Il summit di Copenhagen è intanto giunto alle battute finali della prima parte dei
lavori. Questo week end le delegazioni tecniche lasceranno il posto a quelle ministeriali,
che si troveranno sul tavolo una bozza di India, Cina, Brasile e Sud Africa, in cui
si confermano gli obiettivi del protocollo di Kyoto. Ed in queste ore gli occhi sono
tutti puntati sull’Europa. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
Il vertice
Onu sui cambiamenti climatici di Copenaghen si sta dimostrando un utile tavolo di
confronto internazionale, ma ripropone antiche contrapposizioni tra Paesi ricchi ed
in via di sviluppo. Qual è il ruolo della Santa Sede? Salvatore Sabatino ha girato
la domanda a mons. Celestino Migliore, osservatore permanente vaticano presso le Nazioni
Unite, a New York, a capo della delegazione della Santa Sede al vertice di Copenaghen.
Ascoltiamo:
R. – Negli ambiti
del negoziato, il contributo della Santa Sede va nel senso di promuovere e appoggiare
misure che si inseriscano nel principio della responsabilità comune ma differenziata,
e delle rispettive capacità dei Paesi nel far fronte alle misure di mitigazione e
adattamento ai cambiamenti climatici. In dettaglio, non si tratta solamente di stabilire
dei limiti alle emissioni di anidride carbonica, ma anche di garantire il mantenimento:
regolare le emissioni di gas serra, per quanto sia importante, non può però lasciare
nell’ombra altri tipi di inquinamento, forse ancora più dannoso. I fondi stanziati
per l’adattamento e la mitigazione nei Paesi in via di sviluppo dovrebbero coprire
progetti a corta ma anche a lunga scadenza, ed occorre metterli al riparo da ogni
corruzione.
D. – Qual è il messaggio che lei personalmente porterà a Copenaghen?
R.
– Un messaggio positivo e di speranza. I cambiamenti climatici non sono un problema
a parte, ma rientrano nel quadro più ampio della salvaguardia del Creato, e l’ambiente,
come dono di Dio, ha un valore proprio in quanto coltivato e curato – come ci dice
la Bibbia. D’altra parte, la degradazione dell’ecosistema e l’impatto dei cambiamenti
climatici sono sotto i nostri occhi: dobbiamo trovare soluzioni tempestive ed efficaci.
E per essere credibili e meritare la fiducia della gente, occorre affinare il rapporto
tra scienza e politica, tra verità e politica. E’ indispensabile coniugare cura dell’ambiente
con formazione dello sviluppo; le soluzioni devono correre sui binari della giustizia
e della solidarietà, dando corpo al principio di una responsabilità comune e mettendo
gli impegni finanziari – ci saranno ingenti fondi che saranno stanziati – al riparo
dalla corruzione.
D. – Benedetto XVI ha ribadito alla vigilia del Vertice di
Copenaghen un appello alla responsabilità per cambiare lo stato delle cose. Come commentare
quelle parole?
R. – Il Papa si è messo sul terreno delle motivazioni che devono
incentivare e degli ideali che devono dare audacia e costanza a chi è chiamato a creare
un accordo su impegni, traguardi, scadenze, cifre da stanziare, modalità di intervento
… Parlando di Creazione, e non semplicemente di ambiente, ha posto la questione nella
giusta prospettiva e ha ricordato a tutti che l’ambiente è un dono di Dio. Dunque,
non si tratta solo di difenderlo ma di salvaguardarlo così come Dio ci ha invitato
a fare. E poi, Benedetto XVI ha evidenziato il rapporto mutuo tra ambiente e sviluppo:
non c’è l’uno senza l’altro. Chi deve prendere decisioni ha a disposizione non solo
dati, cifre, tecnologie, pianificazioni e interessi nazionali e corporativi, ma soprattutto
criteri della giustizia e della solidarietà.