2009-12-18 15:12:10

Pakistan: arresti nel governo e voci di golpe


Ennesimo attentato, oggi, in Pakistan nei pressi di una moschea nel distretto di Lower Dir, nella Provincia della frontiera di nord-ovest, in cui hanno perso la vita almeno sette persone. Intanto, dopo le voci di un possibile colpo di Stato, è sempre più turbolenta la situazione sul fronte politico. L'agenzia anticorruzione pachistana (Nab) ha emesso 52 mandati d'arresto nei confronti di importanti esponenti politici del governo e pubblici funzionari. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Terremoto politico sul governo pakistano. Questa mattina l'agenzia anticorruzione pachistana (Nab) ha emesso 52 mandati d'arresto per corruzione, tra i quali spiccano quelli contro il ministro degli Interni, Rehman Malik, il ministro del governo provinciale del Sindh, l'ex direttore delle acciaierie del Pakistan e il cognato del presidente Ali Zardari. Il provvedimento arriva a due giorni dalla decisione della Corte Suprema di annullare il decreto di amnistia che salvava il presidente Zardari, vari suoi ministri e migliaia di altre persone dall'accusa di corruzione. Sempre su ordine della Corte Suprema è stato vietato a oltre 200 persone di lasciare il Paese. Quest’ultima misura ha portato al fermo del ministro della Difesa avvenuto ieri all’aeroporto di Nuova Delhi mentre si stava recando in Cina. Dopo questo episodio sono perfino circolate voci di un imminente colpo di Stato, subito smentite dal governo. Intanto il principale partito di opposizione, la Lega musulmana del Pakistan, ha chiesto le dimissioni del presidente Zardari e dei ministri interessati dal provvedimento della Corte. In questo quadro si aggiungono le violenze di un conflitto sempre più aspro con le milizie talebane. Stamani una bomba è esplosa durante le preghiere del venerdì in una moschea nel distretto nord occidentale di Lower Dir. L’area è teatro di una vasta offensiva militare contro le roccaforti dei ribelli.

 
Afghanistan
In Afghanistan sono in corso diverse offensive antitalebane portate avanti in modo congiunto dalle forze della coalizione internazionale e quelle afghane. Nella provincia sud-occidentale di Nimroz 20 miliziani, fra i quali un importante comandante talebano, sono stati uccisi a seguito di alcuni raid aerei. Mentre la Legione straniera francese ha lanciato ieri un'offensiva a tutto campo nella valle di Uzbin, a est di Kabul. Lo scopo dell'operazione, considerata la più imponente del contingente di Parigi dal suo intervento in Afghanistan nel 2001, è quello di riaffermare la sovranità delle forze di sicurezza afghane in una delle più importanti roccaforti dei ribelli talebani nell'Afghanistan orientale.

Tensioni Iran-Iraq
Altissima tensione lungo la frontiera tra Iran e Iraq: le truppe di Teheran sono sconfinate ieri nel campo petrolifero di Faqqa, nella provincia irachena a maggioranza sciita di Maysan, e hanno piantato la bandiera della Repubblica Islamica sul pozzo petrolifero numero quattro. La notizia, riferita da una fonte delle autorità di sicurezza locali, è stata confermata dal portavoce delle forze Usa, secondo il quale non c'è stato alcuno scontro a fuoco nella zona. Si attende intanto la versione ufficiale dell’accaduto che a breve sarà fornita dal governo iracheno. Intanto il ministro dell'Interno, Jawad al-Bolani, ha avvertito che Baghdad “non rinuncerà mai alla sua ricchezza petrolifera, per “nessun motivo”.

Libano
Tragedia del mare a largo delle coste del Libano. Una nave cargo panamense con a bordo 83 membri dell’equipaggio è naufragata ieri a 20 chilometri a largo di Tripoli. Al momento si contano quattro morti e 40 dispersi. Mentre i soccorritori hanno tratto in salvo 38 marinai. Alle operazioni di soccorso partecipano imbarcazioni libanesi e anche 3 unità navali della forza Onu-Unifil.

