Sugli schermi in Italia torna il classico Disney con La Principessa e il Ranocchio
dei fratelli Grimm
Liberamente tratto da una delle più famose fiabe dei fratelli Grimm, è da venerdì
scorso sugli schermi italiani La Principessa e il Ranocchio, l’ultimo capolavoro
animato della Disney: un ritorno alla cara e vecchia tecnica del passato, con tanto
colore e tanta musica, buffi e indimenticabili personaggi per una storia senza tempo
in cui trionfano i buoni sentimenti e trovano posto i sogni di tutti i bambini. Il
servizio di Luca Pellegrini:
Un bacio
e la rana non ritorna Principe. Anzi, è la bella ed elegante Tania, pelle dal colore
scuro e indomabile passione per la cucina, che si è prestata con riluttanza e coraggio
a quell’azione romantica e appassionata, a prendere le sembianze della ranocchia.
Bisognerà attraversare molte avventure e pericoli tra le paludi della Lousiana, i
vicoli di New Orleans, le belle ville dei ricchi del Quartiere Francese e le stamberghe
dei poveri, l’oscuro cimitero e gli scatenati festeggiamenti per il Mardi Gras, affinché
tutti riprendano la loro forma originaria e, naturalmente, i cattivi siano puniti
e i buoni possano vivere “felici e contenti”. Torna il vecchio, amato e spesso rimpianto
cartone animato, senza occhialini da inforcare e storie futuribili; torna la fiaba,
quella senza tempo raccontata ai piedi del letto prima di prendere sonno, ancora una
volta attinta a quel serbatoio quasi inesauribile fornito dalle raccolte dei fratelli
Grimm; tornano il colore sgargiante disegnato soltanto con la matita e la musica a
profusione, declinata nei ritmi tradizionali del profondo sud americano (jazz, blues,
gospel) che apre il sipario su sgargianti numeri corografici. La Principessa e il
Ranocchio è, dunque, una grande e costosa operazione messa in piedi dagli studi della
Walt Disney e dal suo direttore creativo, il maestro indiscusso dell’animazione John
Lasseter, un dono per tutti i bambini che forse hanno perso negli anni la ricchezza
e l’autenticità della “scuola Disney” del tempo che fu e che potrebbero trovare loro
stessi erroneamente infantile un film come questo, nei quali poesia, ritmo, immaginazione
e sentimenti trionfano senza bisogno di sotterfugi narrativi e orpelli violenti e
volgari. I personaggi sono quelli tradizionali, ossia una felice commistione tra esseri
umani mossi da diversi interessi e passioni – lo stregone del woodoo dottor Faciler,
Mama Odie la Regina del Bayou, la capricciosa Charlotte e il pacioso papà Big Daddy,
l’irresponsabile e diseredato Principe Naveen e tutta quella varietà zoologica del
quale lo stesso Disney fu creatore originale: l’alligatore con la passione della tromba
che vuole diventare umano, la lucciola piuttosto sfortunata e pasticciona dal cuore
grande e irrimediabilmente innamorata di una stella, una serie divertentissima di
creature di diversa stazza e genere che fanno da corona e spettatori alle disavventure
delle nostre ranocchie. Trionfo finale con sfarzoso matrimonio, felicità sparsa e
la realizzazione dei nostri sogni che, non dimentichiamolo, sono desideri che possono
diventare realtà. Per questo non è soltanto un ritorno al passato, quello voluto dalla
Disney e dai due registi della Principessa e il Ranocchio, Ron Clements e John Musker:
è la felice intuizione che tutte le fiabe disegnate per il cinema possono trovare
spazio non solo nello stupore dei piccoli, ma anche nel cuore dei grandi.