Filippine: la Chiesa fa sentire la sua voce sulla legge marziale a Maguindanao
L’uso della legge marziale a Maguindanao dev’essere una misura estrema e di breve
durata: l’obiettivo è infatti quello di combattere l’impunità e ristabilire lo stato
di diritto. Un serio problema da affrontare è la circolazione e la proliferazione
delle armi, che acuiscono il problema della violenza, pubblica e privata, a Mindanao.
Su questi due nodi fondamentali – la legge marziale e le armi – nei giorni scorsi
la Chiesa cattolica filippina ha fatto sentire la propria voce chiedendo il rispetto
di principi come la pace, la legalità, la tutela della dignità e dei diritti umani.
La legge marziale nella provincia di Maguindanao, proclamata il 5 dicembre dal governo
filippino, serve a combattere una possibile “ribellione armata”, dopo l’arresto di
Andal Ampatuan Jr – ritenuto responsabile diretto della strage di Maguindano del 23
novembre, in cui sono morte 57 persone –, di Andal Ampatuan Sr, il “patriarca” del
clan, e di numerosi miliziani al servizio del gruppo politico. Come l’agenzia Fides
apprende dalla Conferenza episcopale delle Filippine, la Chiesa, pur condividendo
la necessità di arginare la violenza, chiede al governo di “agire per la pacificazione
e garantire la protezione dei diritti umani nell’area”. Attraverso il suo nuovo presidente,
mons. Nereo Ochimar, vescovo di Tandag, sull’isola di Mindanao, la Conferenza episcopale
invita il governo a utilizzare la legge marziale “per breve tempo”, al fine di “evitare
abusi di potere e non generare il sospetto che dietro il provvedimento vi sia un’agenda
nascosta”. Il vescovo ha rimarcato che “l’esercizio del potere civile dev’essere orientato
alla promozione del bene comune”, sottolineando l’urgenza di “assicurare alla giustizia
i responsabili della strage”. Per mons. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato:
“Quanto più lunga è la legge marziale, tente più saranno le violazioni dei diritti
umani”, aggiungendo che la complessa questione di Mindanao, “non può risolversi con
lo stato di emergenza”, ma necessita di un ripensamento globale e a lungo termine.
La Chiesa ha anche messo in luce un altro problema: la proliferazione delle armi leggere
a Mindanao, che aggrava il clima diffuso di violenza e di “giustizia sommaria”. La
diffusione illegale di armi leggere nelle Filippine Sud – si sottolinea – contribuisce
infatti all’aumento esponenziale di feriti, morti, violazioni dei diritti umani, alimentando
la guerra fra bande rivali. Si calcola che oltre 1,1 milioni di armi illegali, senza
licenza, circolino nelle Filippine, in larga percentuale nel Sud. Il punto è che anche
i civili hanno iniziato ad armarsi per difendersi dalla violenza imperante. (R.P.)