Testimonianze dall’Africa per la sopravvivenza del pianeta Terra
“Ovunque viviamo, abbiamo il dovere di preservare le risorse limitate a nostra disposizione;
se gestite in modo equo e responsabile, si eviteranno tensioni e conflitti. La foresta
congolese, il secondo polmone del pianeta, va protetta: la sua distruzione avrà gravi
conseguenze non solo per i 10 Paesi della regione, ma per tutta l’umanità”. A parlare
in questo modo, a pochi giorni dall’apertura della Conferenza sui cambiamenti climatici
in programma a Copenhagen, è la keniana Wangari Muta Maathai, Premio Nobel per la
pace, intervistata dall’agenzia Misna. Impegnata dagli anni Novanta nella lotta al
diboscamento, Maathai fa riferimento ai conflitti nella regione sudanese del Darfur
o nella Repubblica Democratica del Congo, “emblematici - dice - delle conseguenze
estreme quando è in gioco lo sfruttamento di risorse minerarie, acqua e terreni".
Bisogna gestire, osserva, "i doni della natura con rispetto e in modo equo tra le
persone, in questi casi a favore delle popolazioni locali”. Maathai ha fondato l’Associazione
"Green Belt Movement", che per combattere l’erosione dei suoli ha piantato in Kenya
oltre 40 milioni di alberi. Da questo Paese africano giunge anche la testimonianza
di padre Tom Leyden, missionario della Società del Verbo Divino, secondo il quale
all’origine della grave siccità che ha colpito la regione è legata al fenomeno meteorologico
noto come “El Niño”. Il missionario racconta che la mancanza di piogge nella località
di Dol Dol, nella Rift Valley, ha fatto seccare gli alberi e causato la morte di molti
elefanti, stremati dalla mancanza di cibo, con gravi conseguenze sul patrimonio turistico
della zona. “Questo - scrive padre Leyden sulla rivista ‘The Harp’ - accade quando
un albero viene misurato per il suo valore monetario, piuttosto che come un seme di
speranza per la sopravvivenza del pianeta”. (V.V.)