Il cardinale Caffarra: l'Emilia-Romagna non equipari alla famiglia convivenze di diversa
natura
“Onorevoli Signori, è la mia coscienza e responsabilità di cittadino, di cristiano,
e di vescovo che mi induce a rivolgervi questo appello”: si apre con queste parole
il testo dell’ “Appello” del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, al
presidente della Regione Emilia-Romagna e ai membri della giunta e del consiglio regionale,
perché non si proceda alla equiparazione alla famiglia di forme di convivenza di natura
diversa. Il testo – diffuso stamane dall’ufficio stampa della arcidiocesi bolognese
e ripreso dall'agenzia Sir – entra subito nel merito tecnico della vicenda, riferendosi
al comma 3 dell’art. 42 del “Progetto di legge di iniziativa della Giunta Regionale
(n. 274 – 11 novembre 2009) che “pone sullo stesso piano singoli individui, famiglie
e convivenze nell’accesso dei servizi pubblici locali”. Caffarra richiama il fatto
che “già l’Osservatorio giuridico – legislativo della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna
ha espresso con pacate e convincenti argomentazioni giuridiche l’inaccettabilità di
questa equiparazione. Non intendo ripeterle. Desidero rivolgermi alla vostra coscienza
di responsabili del bene comune su un altro piano”. Dopo aver ricordato come “nell’omelia
pronunciata in San Petronio il 4 ottobre scorso dissi che chi non riconosce la soggettività
incomparabile del matrimonio e della famiglia ‘ha già insidiato il patto di cittadinanza
nelle sue clausole fondamentali’, il cardinale Caffarra afferma: “E’ ciò che fareste,
se quel comma fosse approvato: un attentato alle clausole fondamentali del patto di
cittadinanza. Non sto giudicando le vostre intenzioni: - prosegue l'appello - nessuno
ha questo diritto. Ma l’introduzione di una norma giuridica nel nostro ordinamento
regionale, è un fatto pubblico che veicola significati che vanno ben oltre le intenzioni
di chi lo compie. L’approvazione eventuale avrebbe a lungo andare effetti devastanti
sul nostro tessuto sociale”. Il cardinale afferma quindi che “il matrimonio e la famiglia
fondata su di esso è l’istituto più importante per promuovere il bene comune della
nostra regione. Dove sono erosi, la società è maggiormente esposta alle più gravi
patologie sociali”. Nel suo “Appello” alla Regione il cardinale Caffarra afferma poi
che “la prima erosione avviene quando si pongono atti che obbiettivamente possono
far diminuire la stima soprattutto nella coscienza delle giovani generazioni, dell’istituto
del matrimonio e della famiglia. E ciò accadrebbe se al matrimonio e alla famiglia,
così come sono costituzionalmente riconosciuti, venissero pubblicamente equiparate
convivenze di natura diversa. (R.P.)