Terza Domenica d'Avvento. Il Papa: l'invito alla gioia non è un messaggio alienante
ma profezia di salvezza e di riscatto
Nella terza Domenica di Avvento, la Chiesa celebra come ogni anno in questo periodo
la cosiddetta “Domenica gaudete”, la Domenica della gioia. E’ la frase di San
Paolo ai Filippesi, ripetuta nella liturgia, a offrirne il significato spirituale
quando afferma: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. Il Signore
è vicino”. Durante il suo Pontificato, Benedetto XVI ha sempre offerto spunti di riflessione
durante gli Angelus dedicati a questa particolare ricorrenza. Alessandro De Carolis
li ripropone in questo servizio:
(musica)
Il
cristiano è l’uomo della gioia e l’Avvento gliene fornisce la ragione perché - scrive
San Paolo - “il Signore è vicino”. Dunque, afferma Benedetto XVI all’Angelus del 16
dicembre 2007, la gioia cristiana...
“…scaturisce
pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel
dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane
anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel
profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida”. Anche
per le strade, specie delle nostre società occidentali, l’Avvento è un periodo di
gioia. Luminarie e addobbi, cibi e doni speciali assolvono puntualmente ogni anno
al bisogno umano di enfatizzare con i segni l’attesa di una grande festa, di crearne
l’atmosfera. E puntualmente ogni anno, la gioia spirituale del Dio che viene rischia
di essere un dettaglio sullo sfondo nel quadro di una più collettiva ed effervescente
gioia “mercantile”. Il Papa ne parla con chiarezza all’Angelus del 11 dicembre 2005:
“Nell’odierna
società dei consumi, questo periodo subisce purtroppo una sorta di ‘inquinamento’
commerciale, che rischia di alterarne l’autentico spirito, caratterizzato dal raccoglimento,
dalla sobrietà, da una gioia non esteriore ma intima”. Se
poi la gioia di superficie che scalda molti cuori non è nemmeno solo il frutto di
un entusiasmo momentaneo - l’euforia da festa - ma di un edonismo ricercato e perseguito
come stile di vita, la comprensione autentica del Natale diventa quasi impossibile.
Se “si fa della felicità un idolo - mette in guardia il Pontefice sempre all’Angelus
del 2007 - si sbaglia strada ed è veramente difficile trovare la gioia di cui parla
Gesù”:
“E’ questa, purtroppo, la proposta delle
culture che pongono la felicità individuale al posto di Dio, mentalità che trova un
suo effetto emblematico nella ricerca del piacere ad ogni costo, nel diffondersi dell’uso
di droghe come fuga, come rifugio in paradisi artificiali, che si rivelano poi del
tutto illusori”. Benedetto XVI
pensava in particolare ai giovani quando all’Angelus dell’anno prima, il 17 dicembre
2006, si era soffermato su questi stessi concetti, sul confondere la gioia dell’anima
con la fiammata di “un momento di ebbrezza”. E a coloro “che - osservava - hanno smarrito
il senso della vera gioia” del Natale, ne ribadiva il senso e la piena attualità:
“E’
proprio a chi è nella prova, ai ‘feriti della vita ed orfani della gioia’ che si rivolge
in modo privilegiato la Parola del Signore. L’invito alla gioia non è un messaggio
alienante, né uno sterile palliativo, ma, al contrario, é profezia di salvezza, appello
ad un riscatto che parte dal rinnovamento interiore”. La
terza Domenica di Avvento, allora, racconta di una gioia che non va tanto inseguita
o fabbricata, riempita di colori o di oggetti. E una gioia che non si fa desiderare
dall’uomo ma che lo raggiunge, gli si fa vicina dalla penombra di una stalla di Betlemme.
Perché, spiegava il Papa all’Angelus del 14 dicembre 2008...
”...la
‘vicinanza’ di Dio non è una questione di spazio e di tempo, bensì una questione di
amore: l’amore avvicina! Il prossimo Natale verrà a ricordarci questa verità fondamentale
della nostra fede e, dinanzi al Presepe, potremo assaporare la letizia cristiana,
contemplando nel neonato Gesù il volto del Dio che per amore si è fatto a noi vicino”. (musica)