Benedetto XVI all'udienza generale: amare Dio e il prossimo è il segreto di una vita
felice. Ribadita l'importanza del Sacramento della Riconciliazione
Solo se lo si ama con il cuore e l’intelligenza, si impara a conoscere Dio e a vivere
con Lui una vita realmente felice. All’udienza generale di questa mattina in Piazza
San Pietro, Benedetto XVI ha fatto suo l’insegnamento di Guglielmo di Saint-Thierry,
monaco francese e uno dei più importanti autori cristiani del XII secolo ai quali
il Papa sta dedicando le sue catechesi da alcune settimane. Al termine, Benedetto
XVI ha parlato alla folla dell’importanza del Sacramento della Riconciliazione, nel
25° dell’Esortazione Apostolica Reconciliatio et paenitentia. Il servizio di
Alessandro De Carolis:
“L’energia
principale che muove l’animo umano è l’amore”. Quella che per molti versi potrebbe
apparire un’affermazione scontata e piuttosto banale nella nostra epoca - esposta
com’è a vari intendimenti e fraintendimenti - è da sempre il cuore del messaggio cristiano.
Al punto che per il monaco Guglielmo di Saint-Thierry, benedettino dapprima e poi
cistercense, vissuto in Francia a cavallo tra il 1080 circa e il 1148, la comprensione
dell’arte cristiana dell’amore diventa il fulcro di un’intera esistenza di contemplazione
e di approfondimento. Benedetto XVI riprende una delle “idee fondamentali” di Guglielmo
che, sottolinea, è “valida anche per noi”: “La natura umana, nella sua
essenza più profonda, consiste nell’amare. In definitiva, un solo compito è affidato
a ogni essere umano: imparare a voler bene, ad amare, sinceramente, autenticamente,
gratuitamente. Ma solo alla scuola di Dio questo compito viene assolto e l’uomo può
raggiungere il fine per cui è stato creato”. Quest’unico
compito richiede in realtà un “lungo e articolato cammino” che si snoda, secondo il
monaco francese, nelle varie fasi della vita umana, dall’infanzia alla vecchiaia: “In
questo itinerario la persona deve imporsi un’ascesi efficace, un forte controllo di
sé per eliminare ogni affetto disordinato, ogni cedimento all’egoismo, e unificare
la propria vita in Dio, sorgente, mèta e forza dell’amore, fino a giungere al vertice
della vita spirituale, che Guglielmo definisce come 'sapienza'. A conclusione di questo
itinerario ascetico, si sperimenta una grande serenità e dolcezza”. “L’arte
delle arti è l’arte dell’amore”, scriveva ancora Guglielmo di Saint-Thierry, specificando,
ha ricordato il Papa, “che l’oggetto di questo amore è l’Amore con la 'A' maiuscola,
cioè Dio”. Tuttavia, osserva Benedetto XVI, “colpisce che nel parlare dell’amore a
Dio”, il monaco “attribuisca una notevole importanza alla dimensione affettiva”: “In
fondo, cari amici, il nostro cuore è fatto di carne, e quando amiamo Dio, che è l’Amore
stesso, come non esprimere in questa relazione con il Signore anche i nostri umanissimi
sentimenti, come la tenerezza, la sensibilità, la delicatezza?”. L’ascesi
verso Dio è un atto dove entrano in gioco razionalità e affettività anche se, spiega
il Papa, la sola intelligenza “riduce ma non elimina la distanza tra soggetto e l’oggetto
dell’amore: “L’amore invece produce attrazione e comunione,
fino al punto che vi è una trasformazione e un’assimilazione tra il soggetto che ama
e l’oggetto amato. Questa reciprocità di affetto e di simpatia permette allora una
conoscenza molto più profonda di quella operata dalla sola ragione (...) Cari amici,
ci domandiamo: non è proprio così nella nostra vita? Non è forse vero che noi conosciamo
realmente solo chi e ciò che amiamo? Senza una certa simpatia non si conosce nessuno
e niente! (...) Dio lo si conosce se lo si ama!”. Una volta raggiunto
l’apice di quella che il monaco Guglielmo definisce “unità di spirito” con Dio, ecco
che l’uomo raggiunge la vera somiglianza con il suo Creatore, la piena unità con Lui.
In sostanza, dal “Cantore dell’amore e della carità” - come Benedetto XVI ha definito
Guglielmo di Saint-Thierry - arriva ai cristiani di oggi la conferma di quale sia
“la scelta di fondo che dà senso e valore a tutte le altre scelte:” “Amare
Dio e, per amore suo, amare il nostro prossimo; solo così potremo incontrare la vera
gioia, anticipo della beatitudine eterna. Mettiamoci dunque alla scuola dei Santi
per imparare ad amare in modo autentico e totale”. Dopo le catechesi
nelle altre lingue e i saluti particolari ai gruppi di fedeli - tra i quali quelli
rivolti ai rappresentanti dell’Associazione Marinai d’Italia e a quelli della Federazione
Italiana Panificatori e Pasticcieri, ringraziati “per il generoso dono dei panettoni
destinati alle opere di carità del Papa” - Benedetto XVI ha ricordato il 25.mo anniversario
di promulgazione dell’Esortazione Apostolica Reconciliatio et paenitentia,
pubblicata da Giovanni Paolo II il 2 dicembre del 1984. Un documento, ha detto il
Pontefice, che “richiamò l’attenzione sull’importanza del sacramento della penitenza
nella vita della Chiesa”. Ricordando alcuni degli “apostoli del confessionale”, da
San Giovanni Maria Vianney a San Pio da Pietrelcina, il Papa ha concluso: “L’esempio
di questi Santi, assidui e fedeli ministri del perdono divino, sia infine per i sacerdoti
- specialmente in questo Anno sacerdotale - e per tutti i cristiani un invito a confidare
sempre nella bontà di Dio, accostandosi e celebrando con fiducia il Sacramento della
Riconciliazione”.