2009-12-14 15:09:37

Tensioni al Vertice di Copenaghen sul clima tra Paesi ricchi e Stati africani


Dopo una settimana di lavori tecnici, a Copenhagen si entra nell’ufficialità, con l’arrivo al Bella Center dei ministri dei Paesi partecipanti, impegnati a produrre una bozza d’accordo da sottoporre all’attenzione dei “grandi” della Terra, che giungeranno nella capitale danese tra il 17 ed il 18 dicembre. Il servizio è di Salvatore Sabatino.RealAudioMP3

Una seconda fase ricca di tensione. In mattinata, infatti, si è consumata una prima vera rottura: diverse nazioni africane hanno abbandonato i gruppi di lavoro, accusando i Paesi ricchi di voler far naufragare il Protocollo di Kyoto. “Una rottura sul processo e sul metodo” - la definisce il ministro australiano per la Lotta al cambiamento climatico, Penny Wong - “ ma non sulla sostanza”, lasciando intendere che, comunque, l’obiettivo comune resta il “salvare il pianeta dal riscaldamento globale”. E’ invece sul taglio delle emissioni di gas serra che si gioca la battaglia di Copenhagen, ossia sulle cifre degli impegni economici da assumere nei confronti delle economie emergenti. E le delegazioni, in testa quella danese, sono tutte al lavoro per far rientrare lo strappo. L’impasse potrebbe essere, dunque, superata a breve. Ed oggi sono arrivati alla grande platea del Bella Center anche i principi etici e la voce della fede: una manifestazione di Caritas Internationalis e del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che prende in esame le varie prospettive a dimensione confessionale, concernenti politiche e strategie orientate alla giustizia climatica. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Paolo Beccegato, responsabile del settore internazionale della Caritas Italiana:
 
R. - Quello che si chiede, al di là delle aspettative politiche, è che questo vertice abbia la capacità di lungimiranza: cioè, non guardare solamente ai costi immediati che vengono richiesti ai governi, e a tutti in fin dei conti, pcosì da non considerare il beneficio che si avrà nel medio e lungo periodo. Quindi, la prima considerazione di carattere generale è quella di una sorta di saggezza politica e complessiva che viene chiesta a tutti i leaders che sono in un momento di svolta epocale nella storia dell’umanità, possiamo definirla così.
 
D. - Secondo lei, ci deve essere una ricaduta importante anche sul semplice cittadino in questo impegno che non può essere delegato soltanto ai governi dei grandi del mondo? E come si potrebbe manifestarlo?
 
R. - Bisogna prendere delle decisioni politiche che non siano solo, appunto, lo stanziare porzioni di badget pubblici per compiere determinate azioni in merito alla produzione di energia o alle grandi questioni che in qualche modo ci sovrastano. Queste decisioni pubbliche devono avere poi degli orientamenti, delle indicazioni precise anche per i consumi e per i comportamenti personali. Quando, per esempio, si è proceduto al cambiamento di tutti i liquidi - faccio l’esempio dei frigoferi per capirci e per parlare un linguaggio comprensibile a tutti - per ridurre il famoso buco dell’ozono, si è data un’indicazione all’industria. Alla fine, questa indicazione si è trasformata in produzione, in commercializzazione e nell’acquisto dei cittadini che poi piano, piano, hanno rinnovato i propri frigoferi che hanno poi permesso di ottenere dei risultati abbastanza buoni su quel fronte.







All the contents on this site are copyrighted ©.