2009-12-19 15:05:44

Vertice sul clima. Mons. Migliore: la montagna ha partorito il topolino


Dopo ore di trattative e consultazioni i delegati alla Conferenza dell'Onu sul clima a Copenaghen hanno approvato una mozione, non vincolante, con la quale accettano l'accordo mediato dagli Stati Uniti con Cina, India, Brasile e Sudafrica. L’intesa prevede un impegno a limitare entro un massimo di due gradi l'aumento delle temperature ma non fissa cifre sui tagli alle emissioni di gas serra. L’accordo prevede inoltre aiuti per 100 miliardi di dollari fino al 2020 per i Paesi in via di sviluppo. Ma per molti osservatori si tratta di un risultato non soddisfacente. Da Copenaghen, il servizio del nostro inviato Salvatore Sabatino: RealAudioMP3

L’intesa siglata da Stati Uniti, Cina, Sudafrica e India non soddisfa praticamente nessuno. E’ lo stesso governo di Washington a rimarcare la limitatezza del testo ribadendo comunque che si tratta di un primo passo importante. Sul piede di guerra i Paesi del G77 e gli ambientalisti che denunciano la catastrofe totale e contestano le modalità delle trattative definite da più parti un golpe. Non nasconde la propria delusione neppure il presidente della Commissione Europea Barroso, anche se parla di un primo traguardo. Ed ora scatta la protesta formale in seno all’assemblea con le dichiarazioni di voto contrario, mentre fuori dal Bella Center, sede del Vertice, i manifestanti contestano duramente il presidente degli Stati Uniti. Il risultato giunge dopo una giornata frenetica, con decine di incontri a porte chiuse e trattative serratissime. Il clima di tensione già si respirava in mattinata, già prima del discorso del capo della Casa Bianca Obama davanti alla Plenaria, accolto con un debole applauso dalla platea; poi sono arrivate le stoccate cinesi in disaccordo sulla bozza del documento, tanto da spingere il presidente americano ad incontrare il premier Wen Jabao per ben tre volte; e poi è arrivato anche l’incontro informale dei leader europei, decisamente trascurati dall’amministrazione americana; la presa di distanza dell’India, che ha auspicato un rinvio dell’accordo al 2010, tutto vissuto sull’orlo del fallimento. Copenaghen insomma sarà ricordato come uno dei Summit mondiali più complessi e un grande sforzo con un risultato decisamente modesto. Tutto è rimandato insomma al prossimo anno, quando toccherà a Città del Messico ospitare il prossimo vertice Onu sui cambiamenti climatici. In giugno, però, una tappa intermedia a Bonn, in Germania, in un Summit straordinario organizzato dal cancelliere tedesco, Angela Merkel. “Siamo qui per decidere e non per parlare” aveva detto ieri mattina il presidente Obama, riaccendendo le speranze anche dei più pessimisti. Oggi si può dire che forse le parole hanno ancora una volta tolto troppo spazio alle decisioni.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha assicurato che da questo momento si dovranno moltiplicare gli sforzi per rendere l’accordo di Copenaghen “legalmente vincolante nel 2010”. “Non è quello che noi tutti speravamo ma la decisione – ha aggiunto Ban Ki-moon - è un inizio fondamentale. Secondo mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di New York, gli interessi nazionali contrastanti e il predominio di politiche energetiche sono tra i tanti fattori che hanno ostacolato un accordo globale sul clima. Per un commento sul vertice di Copenaghen ascoltiamo proprio l’arcivescovo Celestino Migliore intervistato da Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

R. – La montagna ha partorito il topolino: abbiamo sentito dei discorsi rasserenanti, per altri invece più incalzanti. La sostanza però è questa, che Copenaghen termina senza un preciso accordo.

 
D. – Potevamo attenderci di più, secondo lei?

 
R. – Forse per la presenza dei rappresentanti dei grandi Paesi, che sono parte del problema e che sono indispensabili per la soluzione, come gli Stati Uniti, come la Cina, al di là delle loro dichiarazioni, quello che vale è l’impulso che hanno dato ad arrivare ad un accordo politico di base: per esempio, l’impegno degli Stati Uniti di mettere insieme cento miliardi di dollari insieme ad altri Paesi entro una scadenza fissa, per aiutare i Paesi in via di sviluppo a procedere alla mitigazione e all’attenuazione dei cambiamenti climatici. Questo sembra positivo. Poi ovviamente le dichiarazioni sappiamo che possono creare speranze, ma non cambiano la sostanza da un giorno all’altro.







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