2009-12-15 15:44:30

Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace: il mondo avrà pace se gli uomini custodiranno responsabilmente il creato, dono di Dio a tutti


Il “rispetto del creato”, e la sua difesa dalla noncuranza o dagli abusi dei quali spesso l’ambiente è vittima, è oggi “essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità”. E’ la tesi di fondo che Benedetto XVI afferma e articola nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2010, intitolato “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” e presentato questa mattina in Sala Stampa vaticana. In 14 punti, il Papa entra nel merito delle problematiche politico-finanziarie dominate dalla crisi, ma anche delle relazioni tra nazioni ricche e povere e dei comportamenti collettivi o singoli, che mettono a rischio la salute del pianeta. E lancia un appello per un governo responsabile e condiviso dell’ambiente e delle sue risorse, nel rispetto di quel creato che porta impressa in sé l’immagine di Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis: RealAudioMP3

La prima cosa che colpisce sta nel titolo, nella scelta del “tu” piuttosto che di un generico plurale, a sottolineare che il succo del discorso sta nell’assunzione personale di una responsabilità dalla quale, afferma Benedetto XVI a più riprese, nessuno - né Stato né individuo, né ricco né povero - può sentirsi sollevato o estraneo: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Inoltre, nel titolo del Messaggio il Papa lega in rapporto di causa-effetto due aspetti che all’apparenza non appaiono vincolati: la pace nel mondo e la cura dell’ambiente. Al contrario, spiega il Pontefice, i documenti della Chiesa dimostrano che da oltre 100 anni i Papi hanno compreso e messo in luce questa connessione. Lo aveva fatto Leone XIII con la sua celebre Rerum Novarum, lo aveva ribadito Paolo VI scrivendo chiaramente: se l’uomo spadroneggia sulla natura piuttosto che governarla, “rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima” di un tale degrado. E Giovanni Paolo II già 20 anni fa osservava: “Si avverte ai nostri giorni la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia minacciata... anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura”. Perché questo legame?
 
Benedetto XVI lo dimostra chiamando anzitutto in causa una nuova categoria, tipica della nostra epoca, quella dei “profughi ambientali”. Come trascurare, si chiede, queste “persone che, a causa del degrado dell'ambiente in cui vivono, lo devono lasciare - spesso insieme ai loro beni - per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato?”. E ancora: “Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all'accesso alle risorse naturali?”. Se a ciò si aggiungono, osserva il Papa, “le problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l'inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l'aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali”, è chiaro - afferma - che siamo di fronte a “questioni che hanno un profondo impatto sull'esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all'alimentazione, alla salute, allo sviluppo”. “Saggio è, pertanto - suggerisce il Pontefice - operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell'economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni”.
 
E qui il Papa entra nel merito delle situazioni contingenti. Le crisi che oggi l’umanità patisce, che siano esse economiche o ambientali, alimentari o sociali, “sono in fondo - sostiene Benedetto XVI - anche crisi morali collegate tra loro”. Il problema sta nel cuore dell’uomo che, spiega, “perdendo il senso del mandato di Dio”, ha finito per rapportarsi al creato come “sfruttatore”, come dominatore “assoluto”, tiranneggiando la natura piuttosto che governarla. La riprova, per il Pontefice, sta in quella massa di persone che, “in diversi Paesi e regioni del pianeta, sperimenta crescenti difficoltà a causa della negligenza o del rifiuto, da parte di tanti, di esercitare un governo responsabile sull'ambiente”. Molti dimenticano che “l'eredità del creato” appartiene “all'intera umanità” e oggi sfruttano le risorse della terra a un “ritmo”, stigmatizza Benedetto XVI, che ne mette “seriamente in pericolo la disponibilità”, non solo “per la generazione presente, ma soprattutto per quelle future”. “Non è difficile allora - incalza il Papa - costatare che il degrado ambientale è spesso il risultato della mancanza di progetti politici lungimiranti o del perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano, purtroppo, in una seria minaccia per il creato”.
 
Al contrario, ripete il Pontefice, “quando ci si avvale delle risorse naturali, occorre preoccuparsi della loro salvaguardia, prevedendone anche i costi - in termini ambientali e sociali - da valutare come una voce essenziale degli stessi costi dell'attività economica”. E, aggiunge, “compete alla comunità internazionale e ai governi nazionali dare i giusti segnali per contrastare in modo efficace quelle modalità d'utilizzo dell'ambiente che risultino ad esso dannose”. Una battaglia che va combattuta con “norme ben definite anche dal punto di vista giuridico ed economico” e soprattutto con quella “solidarietà dovuta a quanti abitano le regioni più povere della terra e alle future generazioni”. Solidarietà, insiste Benedetto XVI, che va intesa in sia senso “intergenerazionale” - che porta cioè ad assumersi la responsabilità verso le generazioni future - sia in senso “intragenerazionale”, specialmente - dice il Pontefice – “nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e quelli altamente industrializzati”. E questo perché, asserisce, occuparsi dell'ambiente richiede “una visione larga e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata sull'egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità di tutti i popoli”. Ma con una distinzione. Se infatti, asserisce il Papa, è “importante riconoscere, fra le cause dell'attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati”, quelli “meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti”.
 
La parte restante del Messaggio, Benedetto XVI la dedica in parte all’importanza della ricerca scientifica e tecnologica, perché favorisca un “sistema di gestione delle risorse della terra meglio coordinato a livello internazionale”, indicando “soluzioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l’uomo e l’ambiente”. Bisogna incoraggiare, elenca il Pontefice, le ricerche sull’energia solare, fare attenzione alla questione dell’acqua su scala planetaria, esplorare “appropriate strategia di sviluppo rurale” come pure “idonee politiche per la gestione dello foreste, per lo smaltimento dei rifiuti”, il “contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà”. In particolare, il Papa indica come “indispensabile” il mutamento degli “stili di vita”, dei “modelli di consumo e di produzione” attuali e invita istituzioni a vario livello, soggetti della società civili e ong a lavorare per un cambio di mentalità in direzione di una “responsabilità ecologica”.
 
La Chiesa, assicura Benedetto XVI, è in prima linea nel campo della sensibilizzazione e della formazione delle coscienze in questo senso, perché - si legge nel Messaggio - “quando l'’ecologia umana’ è rispettata dentro la società, anche l'ecologia ambientale ne trae beneficio". C’è una “grammatica” nella creazione e la Chiesa - invita a rispettarla: è la grammatica per cui da Dio, e attraverso la Croce del Cristo, lo Spirito guida la storia e gli uomini verso il giorno in cui “verranno inaugurati nuovi cieli e una terra nuova”. E’ in questa visione si comprende meglio l’auspicio concreto del Papa, quando chiede “l'adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell'essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza”. Virtù, conclude, “che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani”.







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