Il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace: il creato, dono di Dio
a tutti, non va assolutizzato né abusato. Il rischio è l'autodistruzione dell'uomo.
Testo integrale
Il creato è un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità
verso l’umanità intera: è quanto scrive il Papa nel Messaggio per la 43.ma Giornata
Mondiale della Pace che si svolgerà il primo gennaio 2010 sul tema: “Se vuoi coltivare
la pace, custodisci il creato”. Benedetto XVI sottolinea che “quando la natura e,
in primo luogo, l'essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o
del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza
della responsabilità”. Ha spiegato che l’attuale crisi ecologica è originata da una
crisi culturale e morale dell’uomo che rischia di distruggere se stesso. Ha lanciato
un forte appello ad una solidarietà inter-generazionale e tra Paesi ricchi e Paesi
poveri ricordando che i beni della terra sono destinati da Dio a tutta l’umanità.
“E’ importante riconoscere fra le cause dell'attuale crisi ecologica – ha rilevato
– la responsabilità storica dei Paesi industrializzati. I Paesi meno sviluppati e,
in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità
rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali
efficaci appartiene a tutti”. Ha auspicato un più efficace sfruttamento dell’energia
solare, la soluzione del problema dell’acqua, un mondo privo di armi nucleari. Occorre
cambiare stili di vita, essere più sobri e solidali – ha spiegato – uscire dalla logica
del mero consumo. Poi il Papa ha invitato a non assolutizzare la natura, né ritenerla
più importante della stessa persona. Nello stesso tempo non va fatto l’errore contrario:
tiranneggiarla assolutizzando la tecnica e il potere umano. Dio ha affidato all’uomo
“il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve
certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare” Quindi ha concluso: “Illuminati
dalla divina Rivelazione e seguendo la Tradizione della Chiesa, i cristiani offrono
il proprio apporto. Essi considerano il cosmo e le sue meraviglie alla luce dell'opera
creatrice del Padre e redentrice di Cristo, che, con la sua morte e risurrezione,
ha riconciliato con Dio ‘sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno
nei cieli’ (Col 1,20). Il Cristo, crocifisso e risorto, ha fatto dono all'umanità
del suo Spirito santificatore, che guida il cammino della storia, in attesa del giorno
in cui, con il ritorno glorioso del Signore, verranno inaugurati ‘nuovi cieli e una
terra nuova’ (2 Pt 3,13), in cui abiteranno per sempre la giustizia e la pace”. Ecco
il testo integrale del Messaggio:
1. IN OCCASIONE DELL'INIZIO
DEL NUOVO ANNO, desidero rivolgere i più fervidi auguri di pace a tutte le comunità
cristiane, ai responsabili delle Nazioni, agli uomini e alle donne di buona volontà
del mondo intero. Per questa ho scelto il tema: Se vuoi coltivare la pace, custodisci
il creato. Il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché " la creazione
è l'inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio " e la sua salvaguardia diventa
oggi essenziale per la pacifica convivenza dell'umanità. Se, infatti, a causa della
crudeltà dell'uomo sull'uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e
sull'autentico sviluppo umano integrale - guerre, conflitti internazionali e regionali,
atti terroristici e violazioni dei diritti umani -, non meno preoccupanti sono le
minacce originate dalla noncuranza - se non addirittura dall'abuso - nei confronti
della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile
che l'umanità rinnovi e rafforzi " quell'alleanza tra essere umano e ambiente, che
deve essere specchio dell'amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale
siamo in cammino ". 2. Nell' Enciclica Caritas in veritate
ho posto in evidenza che lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri
derivanti dal rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale, considerato come un dono
di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l'umanità intera,
in special modo verso i poveri e le generazioni future. Ho notato, inoltre, che quando
la natura e, in primo luogo, l'essere umano vengono considerati semplicemente frutto
del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza
della responsabilità. Ritenere, invece, il creato come dono di Dio all'umanità ci
aiuta a comprendere la vocazione e il valore dell'uomo. Con il Salmista, pieni di
stupore, possiamo infatti proclamare: " Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue
dita, la luna e le stelle che hai fissato, che cosa è mai l'uomo perché di lui ti
ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi? " (Sal 8,4-5). Contemplare la bellezza
del creato è stimolo a riconoscere l'amore del Creatore, quell'Amore che " move il
sole e l'altre stelle ". 3. Vent'anni or sono, il Papa Giovanni
Paolo II, dedicando il Messaggio della Giornata Mondiale della Pace al tema Pace con
Dio creatore, pace con tutto il creato, richiamava l'attenzione sulla relazione che
noi, in quanto creature di Dio, abbiamo con l'universo che ci circonda. " Si avverte
ai nostri giorni - scriveva - la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia
minacciata... anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura ". E aggiungeva
che la coscienza ecologica " non deve essere mortificata, ma anzi favorita, in modo
che si sviluppi e maturi, trovando adeguata espressione in programmi ed inizia-tive
concrete ". Già altri miei Predecessori avevano fatto riferimento alla rela-zione
esistente tra l'uomo e l'ambiente. Ad esempio, nel 1971, in occasione dell'ottantesimo
anniversario dell'Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, Paolo VI ebbe a sottolineare
che " attraverso uno sfruttamento sconsiderato del-la natura, (l'uomo) rischia di
distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione ". Ed aggiunse
che in tal caso " non soltanto l'ambiente materiale diventa una minaccia permanente:
inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto
umano, che l'uomo non pa-droneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che
potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l'intera
famiglia umana ". 4. Pur evitando di entrare nel merito di
specifiche soluzioni tecniche, la Chiesa, " esperta in umanità ", si premura di richiamare
con forza l'attenzione sulla relazione tra il Creatore, l'essere umano e il creato.
