Ultimo commosso tributo allo scrittore Carlo Sgorlon, cantore della terra friulana
In migliaia ieri, a Udine, hanno voluto dare l’ultimo commosso saluto allo scrittore
friulano, Carlo Sgorlon, morto il giorno di Natale a 79 anni, dopo una breve malattia.
I funerali si sono tenuti nella chiesa di “San Quirino Martire”, la parrocchia da
lui frequentata. Sgorlon lascia una produzione letteraria molto ampia al centro della
quale spiccano la vita contadina, il dramma delle guerre mondiali e le storie degli
emigrati. Molti i romanzi tradotti in varie lingue. “Il vento nel vigneto” il suo
primo titolo, pubblicato nel 1960. Oltre 40 i riconoscimenti ricevuti tra cui due
volte il Campiello, nel 1973 con “Il trono di legno”, e 10 anni dopo, con “La conchiglia
di Anataj”. Nel 1985, fu la volta del premio Strega con “L'armata dei fiumi perduti”.
Carlo Sgorlon, cantore del Friuli, ma anche di terre lontane visitate attraverso le
sue vaste letture e lo studio della storia, come conferma, al microfono di Adriana
Masotti, il critico letterario, Mario Turello:
R. – E’ senz’altro
così! Dobbiamo pensare a Sgorlon come ad un uomo capace di aprirsi ad orizzonti vastissimi.
C’è un doppio movimento nell’opera di Sgorlon, una universalizzazione della sua piccola
patria; e dall’altra parte, una appropriazione di terre lontane sentite però in qualche
modo analoghe in nome della comune umanità, al suo Friuli.
D.
– Forse un’eccezione recente è stato il viaggio in Cina, dove ha avuto anche grande
successo …
R. – Infatti! Questo è stato un evento
inaspettato.
D. – I valori ricorrenti nelle opere
di Sgorlon sono l’attaccamento alla terra, alla famiglia, la religiosità …
R.
– Quello che possiamo dire di Sgorlon è che questi valori che lui ha cantato, li ha
anche vissuti nella convinzione che potessero essere un antidoto ai guasti della mentalità
post-industriale e consumistica antiecologica, fondamentalmente.
D.
– Ma è giusto ritenere Carlo Sgorlon un nostalgico oppure, come un po’ ha accennato
lei per quanto riguarda l’ecologia, addirittura era anche uno che guardava oltre?
R.
– Senza dubbio c’era un elemento di nostalgia, ma la nostalgia per stili di vita più
consoni alla felicità, tutto sommato, dell’uomo; puntava su alcuni valori tipici del
mondo che lui aveva conosciuto: la sobrietà, per esempio, la parsimonia, i valori
legati al lavoro.
D. – Che cosa lascia Sgorlon? Qual
è il suo messaggio?
R. – In questi tempi di pensiero
debole, lascia un’opera percorsa da convincimenti profondi, lascia anche l’esempio
di una grande coerenza e di un grande coraggio, perché queste sue concezioni le ha
sostenute a volte scontando l’incomprensione di una certa corrente della critica,
ma poi anche questa capacità di opporsi al pensiero corrente, di non piegarsi alle
mode culturali, di non prestarsi a compromessi di alcun genere.