A Roma, fino al 6 gennaio, la 34.ma Mostra dei 100 presepi
“Una fiaccola che illumina la famiglia, rispecchiando quella sacra di Gesù di Nazareth”.
È l’immagine del presepe, regalata dal cardinale Angelo Comastri, vicario generale
del Papa per la Città del Vaticano, intervenuto nei giorni scorsi a Roma, presso la
Basilica di Santa Maria del Popolo, alla presentazione della mostra “100 Presepi”.
Un appuntamento internazionale immancabile, giunto alla sua 34.ma edizione e curato
dalla Rivista delle Nazioni. Con il patrocinio della Conferenza episcopale italiana,
è in programma fino al 6 gennaio. Il servizio di Alessandra De Gaetano:
(Musica)
Una
tradizione cara alla famiglia cristiana di tutto il mondo, quella del presepe, come
testimoniano i 165 soggetti, provenienti dall’Italia e da Paesi esteri. Un incontro,
questo, tra arte e fede, per aprire l’orizzonte ai valori, alle tradizioni e al senso
del divino. È il mistero di Betlemme, illuminato dalla stella cometa e testimoniato
dal Bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia. Ma quale è il mistero di
Betlemme? Ascoltiamo il cardinaleAngelo Comastri:
“Il
mistero di Betlemme oltre a cantare la famiglia, canta la presenza di Dio. Non siamo
solo nelle bufere della storia. Pensare che dentro questa storia c’è inserito anche
Dio, ci riempie di coraggio e di ottimismo”.
Visitare i presepi esposti
nella mostra è come fare un viaggio in tutto il mondo. Dai Paesi del Centro e del
Sud America, che espongono Natività colorate ed esuberanti, al Medio ed Estremo Oriente,
con le opere realizzate con carta di papiro e legno, provenienti dalle zone tormentate
dai conflitti, come l'Iraq.
(musica)
Tra
le novità di questa edizione, undici icone inviate dall'Accademia di Romania risalenti
alla fine del'700 e dell'800. C’è poi un presepe che arriva dalla Croazia, intitolato
Anno Sacerdotale, realizzato in polistirolo, gesso, stoffa e cartone. Particolare
il presepe, costruito in uno scarpone, proveniente dalla Calabria. Due Natività provengono
dalla città dell'Aquila: una rappresenta una tendopoli, l’altra riporta scritto il
nome di ogni paese distrutto dal terremoto, come a voler ricordare nella preghiera
il futuro di ognuno. Ancora il cardinale Comastri:
“Il presepe non è
altro che un canto alla famiglia ed è un canto che singolarmente viene fatto da Dio,
perché Dio venendo in questo mondo non ci ha chiesto niente, non ha voluto né ricchezze
né potere né onori, ma ha chiesto solo una famiglia, la più bella che ci potesse essere,
con un padre giusto e una madre immacolata, per dirci che la famiglia è importante
e che se perdiamo la famiglia perdiamo il vero tesoro della società. Betlemme grida
l’importanza della famiglia”.
Di grande rilievo le opere realizzate
dai giovani di diverse comunità di riabilitazione, come la Fondazione Villa Maraini
e il Centro diurno di Guidonia. Un’occasione particolare di condivisione in una grande
famiglia, che attende il miracolo di Betlemme. La curatrice Mariacarla Menaglia:
“Io
li amo moltissimo questi presepi, come quello di Villa Varaini. Quelli delle comunità
sono presepi particolari e molto sentiti. E questo perché sono presepi fatti insieme.
Collaborano tutti insieme: chi costruisce un personaggio, chi fa la scenografia. C’è
l’unione di questi ragazzi che hanno dei problemi”.
Il presepe è anche
un forte richiamo all’infanzia, che il cardinale Angelo Comastri ricorda così:
“Dopo
la Messa di Mezzanotte entravamo in casa, la mamma metteva la Madonna nella capanna,
papà metteva San Giuseppe, io e mia sorella mettevamo il Bambinello e il nonno agricoltore
metteva il bue e l’asinello. Ci guardavamo e ci sembrava di essere diventati noi il
presepe. Ci sembrava che Gesù fosse nato veramente nella nostra casa”.