Nel 1990, Giovanni Paolo II parlava di " crisi ecologica " e, rilevando come questa
avesse un carattere prevalentemente etico, indicava l'" urgente necessità morale di
una nuova solidarietà ". Questo appello si fa ancora più pressante oggi, di fronte
alle crescenti manifestazioni di una crisi che sarebbe irresponsabile non prendere
in seria considerazione. Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che
derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado
e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l'inquinamento dei fiumi e delle
falde acquifere, la perdita della biodiversità, l'aumento di eventi naturali estremi,
il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente
fenomeno dei cosiddetti " profughi ambientali ": persone che, a causa del degrado
dell'ambiente in cui vivono, lo devono lasciare - spesso insieme ai loro beni - per
affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato? Come non reagire
di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all'accesso alle risorse
naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull'esercizio dei diritti
umani, come ad esempio il diritto alla vita, all'alimentazione, alla salute, allo
sviluppo. 5. Va, tuttavia, considerato che la crisi ecologica
non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente
connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell'uomo e delle sue relazioni
con i suoi simili e con il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda
e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell'economia
e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige lo stato
di salute ecologica del pianeta; lo richiede anche e soprattutto la crisi culturale
e morale dell'uomo, i cui sintomi sono da tempo evidenti in ogni parte del mon-do.
L'umanità ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale; ha bisogno di riscoprire
quei valori che costituiscono il solido fondamento su cui costruire un futuro migliore
per tutti. Le situazioni di crisi, che attualmente sta attraversando - siano esse
di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale -, sono, in fondo, anche
crisi morali collegate tra di loro. Esse obbligano a riprogettare il comune cammino
degli uomini. Obbligano, in particolare, a un modo di vivere improntato alla sobrietà
e alla solidarietà, con nuove regole e forme di impegno, puntando con fiducia e coraggio
sulle esperienze positive compiute e rigettando con decisione quelle negative. Solo
così l'attuale crisi di-venta occasione di discernimento e di nuova progettualità.
6. Non è forse vero che all'origine di quella che, in senso
cosmico, chiamiamo " natura ", vi è " un disegno di amore e di verità "? Il mondo
" non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso...
Il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare
le crea-ture al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà ". Il Libro della
Genesi, nelle sue pagine iniziali, ci riporta al progetto sapiente del cosmo, frutto
del pensiero di Dio, al cui vertice si collocano l'uomo e la donna, creati ad immagi-ne
e somiglianza del Creatore per " riempire la terra " e " dominarla " come " amministratori
" di Dio stesso (cfr Gen 1,28). L'armonia tra il Creatore, l'umanità e il creato,
che la Sacra Scrittura descrive, è stata infranta dal peccato di Adamo ed Eva, dell'uomo
e della donna, che hanno bramato occupare il posto di Dio, rifiutando di riconoscersi
come sue creature. La conseguenza è che si è distorto anche il compito di " dominare
" la terra, di " coltivarla e custodirla " e tra loro e il resto della creazione è
nato un conflitto (cfr Gen 3,17-19). L'essere umano si è lasciato dominare dall'egoismo,
perdendo il senso del mandato di Dio, e nella relazione con il creato si è comportato
come sfruttatore, volendo esercitare su di esso un dominio assoluto. Ma il vero significato
del comando iniziale di Dio, ben evidenziato nel Libro della Genesi, non consisteva
in un semplice conferimento di autorità, bensì piuttosto in una chiamata alla responsabilità.
