Università Cattolica: omelia di mons. Crociata sull'impegno cristiano nel mondo della
sofferenza
“Il rilievo sociale dell’ambito medico e sanitario, che risalta ancora di più nel
caso di questo Policlinico universitario e delle strutture ad esso afferenti, evoca
prontamente la dimensione etica dell’attività che vi si svolge. E non v’è dubbio che,
molto più che per altri aspetti della vita sociale, la responsabilità etica risalta
là dove è in gioco la persona umana gravata da malattie, provata dal dolore, o sospesa
sotto la minaccia incombente della morte”: lo ha detto stamane a Roma, nell’omelia
della messa per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore-Policlinico Gemelli, il segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata.
“Il senso di questo nostro celebrare – ha proseguito - sta più in profondità ed è
più vicino a noi di quanto pensiamo, poiché non si giustappone ad una dimensione umana
o ad progetto eticamente già autosufficienti, bensì si colloca a loro fondamento,
li anima dall’interno, conferisce loro il giusto orientamento. Senso dell’esperienza
umana e impegno etico o sono cristiani nativamente e strutturalmente o non lo sono
affatto. Il cristianesimo non può essere ridotto ad una verniciatura superficiale
su una parete già completa e finita di suo”. “In un tempo che vede oscillare molti
tra il nichilismo rappresentato in forma estrema dal terrorismo autodistruttivo e
un consumismo in forza del quale tutto si compra ma niente ha valore duraturo – ha
poi detto mons. Crociata nell’omelia all’Università Cattolica di Roma -, noi credenti
siamo chiamati a testimoniare in modo sobrio e radicale insieme il valore esaltante
di una vita umanamente piena perché piena di Dio. La sfida per voi è fare della passione
per Dio l’anima della passione per la scienza, per la cura di chi è malato, per il
benessere pienamente umano di ogni persona”. Il segretario generale della Cei - riferisce
l'agenzia Sir - ha quindi affermato: “Siamo richiamati a condurre la nostra esistenza
senza lasciarci rinchiudere nel corto circuito dei nostri drammi, dei nostri problemi,
perfino del nostro lavoro e delle nostre fatiche. Senza falsi provvidenzialismi e
senza indulgenze di sorta al dolce far niente, e meno ancora però alla paura paralizzante
e disperata, scopriamo il bisogno di uno sguardo verso l’orizzonte più vasto sulla
cui vista ci colloca il nostro percorso di vita”. (R.P.)