2009-12-20 15:40:10

Anno Sacerdotale: la testimonianza di don Maurizio Spreafico, salesiano a Betlemme


Aiutare i giovani a costruire un futuro di speranza: è quanto fanno, ogni giorno, i missionari salesiani che operano in Medio Oriente. Una realtà numerosa, suddivisa in quindici comunità situate in sette Paesi: cinq ue in Terra Santa, tre in Egitto, due in Siria, altre due in Libano, una in Turchia e l’ultima in Iran. A questi missionari è dedicata la nostra rubrica odierna sull’Anno Sacerdotale. Isabella Piro ne ha parlato con don Maurizio Spreafìco, Superiore Provinciale dei Salesiani in Medio Oriente, che risiede a Betlemme:RealAudioMP3

R. – Il mio servizio è soprattutto quello di animare le comunità e i confratelli ma anche di incontrare i giovani, i ragazzi, la gente che collabora con noi. Credo che il nostro lavoro sia significativo per il fatto che cerchiamo di essere una presenza di speranza e di futuro per tanti ragazzi e giovani sia cristiani che musulmani.
 
D. – Quali sono le difficoltà maggiori che si trova ad affrontare nella vita quotidiana?
 
R. – Io ho lasciato l’Italia soltanto sei anni fa perché ho lavorato fino a 45 anni in Italia nella pastorale giovanile e poi ho scelto di rendermi disponibile per il Medio Oriente e ho dovuto affrontare un impegno notevole con lo studio della lingua araba che ho fatto in Egitto per due anni. All’inizio è stato un po’ difficile perché dopo tanto lavoro con tanti giovani in Italia mi sono sentito un po’ inutile: tanto studio e poi la comunicazione diventava difficile. Ma poi ho capito una cosa importante, cioè che anche attraverso le piccole cose della vita quotidiana fatte con amore, i ragazzi, i giovani, sono conquistati e veramente si crea un rapporto che va al di là della differenza linguistica, culturale e religiosa.
 
D. – Una missione come la sua, indubbiamente, vede anche dei momenti di gioia. Ce ne vuole raccontare uno in particolare?
 
R. – Ho vissuto tanti momenti belli, soprattutto i tre anni passati in Siria, ad Aleppo, una cittadina del nord della Siria, dove ho fatto un’esperienza di graduale inculturazione e sono stato ben accolto da questi ragazzi, da questi giovani. Ho ricevuto molto rispetto a quello che ho cercato di dare.
 
D. - Come è nata in lei la vocazione?
 
R . – Io ho frequentato da giovane la scuola salesiana di Sesto San Giovanni vicino a Milano e naturalmente sono stato affascinato da alcune testimonianze di confratelli, di salesiani che vivevano con gioia e con laboriosità la loro vita quotidiana. Allora, dopo la maturità, ho iniziato il mio cammino e sono diventato salesiano e prete e poi c’è stata un’altra chiamata dentro questa esperienza, appunto quella missionaria. Sei anni fa ho fatto questa scelta nuova che è stata per me un rinnovamento radicale anche della mia consacrazione.
 
D. - Oggi rifarebbe la stessa scelta?
 
R. – Ma senz’altro! Perché ogni giorno ho la gioia di poter contare sull’amore di Dio che riempie la mia vita, il mio cuore, i miei pensieri, e sull’amore di tante persone, piccoli e grandi collaboratori, confratelli che sono il volto concreto dell’amore di Dio per me.
 
D. - Cosa si sente di dire ad un ragazzo che volesse intraprendere la vita consacrata?
 
R. – Di non avere paura, di fidarsi del Signore, di essere contenti di dare non qualcosa ogni tanto, un po’ di tempo, ma di dare la vita per Lui e per le persone che hanno bisogno.
 
D. - L’Anno Sacerdotale, a suo parere, quali frutti porterà?

R. – Credo che sia un anno davvero molto bello e significativo se è vissuto con disponibilità da parte dei sacerdoti ma anche da parte di tutte le persone che aiutano i sacerdoti a vivere con autenticità la loro vocazione. Porterà frutti di rinnovamento. Io credo che un prete debba essere innanzitutto un innamorato del Signore, vivere una piena comunione con Lui, essere una persona contenta della sua vocazione gioiosa e esprimerlo, manifestarlo agli altri, e poi una persona totalmente a disposizione della gente, delle persone, 24 ore su 24.







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