Del resto, la saggezza degli antichi riconosceva che la natura è a nostra disposizione
non come " un mucchio di rifiuti sparsi a caso ", mentre la Rivelazione biblica ci
ha fatto comprendere che la natura è dono del Creatore, il quale ne ha disegnato gli
ordinamenti intrinseci, affinché l'uomo possa trarne gli orientamenti doverosi per
" custodirla e coltivarla " (cfr Gen 2,15). Tutto ciò che esiste appartiene a Dio,
che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente. E quando
l'uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce,
finisce col provocare la ribellione della natura, " piuttosto tiranneggiata che governata
da lui ". L'uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della
creazione, custodendola e coltivandola. 7. Purtroppo, si deve
constatare che una moltitudine di persone, in diversi Paesi e regioni del pianeta,
sperimenta crescenti difficoltà a causa della negligenza o del rifiuto, da parte di
tanti, di esercitare un governo responsabile sull'ambiente. Il Concilio Ecumenico
Vaticano II ha ricordato che " Dio ha de-stinato la terra e tutto quello che essa
contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli ". L'eredità del creato
appartiene, pertanto, all'intera umanità. Invece, l'attuale ritmo di sfruttamento
mette seriamente in pericolo la disponibi-lità di alcune risorse naturali non solo
per la generazione presente, ma soprattutto per quelle future. Non è difficile allora
costatare che il degrado ambientale è spesso il risultato della mancanza di progetti
politici lungimiranti o del perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano,
purtroppo, in una seria minaccia per il creato. Per contrastare tale fenomeno, sulla
base del fatto che " ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale
", è anche necessario che l'attività economica rispetti maggiormente l'ambiente.
Quando ci si avvale delle risorse naturali, occorre preoccuparsi della loro salvaguardia,
prevedendone anche i costi - in termini ambientali e sociali -, da valutare come una
voce essenziale degli stessi costi dell'attività economica. Compete alla comunità
internazionale e ai governi nazionali dare i giusti segnali per contrastare in modo
efficace quelle modalità d'utilizzo dell'ambiente che risultino ad esso dannose. Per
proteggere l'ambiente, per tutelare le risorse e il clima occorre, da una parte, agire
nel rispetto di norme ben definite anche dal punto di vista giuridico ed economico,
e, dall'altra, tenere conto della solidarietà dovuta a quanti abitano le regioni più
povere della terra e alle future generazioni. 8. Sembra infatti
urgente la conquista di una leale solidarietà inter-generazionale. I costi derivanti
dall'uso delle risorse ambientali comuni non possono essere a carico delle generazioni
future: " Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei,
noi abbiamo degli obblighi verso tutti e non possiamo disinteressarci di coloro che
verranno dopo di noi ad ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà
universale, ch'è un fatto e per noi un beneficio, è altresì un dovere. Si tratta di
una respon-sabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future,
una responsabilità che appartiene anche ai singoli Stati e alla Comunità internazionale
". L'uso delle risorse naturali dovrebbe essere tale che i vantaggi immediati non
comportino conseguenze negative per gli esseri viventi, umani e non umani, presenti
e a venire; che la tutela della proprietà privata non ostacoli la destinazione universale
dei beni; che l'intervento dell'uomo non comprometta la fecondità della terra, per
il bene di oggi e per il bene di domani. Oltre ad una leale solidarietà inter-generazionale,
va ribadita l'urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intra-generazionale,
specialmente nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e quelli altamente industrializzati:
" la comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali
per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione
anche dei Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro ". La crisi ecologica
mostra l'urgenza di una solidarietà che si proietti nello spazio e nel tempo. È infatti
importante riconoscere, fra le cause dell'attuale crisi ecologica, la responsabilità
storica dei Paesi industrializzati. I Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli
emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato,
perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene
a tutti. Ciò potrebbe realizzarsi più facilmente se vi fossero calcoli meno interessati
nell'assistenza, nel trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie più pulite. 9.
È indubbio che uno dei principali nodi da affrontare, da parte della comu-nità internazionale,
è quello delle risorse energetiche, individuando strategie condivise e sostenibili
per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future.
A tale scopo, è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte
a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno
di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre
promuovere la ricerca e l'applicazione di energie di minore impatto ambientale e la
" ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi
che ne sono privi possano accedervi ". La crisi ecologica, dunque, offre una storica
opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di
sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno
sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico,
pertanto, l'adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell'essere
umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla
consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù
che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani.
