L'arcivescovo di Kinshasa condanna le violenze contro i religiosi nel sud Kivu
Ferma condanna per gli atti di violenza subiti da esponenti religiosi nell’aera di
Bukavu, capoluogo del Sud-Kivu (nordest della Repubblica Democratica del Congo) è
stata espressa stamani da mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo della capitale,
Kinshasa. In una conferenza stampa appositamente convocata oggi e ripresa dall'agenzia
Misna, il presule si è detto “molto preoccupato” per la situazione nella zona alla
luce delle violenze di cui nelle ultime 72 ore sono stati oggetti religiosi locali:
l’uccisione di un sacerdote a Kabare, padre Daniel Cizimia, di una religiosa a Murhesa,
suor Denisa Kahambo Murahiwra e l’aggressione a mano armata subita dalla congregazione
dei missionari barnabiti, e sulla quale per ora non si hanno ancora dettagli. “Stigmatizziamo
tali atti di violenza che portano al peggioramento della situazione di sicurezza –
ha detto mons. Monsengwo – e chiediamo allo stato congolese e alla Missione Onu nel
paese (Monuc) di adottare provvedimenti davvero efficienti per fermare l’escalation
di violenza, identificare i colpevoli, consegnarli a una giustizia equa e garantire
la protezione delle persone”. Secondo l’arcivescovo, le aggressioni subite dai religiosi
sono state “intenzionalmente dirette contro la Chiesa cattolica e la sua missione
di pace e di riconciliazione”. Ieri Jean-Claude Kibala, vice-governatore del Sud-Kivu,
aveva confermato la morte di suor Denise, uccisa lunedì sera verso le 19.30 quando
un gruppo di circa otto individui in divisa si è introdotto nel monastero di ‘Notre
Dame de la Clarté’ a Murhesa, 20 chilometri da Bukavu. La religiosa è stata uccisa,
con un colpo d’arma da fuoco sparato a distanza ravvicinata di fronte a testimoni
nel corridoio dell’edificio. Gli aggressori sono fuggiti senza rubare nulla. Secondo
Kibala, lo scopo dei non meglio precisati “assalitori” sarebbe quello di seminare
discordia e contrapporre la popolazione all’esercito, alla polizia e alle autorità.
(R.P.)