Giornata di studio per i 20 anni della Pontificia Commissione per i Beni Culturali
della Chiesa
Stamane la conferenza stampa di presentazione e nel pomeriggio la giornata di studio:
sono le iniziative per ricordare il ventennale di attività della Pontificia Commissione
per i Beni Culturali della Chiesa. In apertura dell’incontro pomeridiano, che si svolgerà
a Palazzo San Pio X, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone rivolgerà un
saluto ai partecipanti. A presiedere i lavori l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente
della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. E mons. Ravasi ha
preso parte naturalmente anche alla presentazione stamane in Sala Stampa vaticana,
insieme con il prof. Francesco Buranelli, segretario della Pontificia Commissione
stessa. Il servizio di Fausta Speranza:
Tirare
le somme di 20 anni di lavoro e guardare al futuro. E’ l’obiettivo in tema di patrimonio
artistico e culturale che – ricorda mons. Ravasi – è “uno scrigno immenso” nel mondo.
Serve la tutela di quello che abbiamo ma serve di incoraggiare a quanto ancora l’arte
può esprimere. Mons. Gianfranco Ravasi:
“I
Beni Culturali non sono soltanto delle pietre preziose, ma richiedono anche una fruizione
continua, una tutela continua sul futuro. Soprattutto, però, di loro natura dovrebbero
continuamente sbocciare”.
Con un obiettivo preciso:
“Cercare
di far sì che questo patrimonio non muoia, una parte continui ad essere vivente, perché
lo è di sua natura, e soprattutto possa dialogare con la modernità, ma una modernità
che abbia la stimmate, il segno del bene culturale e non semplicemente del prodotto”.
Un
appuntamento concreto c’è: si tratta dell’annunciata partecipazione della Santa Sede
alla 54.ma Biennale di arte contemporanea di Venezia nel 2012, con un padiglione curato
dalla stessa Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Mons. Ravasisottolinea l’importanza di avere il coraggio di linguaggi nuovi, nel rispetto
delle finalità:
“L’artista si esprime con la sua nuova grammatica. Il
sacro continua ad aggiornarsi, continua ad esprimersi in forme culturali e musicali
differenti. Certamente deve essere consapevole della finalità. Cosa, questa, che è
molto più difficile ora, perché siamo in una società secolarizzata, perché tante volte
l’artista non viene sufficientemente istruito in maniera nobile. E poi a volte non
c’è dialogo sulle finalità. Per esempio l’architetto a volte non dialoga all’interno
delle altre arti. Molti architetti che hanno costruito dei templi mirabili non accettano
di dialogare come facevano per esempio Borromini o il Bernini al loro tempo. Gli architetti
devono sapere ad esempio che all’interno del culto cattolico devono esserci le immagini,
deve esserci un altare, un battistero, devono esserci dei segni che sono anche dei
segni visibili e dei simboli. Ecco allora la necessità di far sì che l’artista, con
la sua propria grammatica, e l’architetto si incontrino, che il popolo, l’assemblea
e il liturgista insieme rincorrano la finalità che dovrà essere espressa col nuovo
linguaggio”.
Non si può non ricordare il lavoro svolto
dalla Commissione in questi anni. Commissione voluta da Giovanni Paolo II nel 1988
e operativa dal 1989. Ma bisogna anche ricordare che questa intuizione di Giovanni
Paolo II si inserisce in un continuum di sensibilità che lega diversi Papi recenti
fino a Papa Benedetto XVI. Il prof.Francesco Buranelli, segretario
della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa: “Il
confronto fra la Chiesa e gli artisti ha vissuto in questi ultimi decenni momenti
di nuovo ed intenso slancio. Non a caso ha coinciso con il grande rinnovamento teologico
e liturgico iniziato nel secondo dopoguerra e culminato nel Concilio Vaticano II.
Uno slancio favorito con consapevolezza e lungimiranza dagli ultimi Pontefici, da
Pio XII fino al recentissimo ed emozionante incontro di Benedetto XVI con gli artisti,
avvenuto lo scorso 21 novembre sotto il severo sguardo del Cristo giudice michelangiolesco
in Cappella Sistina. Ricordiamo poi che Paolo VI, uomo di grande sensibilità e conoscitore
approfondito di arte e musica, che sentiva personalmente e profondamente la necessità
di un continuo confronto con gli artisti, riprese il dialogo interrotto. Successivamente
Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, approfondì nella sua Lettera
agli artisti il tema del dialogo tra l’arte e il sacro. Ancora una volta un Pontefice
romano tornava a proporre agli artisti grandi temi di Dio, dell’uomo, della bellezza.
Non c'era nella Lettera nessuna commemorazione di antichi fasti, nessuna dotta citazione
di munifiche committenze, ma solo il riconoscimento di incomprensioni e la ricerca
- da amico ad amico - di rinnovare un rapporto di affetto e di fiducia. Si tratta
per la Chiesa di non aver più paura di questa amicizia. Ed è questo lo sforzo che
sta compiendo oggi la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, facendo
propri gli insegnamenti di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”.
Resta
il lavoro di conservazione e tutela, che presenta diverse problematiche anche per
il mutare di alcune concezioni. Basti pensare alla tutela prevista recentemente dall’Unesco
anche di beni immateriali, che rappresenta una conquista culturale, però non senza
rischi, come sottolinea mons. Ravasi:
“Pensiamo, ad esempio,
al Carnevale di Rio de Janeiro che viene considerato come un bene culturale, ma penso
anche a tante espressioni altissime del folklore come il kumbamela (il pellegrinaggio)
indù è sicuramente espressione anch’esso di un bene culturale da tutelare e da custodire.
Si è andati sempre avanti in questa linea, qualche volta, forse, anche esagerando
o cadendo in aspetti che sono del tutto marginali e secondari”.