2009-12-08 15:08:02

Gli Usa riconoscono i danni della C02 per l’ambiente e entra nel vivo il vertice di Copenaghen


Dopo la prima giornata di accoglienza, è entrata oggi nel vivo la conferenza sul clima di Copenaghen che vede le delegazioni di oltre 190 Paesi impegnate nei negoziati per un nuovo accordo sul taglio delle emissioni di gas serra. Intanto cresce l’ottimismo per l’esito del vertice, dopo che l’agenzia per la protezione ambientale Usa ha decretato ufficialmente che le emissioni di Co2 sono una minaccia per la salute umana, offrendo così al presidente Obama maggiore spazio di manovra al tavolo delle trattative. E in questi giorni sono tante le iniziative organizzate dalle Ong in tema clima, fra le quali si segnala la campagna della Caritas “Stand up 2009 Uniti contro la povertà e i cambiamenti climatici”. Fabio Colagrande ha intervistato Paolo Beccegato responsabile dell’area internazionale della Caristas:RealAudioMP3

R. – Il cambiamento climatico e, in generale, tutto ciò che è disastro e danno all’ambiente, ha delle ripercussioni su tutti, ma in particolare sui più poveri: pensiamo al sud del mondo, ai processi di desertificazione che riducono per esempio le terre arabili, ai processi di innalzamento delle acque che mettono in conflitto agricoltori con pescatori. L’aumento del numero dei disastri naturali negli ultimi 40 anni del 600 per cento, l’aumento dei disastri tecnologici del 1500 per cento sempre negli ultimi 40 anni, danno un’idea di come il problema sia di tutti, ma sia soprattutto dei più poveri.

 
D. – Guardando a questa situazione da un punto di vista positivo, voi di Stand up 2009 dite “la stretta correlazione tra povertà e clima può diventare un’opportunità”...

 
R. – Esattamente. Questo vale in termini preventivi. Quindi, lavorare per esempio sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, lavorare per una maggiore efficienza energetica, lavorare per una maggiore diversificazione delle risorse e della produzione di energia con energie rinnovabili, tutto ciò può essere un bene per il domani, ma può essere un bene anche per l’oggi, perché per esempio darebbe modo di creare molti posti di lavoro. Quindi, il tema addirittura si interseca con la crisi economica in atto, si interseca con la possibilità di creare occupazione nel nord, come nel sud del mondo. E quindi quello che si chiede è certamente un impegno personale di ciascuno in ordine a questo, ma anche un impegno dei leader politici in questi giorni, perché prendano delle decisioni lungimiranti, dove nel breve periodo certamente si chiede un investimento, che però certamente verrà più che ripagato nel medio e lungo periodo.

 
D. – I massimi esperti dell’Onu sulle questioni climatiche hanno detto che perché questa conferenza sia un successo occorre che i Paesi sviluppati prendano i loro impegni, ma anche che i Paesi in via di sviluppo assumano delle responsabilità...

 
R. – Esattamente. Oggi bisogna dire che in termini assoluti, i più grandi “inquinatori”, coloro che producono più CO2, anidride carbonica, sono gli Stati Uniti e la Cina. In pochi anni diverranno Cina, India e Brasile i più grandi “inquinatori” della Terra. Usiamo questo termine un po’ duro, ma la maggiore emissione e produzione di anidride carbonica viene presa come uno degli indicatori, poi effettivamente il discorso è molto più complesso. Ecco che quindi l’impegno ad aiutare i Paesi più poveri a ridurre le loro emissioni diventa un impegno di tutti. Non può essere lasciato solo sulle loro spalle, perché fino ad oggi i grandi “inquinatori” sono stati i Paesi più ricchi e la situazione ora sta cambiando. Quindi, non si può oggi attribuire le responsabilità solo su chi ha sostanzialmente fino ad oggi subito. In prospettiva, però, bisogna lavorare veramente tutti insieme, alzarsi in piedi tutti insieme, come diceva la nostra campagna. E i cittadini italiani e quelli di tutto il mondo hanno risposto in modo massiccio a sottolineare come non sia solo un gesto vuoto, ma ci sia piena consapevolezza rispetto all’importanza di queste decisioni.







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