Il Papa all'udienza generale: chi non diventa come i bambini non capisce il Natale.
Testo integrale della catechesi
“E’ alla luce del Natale che possiamo comprendere le parole di Gesù: «Se non vi convertirete
e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Chi
non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza
cristiana”. E’ quanto ha detto il Papa stamani durante l’udienza generale nell’Aula
Paolo VI in Vaticano. La catechesi è stata dedicata all’origine storica del Natale:
in particolare il Papa ha parlato dello sviluppo di questa festa grazie a San Francesco
d’Assisi e al suo presepe vivente a Greccio. “Grazie a san Francesco – ha detto il
Pontefice - il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato
l’’Emmanuele’, il Dio-con-noi, dal quale non ci separa alcuna barriera e alcuna lontananza.
In quel Bambino, Dio è diventato così prossimo a ciascuno di noi, così vicino, che
possiamo dargli del tu e intrattenere con lui un rapporto confidenziale di profondo
affetto, così come facciamo con un neonato. In quel Bambino, infatti, si manifesta
Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per
così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà.
Ecco il testo integrale della catechesi:
Cari fratelli
e sorelle, con la Novena di Natale, che stiamo celebrando in
questi giorni, la Chiesa ci invita a vivere in modo intenso e profondo la preparazione
alla Nascita del Salvatore, ormai imminente. Il desiderio, che tutti portiamo nel
cuore, è che la prossima festa del Natale ci doni, in mezzo all’attività frenetica
dei nostri giorni, serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del
nostro Dio e infonderci nuovo coraggio. Per comprendere meglio
il significato del Natale del Signore vorrei fare un breve cenno all’origine storica
di questa solennità. Infatti, l’Anno liturgico della Chiesa non si è sviluppato inizialmente
partendo dalla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Perciò la
festa più antica della cristianità non è il Natale, ma è la Pasqua; la risurrezione
di Cristo fonda la fede cristiana, è alla base dell’annuncio del Vangelo e fa nascere
la Chiesa. Quindi essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, facendoci
coinvolgere nel dinamismo che è originato dal Battesimo e che porta a morire al peccato
per vivere con Dio (cfr Rm 6,4). Il primo ad affermare con
chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento
al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204. Qualche esegeta nota, poi, che
in quel giorno si celebrava la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme,
istituita da Giuda Maccabeo nel 164 avanti Cristo. La coincidenza di date verrebbe
allora a significare che con Gesù, apparso come luce di Dio nella notte, si realizza
veramente la consacrazione del tempio, l’Avvento di Dio su questa terra. Nella
cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando
essa prese il posto della festa romana del “Sol invictus”, il sole invincibile; si
mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle
tenebre del male e del peccato. Tuttavia, la particolare e intensa atmosfera spirituale
che circonda il Natale si è sviluppata nel Medioevo, grazie a san Francesco d’Assisi,
che era profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi. Il suo primo biografo,
Tommaso da Celano, nella Vita seconda racconta che san Francesco «Al di sopra di tutte
le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e
chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato
a un seno umano» (Fonti Francescane, n. 199, p. 492). Da questa particolare devozione
al mistero dell’Incarnazione ebbe origine la famosa celebrazione del Natale a Greccio.
Essa, probabilmente, fu ispirata a san Francesco dal suo pellegrinaggio in Terra Santa
e dal presepe di Santa Maria Maggiore in Roma. Ciò che animava il Poverello di Assisi
era il desiderio di sperimentare in maniera concreta, viva e attuale l’umile grandezza
dell’evento della nascita del Bambino Gesù e di comunicarne la gioia a tutti. Nella
prima biografia, Tommaso da Celano parla della notte del presepe di Greccio in un
modo vivo e toccante, offrendo un contributo decisivo alla diffusione della tradizione
natalizia più bella, quella del presepe. La notte di Greccio, infatti, ha ridonato
alla cristianità l’intensità e la bellezza della festa del Natale, e ha educato il
Popolo di Dio a coglierne il messaggio più autentico, il particolare calore, e ad
amare ed adorare l’umanità di Cristo. Tale particolare approccio al Natale ha offerto
alla fede cristiana una nuova dimensione. La Pasqua aveva concentrato l’attenzione
sulla potenza di Dio che vince la morte, inaugura la vita nuova e insegna a sperare
nel mondo che verrà. Con san Francesco e il suo presepe venivano messi in evidenza
l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua benignità, che nell’Incarnazione del
Verbo si manifesta agli uomini per insegnare un nuovo modo di vivere e di amare. Il
Celano racconta che, in quella notte di Natale, fu concessa a Francesco la grazia
di una visione meravigliosa. Vide giacere immobile nella mangiatoia un piccolo bambino,
che fu risvegliato dal sonno proprio dalla vicinanza di Francesco. E aggiunge: «Né
questa visione discordava dai fatti perché, a opera della sua grazia che agiva per
mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nel cuore di
molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa»
(Vita prima, op. cit., n. 86, p. 307). Questo quadro descrive con molta precisione
quanto la fede viva e l’amore di Francesco per l’umanità di Cristo hanno trasmesso
alla festa cristiana del Natale: la scoperta che Dio si rivela nelle tenere membra
del Bambino Gesù. Grazie a san Francesco, il popolo cristiano ha potuto percepire
che a Natale Dio è davvero diventato l’“Emmanuele”, il Dio-con-noi, dal quale non
ci separa alcuna barriera e alcuna lontananza. In quel Bambino, Dio è diventato così
prossimo a ciascuno di noi, così vicino, che possiamo dargli del tu e intrattenere
con lui un rapporto confidenziale di profondo affetto, così come facciamo con un neonato.
In quel Bambino, infatti, si manifesta Dio-Amore: Dio viene
senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno,
ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme
per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio
ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci
alla nostra vera identità. Non dobbiamo dimenticare che il titolo più grande di Gesù
Cristo è proprio quello di “Figlio”, Figlio di Dio; la dignità divina viene indicata
con un termine, che prolunga il riferimento all’umile condizione della mangiatoia
di Betlemme, pur corrispondendo in maniera unica alla sua divinità, che è la divinità
del “Figlio”. La sua condizione di Bambino ci indica, inoltre, come possiamo
incontrare Dio e godere della Sua presenza. E’ alla luce del Natale che possiamo comprendere
le parole di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete
nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito
l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana. Chi non accoglie Gesù con cuore di bambino,
non può entrare nel regno dei cieli: questo è quanto Francesco ha voluto ricordare
alla cristianità del suo tempo e di tutti tempi, fino ad oggi. Preghiamo il Padre
perché conceda al nostro cuore quella semplicità che riconosce nel Bambino il Signore,
proprio come fece Francesco a Greccio. Allora potrebbe succedere anche a noi quanto
Tommaso da Celano – riferendosi all’esperienza dei pastori nella Notte Santa (cfr
Lc 2,20) - racconta a proposito di quanti furono presenti all’evento di Greccio: “ciascuno
se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia” (Vita prima, op. cit., n. 86, p.
479). E' questo l'augurio che formulo con affetto a tutti voi,
alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari. Buon Natale a voi tutti!