2009-12-16 15:03:58

Benedetto XVI all'udienza generale: preoccupante scollamento in alcuni Paesi tra ragione e libertà con il rischio di una dittatura del relativismo


Nella nostra epoca si assiste a un preoccupante “scollamento” tra la ragione, che ha il compito di “scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana”, e la “libertà che ha il dovere di promuoverli”. All’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI, davanti a circa novemila persone Benedetto XVI è tornato a parlare della “dittatura del relativismo” sulla base degli scritti di un antico teologo del Medioevo, Giovanni di Salisbury. Il Papa ha ribadito che il vero sviluppo di una società non è un “prodotto” dell’uomo, ma ha la sua radice nel piano d’amore di Dio sulle sue creature. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Novecento anni fa, un importante pensatore del Medioevo, il vescovo di Chartres, Giovanni di Salisbury - vissuto tra il 1100 e il 1180 - affermava che le leggi umane e l’agire politico dovrebbero conformarsi alla legge naturale che attribuisce a ogni persona diritti inalienabili, i quali “in nessun caso” possono “essere abrogati”. Tuttavia, ha constatato Benedetto XVI, un millennio di consapevolezza non ha sempre prodotto quel grado di rispetto per l’uomo come il ricorso ad aborto, eutanasia e sperimentazioni genetiche, o gli attacchi alla dignità della famiglia oggi spesso evidenziano. Se nella sua Caritas in veritate, il Papa affermava che l’azione sociale e politica non deve essere “mai sganciata dalla verità oggettiva sull’uomo e sulla sua dignità, secondo Giovanni di Salisbury, ha rilevato il Pontefice...
 
“...esiste (…) anche una verità oggettiva e immutabile, la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana e che riguarda l’agire pratico e sociale. Si tratta di un diritto naturale, al quale le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune”. 
Una considerazione di stretta attualità, anche se purtroppo, ha osservato Benedetto XVI, di quella “equità” che per il vescovo medievale significava attribuire ad ogni persona i suoi diritti, oggi vi sono tracce spesso sbiadite:
 
“Nel nostro tempo, infatti, soprattutto in alcuni Paesi, assistiamo a uno scollamento preoccupante tra la ragione, che ha il compito di scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana, e la libertà, che ha la responsabilità di accoglierli e promuoverli”.  
“Forse - ha proseguito il Papa - Giovanni di Salisbury ci ricorderebbe oggi che sono conformi all’equità solo quelle leggi che tutelano la sacralità della vita umana e respingono la liceità dell’aborto, dell’eutanasia e delle disinvolte sperimentazioni genetiche, quelle leggi che rispettano la dignità del matrimonio tra l’uomo e la donna, che si ispirano a una corretta laicità dello Stato - laicità che comporta pur sempre la salvaguardia della libertà religiosa - e che perseguono la sussidiarietà e la solidarietà a livello nazionale e internazionale”:
 
“Diversamente, finirebbe per instaurarsi quella che Giovanni di Salisbury definisce la ‘tirannia del principe’ o, diremmo noi,‘la dittatura del relativismo’: un relativismo che, come ricordavo qualche anno fa, ‘non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie’”.  
E l’ombra del relativismo etico che produce tutto ciò si allunga di frequente anche sui mass media, con i loro messaggi lontani - ha notato il Papa - da quella “sapienza” della quale invece il mondo “ha urgente bisogno”: 
“Oggi, quella che Giovanni definiva ‘eloquenza’, cioè la possibilità di comunicare con strumenti sempre più elaborati e diffusi, si è enormemente moltiplicata. Tuttavia, rimane urgente la necessità di comunicare messaggi dotati di ‘sapienza’, ispirati cioè alla verità, alla bontà, alla bellezza. È questa una grande responsabilità, che interpella in particolare le persone che operano nell’ambito multiforme e complesso della cultura, della comunicazione, dei media”. 
Al contrario, ha concluso il Pontefice, è Dio, che è verità e Amore, la “fonte ultima” cui deve riferirsi ogni sfera dell’agire umano:
 
“Questo principio è assai importante per la società e per lo sviluppo, in quanto né l'una né l'altro possono essere solo prodotti umani; la stessa vocazione allo sviluppo delle persone e dei popoli non si fonda su una semplice deliberazione umana, ma è inscritta in un piano che ci precede, e che costituisce per tutti noi un dovere che deve essere liberamente accolto (…) perché nasca la giustizia. Ma possiamo trovarlo e accoglierlo solo con un cuore, una volontà, una ragione purificati nella luce di Dio”. 
Al momento dei saluti finali, Benedetto XVI ne ha indirizzato uno in particolare ai partecipanti al pellegrinaggio promosso dall’associazione “Fraternità”, accompagnati dal cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e dal vescovo di Crema, Oscar Cantoni. “Li incoraggio - ha detto il Papa - a testimoniare con crescente impegno i valori dell’accoglienza e della solidarietà, specialmente verso i bambini e le famiglie più provate”.







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