Dall’Iraq ancora notizie di attacchi alla comunità cristiana. Stamani una persona
ha perso la vita e oltre 30 sono rimaste ferite nell’esplosione a Mossul, nel nord
del Paese, di tre potenti ordigni. Nel mirino dei terroristi la chiesa siriaco-cattolica
della Vergine Maria, che ha subito lievi danni nella deflagrazione di due autobomba,
mentre una terza esplosione ha investito la chiesa siriaca-ortodossa della Purezza
con la vicina scuola cristiana. Altri tre attentati sono avvenuti nel centro di Baghdad
con un bilancio di tre morti e 14 feriti. Per un commento su questa nuova ondata di
attentati, Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente don Renato Sacco,
consigliere nazionale di Pax Christi, appena rientrato dall’Iraq:
R. – Credo
che sia da leggere come prima motivazione guardando agli interessi di potere legati
alle elezioni fissate per il 7 marzo prossimo, con la spartizione di potere con minoranze
portate con la forza ad allinearsi con qualche potere. La seconda cosa è sicuramente
nella spartizione del petrolio: in questi giorni ci sono in corso grandi appalti,
qualcuno vorrebbe avere fuori dai piedi le minoranze e forse qui entra anche la motivazione
religiosa di fare una città etnicamente pulita – Mossul – per potere decidere liberamente.
Io credo che sia un invito anche per noi a prepararci al Natale con una speranza vera,
senza dimenticare chi vive queste violenze. Loro ci chiedono: “Non dimenticateci:
la sensazione è che a volte siamo soli!”.
D. – Secondo
lei, perché questi attentati cercano di colpire la storica prerogativa dell’Iraq,
cioè la pacifica convivenza – da sempre – di etnie e di religioni diverse?
R.
– L’Iraq, di fatto, è la culla non solo della civiltà ma anche di questa convivenza
secolare di religioni, di etnie, di culture diverse. Voler distruggere questo, credo
sia voler distruggere l’Iraq. Sicuramente qualcuno ha questo progetto diabolico! Credo
che dobbiamo leggere questo davvero come un richiamo per noi a sostenere chi è là
– cristiani, musulmani, tutte le minoranze che ci sono – perché possano resistere
e continuare. Se viene meno questa compresenza cristiana, chi ci rimette non sono
solo i cristiani che fuggono o che vengono uccisi, ma ci rimette tutto l’Iraq, e come
un’onda lunga ci rimette anche l’Occidente: pagheremo anche noi questo clima di sconfitta
della convivenza. Quindi potremmo dire che è anche interesse nostro impegnarci di
più perché in Iraq continui la convivenza e cresca la pace.