La Chiesa cattolica ancora sotto attacco, nel Sud Kivu, nella parte orientale della
Repubblica democratica del Congo. Domenica scorsa un gruppo armato ha assaltato un
monastero nei dintorni di Bukavu: una religiosa è rimasta uccisa. Nel Sud Kivu continua
a regnare l’insicurezza: milizie irregolari compiono impunemente massacri, stupri,
incendiano villaggi e prendono ostaggi. Martedì i cristiani di Bukavu e di Uvira hanno
partecipato ad una marcia per la pace. Il clero e i religiosi dell’arcidiocesi di
Bukavu hanno scritto al presidente Kabila chiedendo un suo intervento. Claire Malapert,
della nostra redazione francese, ha intervistato l’abate Justin Nbungi, direttore
della Commissione diocesana giustizia e pace dell’arcidiocesi di Bukavu:
R. – L’Eglise
catholique est prise come cible, la population locale aussi, … La Chiesa
cattolica è presa di mira e anche la popolazione locale. Il punto è capire perché
questo accade, anche perché finora non c’è stata alcuna rivendicazione per questo
crimine. Noi pensiamo che la Chiesa cattolica costituisca un’autorità morale indiscussa
che sostiene gli sforzi della popolazione che cerca di sopravvivere, e probabilmente
i nemici della pace non sono contenti della nostra vicinanza alla gente, meno che
meno del nostro messaggio che probabilmente destabilizza tutti coloro che invece vorrebbero
risolvere i problemi con le armi.
D. – Alcuni ritengono
che non si tratti di casi isolati di banditismo, quanto piuttosto di azioni premeditate.
Cosa ne pensa?
R. – Nous ne pouvons pas penser que
ce soient des cas isolés … Non possiamo pensare che si tratti di casi isolati,
perché il monastero è stato attaccato e il giorno dopo gli stessi banditi sono ritornati.
Penso che in realtà si voglia creare il panico; ma come è già stato detto, noi continueremo
a svolgere il nostro ruolo di Chiesa, continueremo sempre a parlare della pace, continueremo
sempre a privilegiare il dialogo: le armi non hanno mai risolto alcun problema in
alcun Paese al mondo!
D. – Sembra quasi che l’obiettivo
sia quello di indurre la popolazione ad abbandonare le proprie terre per rifugiarsi
nei campi profughi: c’è forse questo dietro a tutte queste violenze?
R.
– Nous pensons effectivement que on veut plutôt terroriser la population … Pensiamo
che vogliano terrorizzare la popolazione, attaccando prima di tutto quanto è sacro
per la gente: da queste azioni, la popolazione esce traumatizzata ed avvilita. Noi
abbiamo invitato la popolazione a non cedere al ricatto: non vogliamo inoltrarci sulla
strada del disordine e dello scontro perché quella è la strada delle armi. Abbiamo
chiesto alla popolazione di rimanere serena, di tenere gli occhi bene aperti, di essere
vigile nei quartieri e nelle strade e di non cedere alle provocazioni!
D.
– La Chiesa ha reagito a queste violenze con discorsi, con lettere rivolte al governo
ma anche con le marce per la pace …
R. – Bien sûr!
L’archevêque de Bukavu… Certamente! L’arcivescovo di Bukavu, mons. Rusengo,
ha detto – a chiunque lo volesse intendere – che la Chiesa s’inginocchia solo di fronte
ai Sacramenti, ma mai si prostrerà davanti alle violazioni provocate dal rumore delle
armi. Noi utilizziamo le armi a nostra disposizione, che sono la preghiera, e attraverso
la preghiera chiediamo che sia fatta giustizia. Ed io credo che la popolazione del
Sud Kivu sia convinta che se ancora sopravvive, probabilmente è perché Dio abita tra
di noi.
D. – La giustizia, il governo stanno cercando
i colpevoli con impegno reale?
R. – Le chef de l’Etat
l’a promis; les services de l’ordre sont a l’œuvre. … Il capo dello Stato
l’ha promesso; i servizi di polizia sono al lavoro. Aspettiamo i risultati.