Il cardinale Foley interviene a un convegno sull'esodo dei cristiani mediorientali
In un Medio Oriente sempre più travagliato dall'instabilità, i cristiani, protagonisti
di un vero e proprio esodo, possono essere un ponte per un futuro migliore per i musulmani.
Lo ha affermato il cardinale John P. Foley, gran maestro dell'Ordine del Santo Sepolcro
di Gerusalemme, intervenendo venerdì scorso alla Norwegian School of Theology di Oslo,
in Norvegia, sul tema “L'esodo dei cristiani dalla Terra Santa: sfida per una pace
sostenibile”. Nel suo discorso, il porporato ha espresso la propria preoccupazione
per il continuo abbandono della Terra Santa da parte dei cristiani, che sessant'anni
fa rappresentavano il 20% della popolazione della regione e oggi sono scesi a meno
del 2%. “La presenza dei cristiani in Terra Santa oggi è una fonte di speranza per
la comprensione, la pace e la riconciliazione”, ha dichiarato. Per il cardinale Foley,
ripreso dall'agenzia Zenit, il cristianesimo è “un ponte per il futuro per il mondo
arabo musulmano”, soprattutto perché “i cristiani del mondo occidentale hanno appreso
e portato certi valori e certe prospettive estremamente importanti”, come la separazione
tra Chiesa e Stato o l'idea che la dignità e la libertà umane richiedano il rispetto
della coscienza dell'individuo, il che porta alla “libertà di culto”. “Ciò è sconvolgente
per il mondo islamico”, il quale deve tuttavia “integrare questi valori nella sua
vita quotidiana” se vuole “entrare pienamente nella società moderna”. Il cardinale
Foley ha ricordato che dalla fine della Prima Guerra Mondiale, che ha posto fine a
400 anni di egemonia ottomana, “i cristiani hanno iniziato a declinare ovunque” in
Medio Oriente. Le motivazioni di questo fenomeno, ha osservato, sono molteplici,
iniziando dal fatto che i cristiani “tendono ad essere molto bene istruiti rispetto
alla maggior parte della popolazione, e, come sappiamo, sembra che quanto più sono
alti i livelli di istruzione e le opportunità economiche per la famiglia, minori siano
le dimensioni di quest'ultima”. Un'altra ragione del declino è ovviamente l'emigrazione,
dovuta in primo luogo al fatto che “a livello sociale, tra i cristiani, c'è un senso
di esclusione, se non di discriminazione, in molti Paesi”. Secondo il porporato, l'emigrazione
non è un male in sé, ma implica una perdita, perché “con l'esodo dei cristiani si
perdono un patrimonio e una cultura”. “La nostra missione - ha concluso - è aiutare
la sopravvivenza dei cristiani in Terra Santa, attraverso il nostro sostegno finanziario,
il nostro aiuto personale, la presenza delle nostre visite e i nostri pellegrinaggi,
la promozione dell'istruzione e dello sviluppo umano per chi vive lì e la nostra volontà
di impegnarci in questa coraggiosa lotta per la giustizia e per la pace”. (V.V.)