Sahara occidentale
Ritorno in patria per Aminatu Haidar, l’attivista non violenta del fronte Polisario che si batte per l’indipendenza del Sahara occidentale dal Marocco. La donna, da oltre un mese in sciopero della fame e dopo un ricovero in ospedale, è giunta oggi ad Elayoun - città principale del Sahara occidentale - a bordo di un aereo proveniente dalle Canarie, in Spagna, dove si trovava in seguito all’espulsione decretata a novembre dalle autorità di Rabat. Sugli obiettivi del Fronte Polisario, Eugenio Bonanata ha intervistato Omar Mih, rappresentante del movimento in Italia:RealAudioMP3

R. – Quello che chiediamo alla comunità internazionale è quello che la stessa comunità ha già individuato come soluzione al conflitto del Sahara occidentale, attraverso centinaia di risoluzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza e dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Cioè che si permetta al popolo del Sahara occidentale, attraverso un referendum, di scegliere che cosa vuole fare della sua terra: essere un Paese indipendente o integrato nel Marocco ma in autonomia. Il popolo Saharawi e il suo rappresentante, il Fronte Polisario, hanno scelto la via pacifica ormai dagli Anni Novanta: hanno rinunciato alla guerra e si sono affidati alla diplomazia internazionale per risolvere questo conflitto attraverso un referendum di autodeterminazione. Devo ricordare che altri sette attivisti sono stati arrestati e rischiano una condanna a morte per alto tradimento. Altri ancora nel territorio rimangono sotto pressione: i loro documenti sequestrati, non hanno libertà di movimenti. C’è, quindi, un’incredibile e terribile situazione di violazione dei diritti umani. E questa non è propaganda, ci sono le testimonianze della comunità internazionale, di organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch …

 
D. – Il referendum, e quindi l’autonomia della regione, consentirebbe fra l’altro lo sfruttamento delle tante risorse naturali presenti sul territorio?

 
R. – La prima cosa che noi desideriamo è che tutto si possa risolvere in termini legali. Secondo, che la parte della popolazione Saharawi che vive nei campi profughi da 35 anni possa tornare in dignità nelle proprie case. Il popolo Saharawi sarà un popolo molto disponibile a collaborare con il Marocco, anche per la presenza stessa di centinaia di coloni marocchini nel territorio del Sahara occidentale. Per quanto riguarda le risorse, abbiamo anche fatto delle proposte al Marocco: se il referendum si farà, se l’opzione dell’indipendenza sarà quella vincente, la Repubblica Saharawi sarà disposta a dare al Marocco il 50 per cento delle risorse che sono in questo momento in sfruttamento, ma anche quelle che saranno scoperte in futuro.

 
D. – Il riferimento è al petrolio?

 
R. – Ovviamente, al petrolio, ai fosfati, al pesce … C’è una grande disponibilità delle autorità saharawi a prendere in considerazione gli interessi del Marocco.

 
Myanmar
È di sette morti e 11 feriti il bilancio dell’esplosione nello Stato di Kayin, nel sudest del Myanmar, dove vive la minoranza etnica dei Karen. L'attacco è avvenuto mentre la comunità locale stava celebrando il capodanno. La giunta militare al potere ha accusato i separatisti Karen, ma non sono state fornite prove di un loro coinvolgimento.

Cambogia
L'ex capo dello Stato del sanguinoso regime comunista dei khmer rossi in Cambogia, Khieu Samphan, è stato incriminato per genocidio da un giudice del tribunale di Phnom Penh patrocinato dalle Nazioni Unite. Si stima che almeno 2 milioni di persone, pari a un quarto della popolazione sul finire degli Anni Settanta, abbia perso la vita sotto tortura, per sfinimento o malnutrizione.

Rubata l'insegna all'ingresso del campo di Auschwitz
In Polonia sdegno e costernazione hanno fatto seguito al furto, compiuto da ignoti, dell’insegna in ferro battuto che campeggiava all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. L’insegna, con la scritta “Arbeit macht frei” – “Il lavoro rende liberi” – era stata realizzata dagli stessi prigionieri nel 1940. Le autorità israeliane e polacche hanno parlato di “atto ripugnante”.

 
Europa visti
Tra meno di 24 ore i cittadini di Macedonia, Montenegro e Serbia non avranno più bisogno del visto per entrare nei Paesi dell’Unione Europea. Da domani, 19 dicembre, entra infatti in vigore il nuovo regime dei visti deciso da Bruxelles che consentirà la libera circolazione in Europa ai cittadini di questi Paesi. Se ne riparlerà in primavera per i due Paesi esclusi, Bosnia e Albania. Con la liberalizzazione dei visti ci si attende un rilancio delle relazioni economiche tra l’Ue e la regione balcanica.

Francia
L'ex presidente francese, Jacques Chirac, è ''indagato'' nel caso degli impieghi fittizi del Comune di Parigi. L’ex capo dell’Eliseo ha respinto ogni addebito e ha ''ribadito che nessun sistema'' di remunerazioni in cambio di prestazioni che non venivano effettuate è ''mai esistito''. Le accuse risalgono al lungo periodo in cui Chirac fu sindaco di Parigi, fino al 1995 anno in cui fu eletto presidente. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 352

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