommato queste due immagini del pane sprecato e della gente che corre a comprare il superfluo sono immagini di tristezza esistenziale…
 
R. – Indubbiamente c’è da riflettere su questo grosso investimento sull’apparire, sugli stili di vita sganciati dai bisogni reali.







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