2009-12-05 14:55:34

"Siate un segno di speranza per i nostri tempi": il messaggio di mons. Marchetto nell'odierna Giornata mondiale del volontariato indetta dall'Onu


“Un segno di speranza per i nostri tempi” così mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, ha definito i tanti volontari riuniti a Roma per la cerimonia di consegna del Premio internazionale del Volontariato. Un’iniziativa - promossa dalla Focsiv, la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario - che cade in occasione dell’odierna Giornata mondiale del Volontariato indetta dalle Nazioni Unite. Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Lo sviluppo umano e il fenomeno dell’immigrazione sono i due temi al centro della riflessione di mons. Agostino Marchetto che, ricordando la Popolorum Progressio di Paolo VI ma soprattutto la Caritas in Veritate di Benedetto XVI, ha illustrato il valore del volontariato a servizio della “famiglia umana”. A proposito dello sviluppo, l’arcivescovo ha richiamato la definizione di Papa Montini che invitava a “far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria, dalle malattie endemiche e dall'analfabetismo”, attraverso una “partecipazione attiva” all’economia, all’evoluzione “verso società istruite e solidali” e al consolidamento di “regimi democratici in grado di assicurare libertà e pace”. Aspettative che non sembra siano state soddisfatte perché in molti Paesi permane ad oggi la fame e l’insicurezza di vita. “Lo sviluppo - osserva ancora mons. Marchetto citando Benedetto XVI - continua ad essere gravato da distorsioni e drammatici problemi”. Deve invece riguardare “la totalità della persona in ogni sua dimensione” e realizzare il destino stesso dell’uomo che non può prescindere dalla sua natura e dai suoi rapporti con gli altri.

 
Lo sviluppo è dunque “umanamente e cristianamente inteso, il cuore del messaggio sociale cristiano”. Ma è soprattutto “quell’esplosione dell’interdipendenza planetaria” a rappresentare una “grande opportunità” se “guidata dalla carità”. “La società sempre più globalizzata - prosegue mons. Marchetto - ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” e questa “mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” si annovera fra le cause più gravi del sottosviluppo. Per questo il segretario del dicastero vaticano esorta a trasformare la maggiore vicinanza tra i popoli in “vera comunione” se si vuole arrivare ad un autentico sviluppo, che nasce in particolare dal “potenziale di amore” che si mette in comune. Uno sviluppo che dipende “dal riconoscimento dell'essere una sola famiglia che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l'uno accanto all'altro”.

 
In questo contesto, mons. Marchetto ricorda il fenomeno dell’immigrazione che coinvolge tutti gli Stati e che esige una politica lungimirante di cooperazione “nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati”. Pertanto, si solleva la “questione etica della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, che contribuirebbe a ridurre e moderare i flussi delle popolazioni in difficoltà”. Uno sviluppo che richiede una nuova visione della comunità mondiale in una “prospettiva del bene comune universale” che contribuisce a “dare forma di unità e pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura prefiguratrice della città senza barriere di Dio”. In tale direzione - ricorda mons. Marchetto - bisogna guardare all’impegno del volontariato che con la sua opera contribuisce a creare “una città senza barriere e muri”. Ricordando le parole di Giovanni Paolo II, il presule definisce i volontari “un raggio di speranza che squarcia le tenebre della solitudine”, “scuola di vita soprattutto per i giovani” in grado di contribuire alla creazione di “una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta al dono gratuito di sé”. Infine, un incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa per essere davvero “un segno di speranza per i nostri tempi”.







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