Ennesimo attentato, oggi, in Pakistan nei pressi di una moschea nel distretto di Lower
Dir, nella Provincia della frontiera di nord-ovest, in cui hanno perso la vita almeno
sette persone. Intanto, dopo le voci di un possibile colpo di Stato, è sempre più
turbolenta la situazione sul fronte politico. L'agenzia anticorruzione pachistana
(Nab) ha emesso 52 mandati d'arresto nei confronti di importanti esponenti politici
del governo e pubblici funzionari. Il servizio di Marco Guerra:
Terremoto
politico sul governo pakistano. Questa mattina l'agenzia anticorruzione pachistana
(Nab) ha emesso 52 mandati d'arresto per corruzione, tra i quali spiccano quelli contro
il ministro degli Interni, Rehman Malik, il ministro del governo provinciale del Sindh,
l'ex direttore delle acciaierie del Pakistan e il cognato del presidente Ali Zardari.
Il provvedimento arriva a due giorni dalla decisione della Corte Suprema di annullare
il decreto di amnistia che salvava il presidente Zardari, vari suoi ministri e migliaia
di altre persone dall'accusa di corruzione. Sempre su ordine della Corte Suprema è
stato vietato a oltre 200 persone di lasciare il Paese. Quest’ultima misura ha portato
al fermo del ministro della Difesa avvenuto ieri all’aeroporto di Nuova Delhi
mentre si stava recando in Cina. Dopo questo episodio sono perfino circolate voci
di un imminente colpo di Stato, subito smentite dal governo. Intanto il principale
partito di opposizione, la Lega musulmana del Pakistan, ha chiesto le dimissioni del
presidente Zardari e dei ministri interessati dal provvedimento della Corte. In questo
quadro si aggiungono le violenze di un conflitto sempre più aspro con le milizie talebane.
Stamani una bomba è esplosa durante le preghiere del venerdì in una moschea nel distretto
nord occidentale di Lower Dir. L’area è teatro di una vasta offensiva militare contro
le roccaforti dei ribelli.
Afghanistan In
Afghanistan sono in corso diverse offensive antitalebane portate avanti in modo congiunto
dalle forze della coalizione internazionale e quelle afghane. Nella provincia sud-occidentale
di Nimroz 20 miliziani, fra i quali un importante comandante talebano, sono stati
uccisi a seguito di alcuni raid aerei. Mentre la Legione straniera francese ha lanciato
ieri un'offensiva a tutto campo nella valle di Uzbin, a est di Kabul. Lo scopo dell'operazione,
considerata la più imponente del contingente di Parigi dal suo intervento in Afghanistan
nel 2001, è quello di riaffermare la sovranità delle forze di sicurezza afghane in
una delle più importanti roccaforti dei ribelli talebani nell'Afghanistan orientale.
Tensioni
Iran-Iraq Altissima tensione lungo la frontiera tra Iran e Iraq: le truppe
di Teheran sono sconfinate ieri nel campo petrolifero di Faqqa, nella provincia irachena
a maggioranza sciita di Maysan, e hanno piantato la bandiera della Repubblica Islamica
sul pozzo petrolifero numero quattro. La notizia, riferita da una fonte delle autorità
di sicurezza locali, è stata confermata dal portavoce delle forze Usa, secondo il
quale non c'è stato alcuno scontro a fuoco nella zona. Si attende intanto la versione
ufficiale dell’accaduto che a breve sarà fornita dal governo iracheno. Intanto il
ministro dell'Interno, Jawad al-Bolani, ha avvertito che Baghdad “non rinuncerà mai
alla sua ricchezza petrolifera, per “nessun motivo”.
Libano Tragedia
del mare a largo delle coste del Libano. Una nave cargo panamense con a bordo 83 membri
dell’equipaggio è naufragata ieri a 20 chilometri a largo di Tripoli. Al momento si
contano quattro morti e 40 dispersi. Mentre i soccorritori hanno tratto in salvo 38
marinai. Alle operazioni di soccorso partecipano imbarcazioni libanesi e anche 3 unità
navali della forza Onu-Unifil.
Sahara occidentale Ritorno in patria
per Aminatu Haidar, l’attivista non violenta del fronte Polisario che si batte per
l’indipendenza del Sahara occidentale dal Marocco. La donna, da oltre un mese in sciopero
della fame e dopo un ricovero in ospedale, è giunta oggi ad Elayoun - città principale
del Sahara occidentale - a bordo di un aereo proveniente dalle Canarie, in Spagna,
dove si trovava in seguito all’espulsione decretata a novembre dalle autorità di Rabat.
