2009-12-07 15:06:24

Mons. Marchetto: riportare la pace sulle strade. Un milione 300 mila ogni anno le vittime degli incidenti


Una dichiarazione congiunta è stato il risultato concreto della prima Conferenza globale ministeriale sulla sicurezza stradale svoltasi dal 19 al 20 novembre a Mosca. Al Convegno, convocato dalle Nazioni Unite e organizzato dal Governo russo, con l’apporto di vari organismi pubblici e privati, hanno partecipato i rappresentanti di circa 150 Paesi e di varie Organizzazioni internazionali e non governative. In rappresentanza della Santa Sede c’era l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che si occupa, fra l’altro, della Pastorale della Strada. Fabio Colagrande lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. - È stato un po’ il cristallizzarsi di una presa di coscienza, a livello globale, di un dramma, di una guerra, che ogni giorno si svolge sulle strade del mondo, con 1.300.000 morti e 50 milioni di feriti e handicappati ogni anno. La lotta per ottenere la pace sulle strade, ed evitare nuove morti, è una causa che tutti i membri delle Nazioni Unite hanno accettato di combattere in comune. Anche se essi sono divisi su tanti punti dell’agenda internazionale, su questo sono uniti e hanno approvato a Mosca una Dichiarazione Congiunta impegnativa.

D. - Non c’è il rischio che si tratti di un’altra dichiarazione, come altre, senza effetto?

R. - E’ vero che anche in questo caso l’applicazione del testo della Dichiarazione dipende dalla volontà politica degli Stati. Ma, come dicevo, su questo tema della sicurezza stradale, l’applicazione si può facilmente concretare, anche perché a Mosca si sono manifestati favorevoli ad attuarla, pure con aiuti finanziari già acquisiti, a cominciare da quelli della Banca Mondiale, numerosi e validi “partner”. Fra di essi vi sono altresì grandi compagnie come Shell, Mercedes, Michelin, ecc. L’impegno è ragionevole poiché, come affermato da qualcuno nella capitale russa, l’investimento in campo di sicurezza stradale non è un “costo”, ma un aiuto allo sviluppo. Per essere più chiaro rilevo che, infatti, solo i costi materiali degli incidenti stradali rubano, per così dire, in molti Paesi, il 2-3% del PIL. Noi, poi, guardiamo naturalmente soprattutto ai costi umani, ai morti, ai feriti, a chi rimane su un letto o in carrozzella, ai dolori, alle tragedie di tante famiglie delle vittime, a cui si è fatto eco, anche recentemente Benedetto XVI, in occasione dell’Angelus del 15 corrente. E non è la prima volta.

D. - È stato tenuto in considerazione a Mosca il necessario “partenariato” delle istituzioni religiose nella lotta per la sicurezza stradale?

 

R. - Devo confermare con pena che lo è stato in tono minore, anche per la nota “riserva” delle Nazioni Unite - credo - a rendere esplicita la collaborazione religiosa, diciamo, a favore dei grandi problemi mondiali. In effetti, la Dichiarazione di Mosca si riferisce esplicitamente alla collaborazione necessaria con la società civile, ma non alle istituzioni religiose. Tuttavia tre partecipanti, e la mia dichiarazione, ne hanno fatto menzione, con aggiunta di quella del relatore della tavola rotonda cui ho partecipato e al quale avevo espresso la mia meraviglia e preoccupazione per l’assenza. Infine una parola sul futuro della sicurezza stradale, visto da Mosca. Si è pensato che vi sarà una “decade”, (2011 - 2020) dedicata all’azione riguardo alla sicurezza stradale, che dovrebbe mirare a stabilizzare e poi ridurre il numero dei morti sulle strade del mondo; un “Forum” mondiale, il prossimo anno a S. Pietroburgo, per coinvolgere i giovani - i più colpiti, in fatto di morti e feriti - nella grande lotta per la vita. E infine un incontro – il secondo - del genere di quello or ora celebrato, fra cinque anni, nonché un’opera di “advocacy” affinché le Nazioni Unite diano il loro assenso ai contenuti della Dichiarazione di Mosca.

 

D. - In occasione del viaggio a Mosca lei ha potuto partecipare ad un altro avvenimento che ha a che fare con il suo interesse per la corretta interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Vuole parlarcene?

R. - Grazie per darmi l’opportunità di farne cenno poiché la grande causa di una corretta ermeneutica conciliare è secondo me vitale, e non solo secondo me. In effetti la nota e benemerita Biblioteca dello Spirito, cattolica, di Mosca ha approfittato della mia presenza per presentare la traduzione in russo di quello che considero “il cuore” del mio volume sul Concilio in parola, che porta il sottotitolo di “Contrappunto per la sua storia”. Ho aderito volentieri alla richiesta di traduzione poiché, al dire di molti, finora in lingua russa è presente un’opera dedicata al Vaticano II che lo indica come una rottura della Tradizione cattolica. Da ciò lo sconcerto e il giudizio negativo su di esso da parte di molti ortodossi, per i quali del resto Papa Benedetto sta portando la Chiesa Cattolica sui binari della Tradizione. Orbene un’opera come la mia, che aiuta a comprendere che il Vaticano II è stato di rinnovamento di aggiornamento, di continuità o di riforma, non può che aiutare nel ricupero della giusta considerazione conciliare e della stessa Chiesa Cattolica. Aggiungo, ed è pensiero del tutto personale e pieno di rispetto, che un Vaticano II conosciuto nella sua verità storica e teologica potrebbe aiutare i nostri fratelli ortodossi nel loro cammino verso un auspicato Concilio panortodosso. 








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