10. Per guidare l'umanità verso una gestione complessivamente sostenibile
dell'ambiente e delle risorse del pianeta, l'uomo è chiamato a impiegare la sua intelligenza
nel campo della ricerca scientifica e tecnologica e nell'applicazione delle scoperte
che da questa derivano. La " nuova solidarietà ", che Giovanni Paolo II propose nel
Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990, e la " solidarietà globale
", che io stesso ho richiamato nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del
2009, risultano essere atteggiamenti essenziali per orientare l'impegno di tutela
del creato, attraverso un sistema di gestione delle risorse della terra meglio coordinato
a livello internazionale, soprattutto nel momento in cui va emergendo, in maniera
sempre più evidente, la forte interrelazione che esiste tra la lotta al degrado ambientale
e la promozione dello sviluppo umano integrale. Si tratta di una dinamica imprescindibile,
in quanto " lo sviluppo integrale dell'uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale
dell'umanità ". Tante sono oggi le opportunità scientifiche e i potenziali percorsi
innovativi, grazie ai quali è possibile fornire soluzioni soddisfacenti ed armoniose
alla relazione tra l'uomo e l'ambiente. Ad esempio, occorre incoraggiare le ricerche
volte ad individuare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità
dell'energia solare. Altrettanta attenzione va poi rivolta alla questione ormai planetaria
dell'acqua ed al sistema idrogeologico globale, il cui ciclo riveste una primaria
importanza per la vita sulla terra e la cui stabilità rischia di essere fortemente
minacciata dai cambiamenti climatici. Vanno altresì esplorate appropriate strategie
di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie, come
pure occorre approntare idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento
dei rifiuti, per la valorizzazione delle sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti
climatici e la lotta alla povertà. Occorrono politiche nazionali ambiziose, completate
da un necessario impegno internazionale che apporterà importanti benefici soprattutto
nel medio e lungo termine. È necessario, insomma, uscire dalla logica del mero consumo
per promuovere forme di produzione agricola e industriale rispettose dell'ordine della
creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti. La questione ecologica non
va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila
all'orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un'autentica solidarietà
a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene
comune. D'altronde, come ho già avuto modo di ricordare, " la tecnica non è mai solo
tecnica. Essa manifesta l'uomo e le sue aspirazioni allo sviluppo; esprime la tensione
dell'animo umano al graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La tecnica,
pertanto, si inserisce nel mandato di "coltivare e custodire la terra" (cfr Gen 2,15),
che Dio ha affidato all'uomo, e va orientata a rafforzare quell'alleanza tra essere
umano e ambiente che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio ". 11.
Appare sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i
comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione
attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale
e finanche economico. Si rende ormai indispensabi-le un effettivo cambiamento di mentalità
che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita " nei quali la ricerca del vero,
del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune
siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti
". Sempre più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio
raggio a livello per-sonale, familiare, comunitario e politico. Tutti siamo responsabili
della protezione e della cura del creato. Tale responsabilità non conosce frontiere.
Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che ciascuno si impegni al livello
che gli corrisponde, operando affinché venga superata la prevalenza degli interessi
particolari. Un ruolo di sensibilizzazione e di formazione spetta in particolare ai
vari soggetti della società civile e alle Organizzazioni non-governative, che si prodigano
con determinazione e generosità per la diffusione di una responsabilità ecologica,
che dovrebbe essere sempre più ancorata al rispetto dell' " ecologia umana ". Occorre,
inoltre, richiamare la responsabilità dei media in tale ambito, proponendo modelli
positivi a cui ispirarsi. Occuparsi dell'ambiente richiede, cioè, una visione larga
e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata
sull'egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità
di tutti i popoli. Non si può rimanere indifferenti a ciò che accade intorno a noi,
perché il deterioramento di qualsiasi parte del pianeta ricadrebbe su tutti. Le relazioni
tra persone, gruppi sociali e Stati, come quelle tra uomo e ambiente, sono chiamate
ad assumere lo stile del rispetto e della " carità nella verità ". In tale ampio contesto,
è quanto mai auspicabile che trovino efficacia e corrispondenza gli sforzi della comunità
internazionale volti ad ottenere un progressivo disarmo ed un mondo privo di armi
nucleari, la cui sola presenza minaccia la vita del pianeta e il processo di sviluppo
integrale dell'umanità presente e di quella futura. 12. La Chiesa
ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare, anche in ambito
pubblico, per difendere la terra, l'acqua e l'aria, doni di Dio Creatore per tutti,
e, anzitutto, per proteggere l'uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso.
Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella
la convivenza umana, per cui " quando l'"ecologia umana" è rispettata dentro la società,
anche l'ecologia ambientale ne trae beneficio ". Non si può domandare ai giovani
di rispettare l'ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare
se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell'ambiente come su quello
dell'etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l'ambiente derivano da
quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Volentieri,
pertanto, incoraggio l'educazione ad una responsabilità ecologica, che, come ho indicato
nell'Enciclica Caritas in veritate, salvaguardi un'autentica " ecologia umana " e,
quindi, affermi con rinnovata convinzione l'inviolabilità della vita umana in ogni
sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l'insostituibile missione
della famiglia, nella quale si educa all'amore per il prossimo e al rispetto della
natura. Occorre salvaguardare il patrimonio umano della società. Questo patrimonio
di valori ha la sua origine ed è iscritto nella legge morale naturale, che è fondamento
del rispetto della persona umana e del creato. 13. Non va infine
dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace,
si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto con-tatto con la bellezza
e l'armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di recipro-cità: nel prenderci cura
del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D'altra
parte, una corretta concezione del rapporto dell'uomo con l'ambiente non porta ad
assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona. Se il
Magistero della Chiesa esprime perplessi-tà dinanzi ad una concezione dell'ambiente
ispirata all'ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina
la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi.
In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l'identità e il ruolo superiore dell'uomo,
favorendo una vi-sione egualitaristica della " dignità " di tutti gli esseri viventi.
Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare
dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l'uomo.
La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto
della " grammatica " che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all'uomo
il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve
certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria
di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave
attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana. 14.
Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. La ricerca della pace da parte di
tutti gli uomini di buona volontà sarà senz'altro facilitata dal comune riconoscimento
del rapporto inscindibile che esiste tra Dio, gli esseri umani e l'intero creato.
Illuminati dalla divina Rivelazione e seguendo la Tradizione della Chiesa, i cristiani
offrono il proprio apporto. Essi considerano il cosmo e le sue meraviglie alla luce
dell'opera creatrice del Padre e redentrice di Cristo, che, con la sua morte e risurrezione,
ha riconciliato con Dio " sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno
nei cieli " (Col 1,20). Il Cristo, crocifisso e risorto, ha fatto dono all'umanità
del suo Spirito santificatore, che guida il cammino della storia, in attesa del giorno
in cui, con il ritorno glorioso del Signore, verranno inaugurati " nuovi cieli e una
terra nuova " (2 Pt 3,13), in cui abiteranno per sempre la giustizia e la pace. Proteggere
l'ambiente naturale per costruire un mondo di pace è, pertanto, dovere di ogni persona.
Ecco una sfida urgente da affrontare con rinnovato e corale impegno; ecco una prov-videnziale
opportunità per consegnare alle nuove generazioni la prospettiva di un futuro migliore
per tutti. Ne siano consapevoli i responsabili delle nazioni e quanti, ad ogni livello,
hanno a cuore le sorti dell'umanità: la salvaguardia del creato e la realizzazione
della pace sono realtà tra loro intimamente connesse! Per questo, invito tutti i credenti
ad elevare la loro fervida preghiera a Dio, onnipotente Creatore e Padre misericordioso,
affinché nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuoni, sia accolto e vissuto il
pressante appello: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. Dal
Vaticano, 8 dicembre 2009 Catechismo della Chiesa
Cattolica, 198. Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale
della Pace 2008, 7. Cfr n. 48. Dante
Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, 145. Messaggio
per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 1. Lett. ap. Octogesima
adveniens, 21. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace,
10. Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 32. Catechismo
della Chiesa Cattolica, 295. Eraclito di Efeso (535 a.C. ca.
– 475 a.C. ca.), Frammento 22B124, in H. Diels-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker,
Weidmann, Berlin 19526. Cfr Benedetto
XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 48. Giovanni Paolo II,
Lett. enc. Centesimus annus, 37. Cfr Benedetto XVI, Lett. enc.
Caritas in veritate, 50. Cost. Past. Gaudium et spes, 69. Cfr
Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34. Benedetto
XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 37. Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 467;
cfr Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 17. Cfr Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 30-31.43. Benedetto
XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 49. Ibid. Cfr
San Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 49, 5. Cfr n. 9. Cfr
n. 8. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 43. Lett.
enc. Caritas in veritate, 69. Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 36. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in
veritate, 51. Cfr ibid., 15.51. Cfr
ibid., 28.51.61; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 38.39. Cfr
Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 70.