Sugli obiettivi del Fronte Polisario, Eugenio Bonanata ha intervistato Omar
Mih, rappresentante del movimento in Italia:
R. – Quello
che chiediamo alla comunità internazionale è quello che la stessa comunità ha già
individuato come soluzione al conflitto del Sahara occidentale, attraverso centinaia
di risoluzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza e dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite. Cioè che si permetta al popolo del Sahara occidentale, attraverso un
referendum, di scegliere che cosa vuole fare della sua terra: essere un Paese indipendente
o integrato nel Marocco ma in autonomia. Il popolo Saharawi e il suo rappresentante,
il Fronte Polisario, hanno scelto la via pacifica ormai dagli Anni Novanta: hanno
rinunciato alla guerra e si sono affidati alla diplomazia internazionale per risolvere
questo conflitto attraverso un referendum di autodeterminazione. Devo ricordare che
altri sette attivisti sono stati arrestati e rischiano una condanna a morte per alto
tradimento. Altri ancora nel territorio rimangono sotto pressione: i loro documenti
sequestrati, non hanno libertà di movimenti. C’è, quindi, un’incredibile e terribile
situazione di violazione dei diritti umani. E questa non è propaganda, ci sono le
testimonianze della comunità internazionale, di organizzazioni come Amnesty International,
Human Rights Watch …
D. – Il referendum, e quindi
l’autonomia della regione, consentirebbe fra l’altro lo sfruttamento delle tante risorse
naturali presenti sul territorio?
R. – La prima cosa
che noi desideriamo è che tutto si possa risolvere in termini legali. Secondo, che
la parte della popolazione Saharawi che vive nei campi profughi da 35 anni possa tornare
in dignità nelle proprie case. Il popolo Saharawi sarà un popolo molto disponibile
a collaborare con il Marocco, anche per la presenza stessa di centinaia di coloni
marocchini nel territorio del Sahara occidentale. Per quanto riguarda le risorse,
abbiamo anche fatto delle proposte al Marocco: se il referendum si farà, se l’opzione
dell’indipendenza sarà quella vincente, la Repubblica Saharawi sarà disposta a dare
al Marocco il 50 per cento delle risorse che sono in questo momento in sfruttamento,
ma anche quelle che saranno scoperte in futuro.
D.
– Il riferimento è al petrolio?
R. – Ovviamente,
al petrolio, ai fosfati, al pesce … C’è una grande disponibilità delle autorità saharawi
a prendere in considerazione gli interessi del Marocco.
Myanmar È
di sette morti e 11 feriti il bilancio dell’esplosione nello Stato di Kayin, nel sudest
del Myanmar, dove vive la minoranza etnica dei Karen. L'attacco è avvenuto mentre
la comunità locale stava celebrando il capodanno. La giunta militare al potere ha
accusato i separatisti Karen, ma non sono state fornite prove di un loro coinvolgimento.
Cambogia L'ex
capo dello Stato del sanguinoso regime comunista dei khmer rossi in Cambogia, Khieu
Samphan, è stato incriminato per genocidio da un giudice del tribunale di Phnom Penh
patrocinato dalle Nazioni Unite. Si stima che almeno 2 milioni di persone, pari a
un quarto della popolazione sul finire degli Anni Settanta, abbia perso la vita sotto
tortura, per sfinimento o malnutrizione.
Rubata l'insegna all'ingresso del
campo di Auschwitz In Polonia sdegno e costernazione hanno fatto seguito al
furto, compiuto da ignoti, dell’insegna in ferro battuto che campeggiava all’ingresso
del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. L’insegna, con la scritta “Arbeit
macht frei” – “Il lavoro rende liberi” – era stata realizzata dagli stessi prigionieri
nel 1940. Le autorità israeliane e polacche hanno parlato di “atto ripugnante”.
Europa
visti Tra meno di 24 ore i cittadini di Macedonia, Montenegro e Serbia non
avranno più bisogno del visto per entrare nei Paesi dell’Unione Europea. Da domani,
19 dicembre, entra infatti in vigore il nuovo regime dei visti deciso da Bruxelles
che consentirà la libera circolazione in Europa ai cittadini di questi Paesi. Se ne
riparlerà in primavera per i due Paesi esclusi, Bosnia e Albania. Con la liberalizzazione
dei visti ci si attende un rilancio delle relazioni economiche tra l’Ue e la regione
balcanica.
Francia L'ex presidente francese, Jacques Chirac, è ''indagato''
nel caso degli impieghi fittizi del Comune di Parigi. L’ex capo dell’Eliseo ha respinto
ogni addebito e ha ''ribadito che nessun sistema'' di remunerazioni in cambio di prestazioni
che non venivano effettuate è ''mai esistito''. Le accuse risalgono al lungo periodo
in cui Chirac fu sindaco di Parigi, fino al 1995 anno in cui fu eletto presidente.
(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 352 E'
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Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
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