2009-12-02 14:59:18

Obama: 30 mila soldati in più per l'Afghanistan: la Nato ne assicura 5000


5000 soldati in più dalla Nato: è la risposta all’annuncio di Obama di assicurare altri 30.000 uomini per la missione in Afghanistan. Il segretario generale Rasmussen definisce “cruciale” il sostegno degli alleati per mantenere il carattere multilaterale della missione. Domani la questione sarà discussa dai ministri degli Esteri della Nato, alla presenza del segretario di Stato Hillary Clinton, ma già oggi singoli Paesi hanno assicurato il contributo. Soddisfazione ovviamente da Kabul anche se tra la popolazione si respira la paura di un incrementarsi della violenza. C’è infatti anche la risposta dei talebani: "i 30 mila soldati in più non faranno che rafforzare la resistenza degli insorti". Ma sul discorso di Obama, atteso da settimane, il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

 
Trentamila soldati in più contro il “cancro di al Qaeda”, ma con scadenze precise: il ritiro comincerà nel luglio 2011. Questo il cuore della nuova strategia Usa per l’Afghanistan e il Pakistan, che Obama definisce “epicentro dell'estremismo violento praticato da al Qaeda”, e dove gravi episodi di violenza sono all’ordine del giorno. È il rush finale di una guerra che l’attuale presidente dice di non aver chiesto ma di aver adottato come propria, “nell'interesse nazionale dell'America”. Ma il calendario è “accelerato”: mobilitazione entro agosto e rientro in patria del grosso dei soldati ben prima della fine del primo mandato di Obama nel gennaio 2013. Nella Eisenhower Hall della storica accademia militare sull'Hudson, di fronte a cadetti in uniforme grigia, che dopo la laurea a maggio partiranno per il fronte, Obama spiega che bisogna “prendere di mira l'insurrezione e render sicuri i centri della popolazione”. L'Afghanistan non è un nuovo Vietnam, afferma sottolineando che gli Stati Uniti non hanno intenzione di restare in Afghanistan in eterno. La politica non c'entra, spiega presentando una strategia che costerà alle già provate casse federali intorno ai 30 miliardi di dollari nel solo anno fiscale 2010. In tempi di recessione, l'opinione pubblica negli Usa è ostile all'escalation. E se l'opposizione repubblicana applaude, i progressisti sono in fermento anche per altri motivi. Nn è stata una decisione facile per il presidente che la prossima settimana a Oslo accetterà il premio Nobel per la pace. È stata presa dopo tre mesi di discussione con strateghi militari, generali e alleati.

 
La proposta della Casa Bianca ridisegna, in qualche modo, i rapporti con gli altri Paesi presenti in Afghanistan? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Paolo Mastrolilli, esperto di politica americana, del quotidiano “La Stampa”:RealAudioMP3

R. – Per quanto riguarda la Nato, la strategia di Obama è decisiva:se la Nato fallisse questa operazione – secondo alcuni osservatori – sarebbe a rischio la sua sopravvivenza. Diciamo che ci sono due aspetti che riguardano i Paesi stranieri: il primo è quello delle potenze locali, il Pakistan, che ha necessità di aiutare questa nuova strategia americana per evitare che al Qaeda torni ad impossessarsi dell’Afghanistan e finora non è stato molto cooperativo Islamabad; dall’altra parte, ci sono i Paesi europei che attraverso la Nato stanno contribuendo a questo sforzo e che naturalmente vorrebbero anche loro vedere la luce alla fine del tunnel e quindi una strategia che porti alla stabilizzazione dell’Afghanistan e alla fine del loro intervento e senza mettere a rischio il futuro della Nato.

 
D. – Che cosa cambia la nuova strategia di Obama?

 
R. – Certamente ci sono delle grandi difficoltà, perché i talebani stanno conquistando posizioni, forza, e c’è il rischio che al Qaeda in qualche modo torni ad infiltrare il Paese. Obama ha cercato di dare risposte a tutti i suoi sostenitori all’interno degli Stati Uniti e cioè da una parte ha offerto più militari per portare avanti la strategia che cerca di stabilizzare il Paese e, dall’altra, ha cercato di offrire un orizzonte entro il quale questo intervento comincerà a terminare, ossia luglio del 2011. Il rischio è che questa strategia per certi versi non centri l’obiettivo, perché i suoi critici sostengono in sostanza che offre ai talebani un orizzonte entro il quale loro devono resistere per riuscire poi a battere gli americani. Se riusciranno a resistere fino a luglio del 2011, gli americani cominceranno a ritirarsi e quindi per i talebani ci sarà la prospettiva di riprendere il controllo del Paese.

 
D. – Molti dei sostenitori di Obama sono delusi da questa strategia, perché rivedono certi meccanismi utilizzati anche da Bush…

 
R. – Sì, da una parte, i liberal la criticano perché pensano che mandare altri 30 mila soldati in una guerra che non rispecchia più le necessità strategiche degli Stati Uniti sia una scelta sbagliata ma, dall’altra parte, lo criticano anche i repubblicani – e quindi coloro che appoggiano di più l’apparato militare – perché ritengono che la mobilitazione di Obama non sia sufficiente e contemporaneamente facilita la sopravvivenza dei talebani.







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