Presidenziali in Cile: oltre 8 milioni e 200 mila i cittadini chiamati al voto
In Cile oltre 8 milioni e 200 mila cittadini chiamati alle urne, oggi, per scegliere
il successore della presidentessa, Michelle Bachelet. Secondo i sondaggi, l’alleanza
dei partiti di centro-sinistra, da 20 anni al potere, verrà sconfitta dalla destra
di Sebastian Pinera. Il cambio alla guida del Paese rappresenta, in ogni caso, la
definitiva consacrazione democratica del Cile o ci si scontrerà ancora una volta con
l’eredità di Pinochet? Roberta Rizzo lo ha chiesto a Luis Badilla, giornalista
ed esperto di America Latina.
R.
– Per certi versi il Paese è sostanzialmente riconciliato e vive in realtà una nuova
epoca della storia della sua vita, tanto che il candidato di destra che naturalmente
dovrebbe essere il continuatore di quello che fu il regime militare, non è affatto
così. Io direi che è un Paese che in questo modo consolida la sua vocazione democratica.
D. – L’attuale amministrazione di centrosinistra sembra
arrivata al capolinea?
R. – Naturalmente si trova di
fronte a numerose difficoltà, soprattutto per via della crisi economica internazionale
che ha colpito notevolmente il Cile in particolare per quanto riguarda l’occupazione.
Penso che questa proposta di centrosinistra, nella quale partecipano da vent’anni
il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana Cilena, abbia ancora un suo valore.
La candidatura di Sebastian Pinera, che sarebbe il vincitore del primo turno secondo
i sondaggi, è certamente una candidatura interessante nel senso che non rappresenta
una proposta di destra classica, bensì rappresenta una proposta rinnovata e tra l’altro
anche molto audace. Ha impostato una campagna elettorale originale, sfidando il centrosinistra
sul piano proprio di questi partiti e cioè sulle politiche sociali.
D.
– Perché l’ex presidente non si è ricandidata pur godendo di un grande consenso popolare?
R.
– Perché non è sostenitrice di questa tendenza, diffusa in tutta l’America Latina
negli ultimi anni, di questi presidenti che hanno voluto farsi rieleggere per una
seconda e addirittura per una terza volta, anche modificando la Carta Costituzionale.
Lei ha ritenuto – seppure secondo me l’avrebbe potuto fare, perché aveva i numeri
in Parlamento per farlo – di non modificare la Carta Costituzionale per una rielezione
ad un secondo mandato, proprio perché – ha aggiunto – il Paese si consolida democraticamente
nella misura in cui vengono rispettate le sue regole da parte di tutti e nessuno per
convenienze personali le deve aggiustare al fine di trarre un vantaggio tutto individuale.
D. – La Chiesa cilena cosa auspica?
R.
– La Chiesa cilena si è pronunciata su queste elezioni in diverse circostanze per
ribadire che è un dovere ed una responsabilità patriottica prendere parte alle decisioni
importanti che riguardano il futuro del Paese. In secondo luogo la Chiesa ha sempre
sottolineato il bisogno che chiunque vinca abbia a cuore l’uguaglianza. Il Paese è
colpito da un’iniquità sociale enorme, tanto che la Chiesa parla di un tavolo per
tutti, di una mensa per tutti.