Pace, giustizia e questioni etiche: la mediazione della Santa Sede nel mondo di
oggi. Intervista con mons. Tomasi
Benedetto XVI riceverà in udienza, domani, i presidenti del Cile, Michelle Bachelet
Jeria e dell’Argentina, Cristina Fernández de Kirchner, per celebrare il 25.mo del
Trattato di Pace ad Amicizia tra i due Paesi, sei anni dopo la mediazione pontificia
che sventò un conflitto tra i due Stati sudamericani. Alessandro Gisotti ha
chiesto all’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, quale “valore aggiunto” può offrire la
Chiesa per favorire la via del dialogo nel mondo di oggi:
R. – Il valore
aggiunto che la Santa Sede porta è sostanzialmente una visione della persona umana
che trascende i confini degli Stati ed i confini degli interessi e apre alla solidarietà
e alla capacità di riconoscerci tutti come membri della stessa famiglia umana. Quindi,
il messaggio di fraternità, il messaggio di solidarietà che viene proiettato dall’insegnamento
della Dottrina sociale della Chiesa, dal comportamento delle Chiese, anche locali,
che sempre cercano di trascendere se stesse per allargare il respiro a tutta la famiglia
umana, è la fonte della credibilità della Chiesa e della Santa Sede nell’intervenire
in situazioni difficili. Secondo me, c’è anche un altro aspetto che dobbiamo prendere
in considerazione, di questa capacità di mediazione che la Santa Sede può dare, ed
è il lavoro quotidiano che le nunziature fanno, il lavoro che si fa nel contesto internazionale.
Il ruolo sostanziale della presenza della Santa Sede, dunque, è quello di difendere
la dignità della persona umana. E’ un punto di partenza, una specie di piattaforma
su cui si regge tutto l’impianto delle relazioni internazionali.
D.
– Come sottolineava lei, la Chiesa è impegnata oggi in nuove “forme di mediazione”,
se così si può dire, su temi fondamentali come la vita e la difesa della famiglia
nei consessi internazionali e non solo; una sfida sempre più urgente per rendere ragione
della visione cristiana dell’uomo …
R. – I punti
di differenza e di contatto nel dibattito internazionale sono soprattutto su questi
valori di fondo: come lei ha indicato, la famiglia, il diritto alla vita, la protezione
della vita dal concepimento fino alla morte naturale. Ed è in questo contesto, in
questa prospettiva, che diventa sempre più complicato e difficile fare entrare nella
cultura pubblica la necessità di ritornare e riaffermare questi valori fondamentali
che altrimenti fanno danno, al di là di una valutazione etica e morale, alla stessa
società. E questo, quando al contempo le politiche non appoggiano la famiglia ma si
orientano sempre più verso una considerazione dell’individuo chiuso in se stesso.
C’è una visione della persona umana verso un estremo individualismo da una parte.
Dall’altra, la difficoltà di fare emergere in questa nostra cultura che ci circonda,
il valore innato della persona, una persona che non è più chiusa in se stessa ma aperta
agli altri, alla famiglia, alla vita e alla relazione con Dio.
D.
– In un tempo di globalizzazione – ci ricorda Benedetto XVI nella “Caritas in veritate”
– è necessario anche e soprattutto promuovere uno sviluppo integrale della persona,
come dei popoli. Anche su questo fronte c’è una capacità di proposta peculiare della
Chiesa?
R. – Diventa quasi un ritornello, negli interventi
che si cerca di fare nel contesto internazionale, di dire che se vogliamo veramente
salvaguardare il benessere di tutti, quindi dei Paesi ricchi e dei Paesi poveri, delle
varie categorie di persone, dei vari gruppi etnici, bisogna che ci rifacciamo ad un
modo di capire lo sviluppo che non è limitato alla dimensione economica o alla dimensione
tecnica, ma che include i valori fondamentali delle persone, come la spiritualità,
il senso di creatività … Questa proposta che fa la Santa Sede non chiude ad una dimensione
unica lo sviluppo, ma va al di là della tecnologia e dell’economia per dire che, se
vogliamo portare il benessere, dobbiamo tener conto di quello che veramente fa scattare
la capacità delle persone a impegnarsi, a essere responsabili. C’è una ricchezza,
un patrimonio molto ricco non solo di idee, ma di esperienze e buone pratiche che
abbiamo nella nostra tradizione cristiana, che possiamo mettere a servizio di tutta
la famiglia umana e che è la strada per arrivare veramente a questo sviluppo integrale.