Oggi la Giornata di solidarietà con il popolo palestinese: ai nostri microfoni il
coordinatore nazionale di Pax Christi Italia e l’imam di Firenze
Si celebra oggi la Giornata di solidarietà con il popolo palestinese indetta dalle
Nazioni Unite. I temi della pace e della questione palestinese sono stati al centro
del Convegno “Zochrot: memorie negate, memoria condivisa”, organizzato da Pax Christi
Italia e conclusosi ieri a Fiesole (Firenze). La nostra inviata, Giada Aquilino,
ha chiesto a don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia,
quale sia il significato dell’odierna Giornata di Solidarietà con il popolo palestinese:
R. - Stringere
un patto di vicinanza, di comunione umana e cristiana di solidarietà, proprio quella
che condivide le gioie ma anche le immense sofferenze. Sofferenze come questa di tutti
i cristiani, di tutti gli abitanti della Terra Santa.
D.
– Come si vive oggi in Terra Santa?
R. – Il verbo
è “sopravvivere”. Il vivere presupporrebbe gli essenziali beni della vita quotidiana:
il diritto all’acqua, il diritto al cibo, alla salute, alla scuola. Tutto questo invece
non è garantito oggi e ormai da troppi anni. Quindi è ormai una sopravvivenza ed è
una sopravvivenza che per quanto riguarda in particolare i territori occupati, poi
la Striscia di Gaza, secondo gli ultimi appelli degli organismi umanitari tocca i
livelli di catastrofe umanitaria.
D. – Lei ha scritto
un libro, “Un parroco all’inferno”: è un libro intervista con padre Musallam...
R.
– Noi per quanto viviamo tanti problemi nella nostra vita, non immaginiamo cosa significhi
vivere in una terra che è la tua terra ma che è completamente devastata; e non è stata
devastata solo dall’ultima guerra, ma è devastata da mesi, da decenni, da sempre.
E’ un popolo, quindi, che chiede solo di vivere nella propria terra. Ed è interpretato
questo desiderio dal parroco, padre Abuna Manuel Musallam che è parroco della comunità
cristiana di Gaza.
D. – Il 20 dicembre insieme con
mons. Fouad Twal sarete a Gaza…
R. - A Gaza con i
cristiani che fanno Natale; saremo davvero pochi insieme al Patriarca. Ma sarà una
festa grande e questo è il contrasto che ha nel suo Dna la Palestina: in una grande
oppressione c’è una grandissima dignità. Quindi il programma è quello di fare una
grande festa di Natale però in una grande immensa sofferenza perché è la più grande
prigione a cielo aperto di tutto il mondo.
D. - Quale
è l’auspicio di Pax Christi Italia e di don Nandino Capovilla per la Terra Santa?
R.
– Che alla pace delle parole, alla pace dei desideri si sostituisca la pace dei fatti,
la pace di un’innumerevole serie di iniziative di cooperazione che già legano i nostri
comuni, le nostre province, le nostre regioni a città, province e regioni israeliane
e palestinesi. Perché solo con questo ponte di comunione si può realizzare la pace
e, soprattutto, quel sogno stesso di Isaia: che la pace finalmente si baci con la
giustizia, altrimenti non sarà pace.
Sulla Giornata di solidarietà col
popolo palestinese si sofferma, al microfono di Giada Aquilino, anche l’imam
di Firenze, Elzir Izzedin, palestinese di Hebron che ieri ha partecipato a
Fiesole al Convegno “Zochrot: memorie negate, memoria condivisa”:
R. – E’
una giornata molto importante perché realmente si costruisce la memoria della tragedia
del popolo palestinese che sta vivendo da più di 60 anni in questo modo. Credo che
noi possiamo dare un appoggio morale e spirituale ai palestinesi, a prescindere dalla
loro fede o dal loro credo politico.
D. – Come si
vive oggi nei Territori?
R. - Si vive nella sofferenza
e purtroppo questo è il destino dei palestinesi cristiani, musulmani o ebrei. Si vive
molto male, non si può andare a studiare, non ci si può curare, non ci può andare
a mangiare. Ma credo che con la fede e con la speranza si possa superare tutta questa
sofferenza.
D. - Come è possibile che le religioni
aiutino a trovare una soluzione per il Medio Oriente?
R.
– Io credo che, in particolare, i cristiani e i musulmani debbano lavorare insieme
per creare un mondo nuovo, perché credo che la questione palestinese non sia una questione
locale ma una questione mondiale. Penso che se avremo una pace in quella terra tutti
quanti nel mondo possiamo vivre ancora meglio.
D
. – Lei ha detto: la rinascita può partire dalle donne palestinesi. Perché?
R.
– Perché la donna è quella che dà il presente e il futuro. La donna, ormai, fa parte
integrante della vita e partecipa alla vita scolastica, alla vita universitaria, alla
vita lavorativa e non solo. Credo che possano dare dei messaggi ancora migliori. Abbiamo
il sindaco di Ramallah, una donna cristiana votata dalla popolazione palestinese.
Dalle donne nasce il futuro.