Angelus di Santo Stefano. Il Papa: il suo martirio, esempio di un amore che non si
arrende alla violenza. Sostegno ai cristiani che soffrono per la fede
Il martirio di Santo Stefano, che la Chiesa ricorda e celebra nella liturgia di oggi,
testimonia il senso più profondo del Natale: l’affermazione di una “civiltà dell’amore”
più forte del male e della violenza. Con questo pensiero, Benedetto XVI ha accompagnato
questa mattina la recita dell’Angelus, durante la quale ha avuto parole di incoraggiamento
per quei “tanti credenti” che, ha detto, nel mondo soffrono a causa della fede. Il
servizio di Alessandro De Carolis:
Vivere senza
senso - quasi un’esistenza “morta” - o vivere per Cristo sapendo con "certezza", anche
se la fede costasse la morte, di aver scelto “la parte migliore della vita”. Due rive
opposte, sulle quali il Papa colloca, da un lato, una parte della gente dei nostri
tempi e dall’altro la figura del martire per eccellenza, il diacono Stefano. Il suo
sacrificio, ha affermato Benedetto XVI all’Angelus, ci aiuta a capire meglio il Natale,
la “meravigliosa grandezza” della nascita di Gesù: “Colui
che vagisce nella mangiatoia, infatti, è il Figlio di Dio fatto uomo, che ci chiede
di testimoniare con coraggio il suo Vangelo, come ha fatto Santo Stefano il quale,
pieno di Spirito Santo, non ha esitato a dare la vita per amore del suo Signore. Egli,
come il suo Maestro, muore perdonando i propri persecutori e ci fa comprendere come
l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo dia origine ad una nuova civiltà, la civiltà
dell’amore, che non si arrende di fronte al male e alla violenza e abbatte le barriere
tra gli uomini, rendendoli fratelli nella grande famiglia dei figli di Dio”. Stefano,
ha detto il Papa alle molte persone radunatesi in Piazza San Pietro nonostante la
pioggia, è un “modello” di cristiano perché, in quanto diacono, si apre all’accoglienza
dei poveri, che resta -ha ripetuto il Pontefice – “una delle vie privilegiate per
vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile il Regno di Dio che
viene”: “La testimonianza di Stefano, come quella dei martiri
cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi
debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita. Il martire, infatti, è colui
che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e, nulla anteponendo all’amore di
Cristo, sa di aver scelto la parte migliore”. Ancora, ha osservato
Benedetto XVI, la Festa di Santo Stefano “ci ricorda anche i tanti credenti, che in
varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede”.
“Impegniamoci - ha esortato il Papa - a sostenerli con la preghiera e a non venir
mai meno alla nostra vocazione cristiana". Dopo la recita dell'Angelus, il Pontefice
ha salutato i fedeli in sei lingue, concludendo con queste parole in lingua italiana: “Auguro
che la sosta di questi giorni presso il presepio per ammirare Maria e Giuseppe accanto
al Bambino, possa suscitare in tutti un rinnovato impegno di amore vicendevole e di
reciproca comprensione, affinché all’interno delle famiglie e dell’intera Nazione
si viva quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune. Buona
festa a voi tutti!”.