Con oltre il 60 % dei consensi, la Bolivia ha riconfermato Evo Morales alla presidenza
del Paese. Alle elezioni generali di ieri netta affermazione anche del Movimento per
il socialismo, di cui Morales è leader. Queste consultazioni rappresentano, dunque,
un importante lasciapassare per il capo dello Stato e per il suo programma di radicali
riforme. Su questo risultato Giancarlo La Vella ha intervistato Luis Badilla,
esperto di America Latina:
R. – Si tratta
naturalmente di una vittoria rilevante, significativa: Morales ha ricevuto più voti
di quanti ne avesse avuti nella sua prima elezione. La rilevanza del successo di Morales
in questa circostanza è che ha avuto anche il sostegno di un settore importante della
classe media. La sua votazione in questa tornata elettorale non è più una votazione
sostanzialmente etnica, perché ha fatto un buon governo. Il presidente nell’ultimo
anno è riuscito a fare due cose: innanzitutto, a far crescere il pil procapite e,
in secondo luogo, a ridistribuire ricchezza in favore dei settori più poveri, toccando
anche quei ceti medi che erano al confine fra la povertà ed il ceto medio. D.
– Un tuo giudizio su Evo Morales, invece, per quanto riguarda i rapporti internazionali... R.
– Anche qui c’è stato un cambiamento negli ultimi sei mesi da parte di Morales: c’è
stato un allontanamento rispetto al presidente Chavez. Non credo che corrisponda ad
un allontanamento ideologico o politico; però, strategicamente, nel periodo finale
della campagna, si è un po’ distaccato da una sorta di figura protettrice del presidente
Chavez. Adesso vedremo se era solo una tattica o se lui ha capito che in qualche modo
gli provocava un danno politico. Con gli Stati Uniti i rapporti sono freddi, ma con
una tendenza al miglioramento, soprattutto per l’atteggiamento che ha Obama nei confronti
della Bolivia. La Casa Bianca è più disponibile a capire e a negoziare in un clima
sereno con La Paz. D. – La posizione della Chiesa locale nei
confronti di questo presidente? R. – La Chiesa ha continuato
a ribadire, a ripetere quello che ha detto da sempre, da quando è stato eletto la
prima volta alla presidenza. Anche in queste circostanze ha fatto una dichiarazione
prima delle elezioni, richiamando alla serenità, alla trasparenza, invitando a votare,
ritenendo che votare era importante, e appellandosi al senso comune sia dei governanti
sia del popolo boliviano. La Chiesa boliviana non si è mai opposta alle riforme volute
dal presidente, se sono giuste e legittime. Ha sempre tentato, ogni qual volta è stato
possibile, di evitare che il Paese potesse diventare politicamente unipartitico, monolitico
e soprattutto che venissero messe a repentaglio le caratteristiche proprie dell’identità
nazionale boliviana. I boliviani sono un popolo cattolico, che si fida della Chiesa,
e per il quale la Chiesa boliviana fa moltissimo. D. – C’è qualche
fascia della popolazione boliviana scontenta della politica di Morales? R.
– Certo, almeno un terzo dell’elettorato della popolazione boliviana è rappresentata
da due candidati che hanno perso in queste elezioni, radicalmente contrarie al presidente
e alla sua politica. Ma è un’opposizione debole, perché divisa, perché non è riuscita
a costruire un’alternativa politica e programmatica. Il rischio per Evo Morales in
questo momento non viene tanto da questa opposizione politica, ma dall’interno del
suo partito, dal Movimento verso il socialismo, il Mas, perché quel movimento è diviso
in due gruppi: da una parte quello più radicale, a cui si appoggia abitualmente il
presidente Morales e, dall’altra, uno meno radicale, più per il dialogo, più moderato,
che in questa elezione ha avuto un’importante affermazione elettorale all’interno
del partito del presidente.