Il Papa apre con i Primi Vespri in San Pietro il Tempo dell'Avvento. Il testo integrale
dell'omelia
“Se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è presente,
possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci alcun
sostegno, anche quando il presente diventa faticoso”: è quanto ha detto il Papa nell’omelia
dei Primi Vespri della Prima Domenica di Avvento, da lui presieduti nella Basilica
Vaticana. “Cari amici – ha proseguito - l’Avvento è il tempo della presenza e dell’attesa
dell’eterno. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia,
di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il
fatto che Dio si è fatto bambino. Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci
incoraggia a camminare fiduciosi”. Il Papa ha quindi parlato della frenesia della
vita quotidiana: “A volte le cose ci ‘travolgono’. L’Avvento, questo tempo liturgico
forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza.
E’ un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio
ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa
percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un ‘diario interiore’ di
questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita! L’Avvento ci
invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza
non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a
considerare tutta la nostra esistenza come ‘visita’, come un modo in cui Egli può
venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione? Ecco il testo integrale dell’omelia
del Papa:
Cari fratelli e sorelle, con questa celebrazione
vespertina entriamo nel tempo liturgico dell’Avvento. Nella lettura biblica che abbiamo
appena ascoltato, tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo ci
invita a preparare la “venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23) conservandoci
irreprensibili, con la grazia di Dio. Paolo usa proprio la parola “venuta”, in latino
adventus, da cui il termine Avvento.
Riflettiamo brevemente
sul significato di questa parola, che può tradursi con “presenza”, “arrivo”, “venuta”.
Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l’arrivo
di un funzionario, la visita del re o dell’imperatore in una provincia. Ma poteva
indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi
con potenza, o che viene celebrata presente nel culto. I cristiani adottarono la parola
“avvento” per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re, entrato in
questa povera “provincia” denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa
del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui, quanti credono nella sua presenza
nell’assemblea liturgica. Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire:
Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo
vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci
in molteplici modi.
Il significato dell’espressione
“avvento” comprende quindi anche quello di visitatio, che vuol dire semplicemente
e propriamente “visita”; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra
nella mia vita e vuole rivolgersi a me. Tutti facciamo esperienza, nell’esistenza
quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce
per essere assorbiti dal “fare”. Non è forse vero che spesso è proprio l’attività
a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra
attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi
di vario genere? A volte le cose ci “travolgono”. L’Avvento, questo tempo liturgico
forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza.
E’ un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio
ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa
percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un “diario interiore” di
questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita! L’Avvento ci
invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza
non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a
considerare tutta la nostra esistenza come “visita”, come un modo in cui Egli può
venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione?
Altro
elemento fondamentale dell’Avvento è l’attesa, attesa che è nello stesso tempo speranza.
L’Avvento ci spinge a capire il senso del tempo e della storia come “kairós”, come
occasione favorevole per la nostra salvezza. Gesù ha illustrato questa realtà misteriosa
in molte parabole: nel racconto dei servi invitati ad attendere il ritorno del padrone;
nella parabola delle vergini che aspettano lo sposo; o in quelle della semina e della
mietitura. L’uomo, nella sua vita, è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere,
da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell’età, aspira al meritato
riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di
là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient’altro da sperare.
La speranza segna il cammino dell’umanità, ma per i cristiani essa è animata da una
certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e
un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto troverà
il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.
Ma
ci sono modi molto diversi di attendere. Se il tempo non è riempito da un presente
dotato di senso, l’attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa,
ma in questo momento non c’è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo
che passa appare esageratamente lungo, e l’attesa si trasforma in un peso troppo grave,
perché il futuro rimane del tutto incerto. Quando invece il tempo è dotato di senso,
e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell’attesa
rende il presente più prezioso. Cari fratelli e sorelle, viviamo intensamente il presente
dove già ci raggiungono i doni del Signore, viviamolo proiettati verso il futuro,
un futuro carico di speranza. L’Avvento cristiano diviene in questo modo occasione
per ridestare in noi il senso vero dell’attesa, ritornando al cuore della nostra fede
che è il mistero di Cristo, il Messia atteso per lunghi secoli e nato nella povertà
di Betlemme. Venendo tra noi, ci ha recato e continua ad offrirci il dono del suo
amore e della sua salvezza. Presente tra noi, ci parla in molteplici modi: nella Sacra
Scrittura, nell’anno liturgico, nei santi, negli eventi della vita quotidiana, in
tutta la creazione, che cambia aspetto a seconda che dietro di essa ci sia Lui o che
sia offuscata dalla nebbia di un’incerta origine e di un incerto futuro. A nostra
volta, noi possiamo rivolgergli la parola, presentargli le sofferenze che ci affliggono,
l’impazienza, le domande che ci sgorgano dal cuore. Siamo certi che ci ascolta sempre!
E se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è
presente, possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci
alcun sostegno, anche quando il presente diventa faticoso.
Cari
amici, l’Avvento è il tempo della presenza e dell’attesa dell’eterno. Proprio per
questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata,
che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino.
Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a camminare fiduciosi.
Modello e sostegno di tale intimo gaudio è la Vergine Maria, per mezzo della quale
ci è stato donato il Bambino Gesù. Ci ottenga Lei, fedele discepola del suo Figlio,
la grazia di vivere questo tempo liturgico vigilanti e operosi nell’attesa. Amen!