L'uomo impari di nuovo a riconoscere la colpa se vuole la pace in terra: così il Papa
per gli auguri alla Curia. La Chiesa apra uno spazio di accesso a Dio per i lontani
Imparare nuovamente la capacità di riconoscere la colpa e fare il primo passo verso
l’altro per costruire la pace: è questo l’auspicio del Papa nel tradizionale incontro
di fine anno con la Curia Romana e i responsabili del Governatorato per gli auguri
natalizi, svoltosi questa mattina nella Sala Clementina in Vaticano. Benedetto XVI
ha ripercorso alcuni importanti eventi ecclesiali dell’Anno: i suoi viaggi in Africa,
in Terra Santa e nella Repubblica Ceca, il Sinodo per l’Africa, l’indizione dell’Anno
Sacerdotale. Il saluto al Papa lo ha rivolto il cardinale Angelo Sodano, decano del
Collegio Cardinalizio. Ce ne parla Sergio Centofanti: Un
anno in gran parte nel segno dell’Africa per la Chiesa. Il Papa ricorda così il 2009:
dai suoi viaggi in Camerun e Angola al Sinodo per l’Africa, dove si è sperimentata
l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II: “In occasione
della mia visita in Africa si è resa evidente innanzitutto la forza teologica e pastorale
del Primato Pontificio come punto di convergenza per l’unità della Famiglia di Dio.
Lì, nel Sinodo, è emersa ancora più fortemente l’importanza della collegialità – dell’unità
dei Vescovi, che ricevono il loro ministero proprio per il fatto che entrano nella
comunità dei Successori degli Apostoli: ognuno è Vescovo, Successore degli Apostoli,
solo in quanto partecipe della comunità di coloro nei quali continua il Collegium
Apostolorum nell’unità con Pietro e col suo Successore”. Il
Sinodo ha affrontato il tema della riconciliazione, della giustizia e della pace che
– ha detto il Papa – “poteva essere frainteso come un tema politico”: “Ma
in questo non si doveva cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la
politica e da pastori trasformarsi in guide politiche. In effetti, la questione molto
concreta davanti alla quale i pastori si trovano continuamente è, appunto, questa:
come possiamo essere realisti e pratici, senza arrogarci una competenza politica che
non ci spetta? Potremmo anche dire: si trattava del problema di una laicità positiva,
praticata ed interpretata in modo giusto”. I Padri Sinodali
– ha notato il Papa – sono riusciti a mantenersi su una dimensione pastorale ribadendo,
di fronte alle tragedie del continente africano, che la pace può realizzarsi solo
attraverso una realtà pre-politica che è quella della riconciliazione con Dio. Senza
la riconciliazione con Dio – ha affermato Benedetto XVI – l’uomo non è riconciliato
non solo col prossimo ma neppure con se stesso. Occorre fare come Cristo, che ha fatto
il primo passo: “Per primi andare incontro all’altro, offrirgli la riconciliazione,
assumersi la sofferenza che comporta la rinuncia al proprio aver ragione”: “Dobbiamo
oggi apprendere nuovamente la capacità di riconoscere la colpa, dobbiamo scuoterci
di dosso l’illusione di essere innocenti. Dobbiamo apprendere la capacità di far penitenza,
di lasciarci trasformare; di andare incontro all’altro e di farci donare da Dio il
coraggio e la forza per un tale rinnovamento. In questo nostro mondo di oggi dobbiamo
riscoprire il Sacramento della penitenza e della riconciliazione. Il fatto che esso
in gran parte sia scomparso dalle abitudini esistenziali dei cristiani è un sintomo
di una perdita di veracità nei confronti di noi stessi e di Dio; una perdita, che
mette in pericolo la nostra umanità e diminuisce la nostra capacità di pace”. Ricordando
il viaggio in Giordania e Terra Santa, ha parlato delle sofferenze e delle speranze
del popolo palestinese. Quindi ha rievocato la visita al Memoriale dell’Olocausto: “La
visita a Yad Vashem ha significato un incontro sconvolgente con la crudeltà della
colpa umana, con l’odio di un’ideologia accecata che, senza alcuna giustificazione,
ha consegnato milioni di persone umane alla morte e che con ciò, in ultima analisi,
ha voluto cacciare dal mondo anche Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe
e il Dio di Gesù Cristo. Così questo è in primo luogo un monumento commemorativo contro
l’odio, un richiamo accorato alla purificazione e al perdono, all’amore”. Poi
ha ricordato i suoi incontri nei luoghi dove Gesù è vissuto, morto e risorto. “E’
stato come un toccare la storia di Dio con noi” – ha affermato - ribadendo con forza
che “la fede non è un mito”: “È storia reale, le cui tracce
possiamo toccare con mano. Questo realismo della fede ci fa particolarmente bene nei
travagli del presente. Dio si è veramente mostrato. In Gesù Cristo Egli si è veramente
fatto carne. Come Risorto Egli rimane vero Uomo, apre continuamente la nostra umanità
a Dio ed è sempre il garante del fatto che Dio è un Dio vicino. Sì, Dio vive e sta
in relazione con noi. In tutta la sua grandezza è tuttavia il Dio vicino, il Dio-con-noi,
che continuamente ci chiama: Lasciatevi riconciliare con me e tra voi! Egli sempre
pone nella nostra vita personale e comunitaria il compito della riconciliazione”.
Quindi ha parlato del suo viaggio nella Repubblica Ceca,
terra dove sono diffusi ateismo e agnosticismo, lanciando un duplice appello: ai non
credenti, perché non accantonino la questione di Dio; e ai credenti a rilanciare il
dialogo con i lontani. Il Papa ricorda le parole di Gesù sul cosiddetto “cortile dei
gentili”, l’atrio del Tempio in cui potevano entrare per pregare anche i pagani: uno
spazio di preghiera in cui tutti possano rivolgersi al Dio ignoto, eppure vero, di
cui hanno nostalgia: “Io penso che la Chiesa dovrebbe anche
oggi aprire una sorta di ‘cortile dei gentili’ dove gli uomini possano in una qualche
maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso
al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le
religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione
è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere
semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. Infine,
il Papa ricorda l’Anno Sacerdotale affermando che i sacerdoti devono essere “a disposizione
di tutti: per coloro che conoscono Dio da vicino e per coloro per i quali Egli è lo
Sconosciuto”. Quindi, ha rivolto a tutti i sacerdoti questo augurio per il Natale:
“che noi diventiamo sempre più amici di Cristo e quindi
amici di Dio e che in questo modo possiamo essere sale della terra e luce del mondo.
Un santo Natale e un buon Anno Nuovo!” (applausi)