Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
La battaglia contro la violenza sulle donne è ancora tutta da vincere. E' quanto si
ribadisce in occasione dell’odierna Giornata internazionale per l’eliminazione di
questo gravissimo fenomeno. Trenta anni fa, l’Assemblea generale dell’Onu approvava
la Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne,
una svolta storica nel percorso dei diritti umani, ma oggi si deve ancora riflettere
su un fenomeno purtroppo ancora drammaticamente attuale. Lo sottolinea il presidente
della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, nel suo messaggio per l'occasione.
“Molto – scrive il capo dello Stato – resta da fare in ogni parte del mondo per sradicare
una concezione della donna come oggetto di cui ci si può anche appropriare". Il servizio
di Francesca Sabatinelli:
La
violenza sulle donne negli anni ha racchiuso le motivazioni più disparate e più numerose
rispetto a qualsiasi altro tipo di crimine. Il corpo e la psiche delle donne hanno
subìto i colpi del maschilismo, della violenza domestica, così come della guerra,
della povertà, spesso all’origine - spiega Amnesty International - della violazione
dei diritti umani: donne costrette a sposarsi in età precoce, discriminate a causa
di etnia, religione, stato civile o disabilità, senza autonomia economica. Per questo
25 novembre, Amnesty ha lanciato a livello mondiale tre appelli per chiedere la fine
della violenza sulle donne. Il commento di Laura Renzi, curatrice
delle campagne di Amnesty Italia:
“Ci occupiamo delle
donne del Darfur che vivono nei campi profughi in Ciad e che rischiano quotidianamente
violenze ed abusi sessuali. Per quanto riguarda l’azione in Tagikistan, ci occupiamo
del fenomeno dell’abbandono prematuro del sistema scolastico da parte delle bambine
e delle ragazze, che è un problema grave e molto diffuso. Ricordiamo che l’istruzione
è un diritto e rappresenta una grande opportunità per le donne, ma ancora oggi non
lo rappresenta evidentemente per le ragazze che vivono in povertà. Ci occupiamo, infine,
della Bosnia-Erzegovina, dove le donne sopravvissute agli stupri e ad altre forme
di violenza durante il conflitto negli anni Novanta, attendono ancora giustizia e
riparazione. C’è da dire che migliaia di donne sopravvissute allo stupro hanno perso
i loro parenti, hanno perso il loro lavoro e questo proprio a causa sia della loro
fragilità psicologica che fisica. Anche per loro si paventa, quindi, la possibilità
della povertà”.
Le donne bosniache vittime degli stupri
come arma di guerra, erano gli anni Novanta, oggi purtroppo accade ancora. Marcello
Flores, docente alla facoltà di Lettere dell’Università di Siena,
è autore del volume "Stupri di Guerra":
R. - Oggi questa
realtà è soprattutto presente in alcune zone dell’Africa. La Regione dei Grandi Laghi
è quella che, forse, desta maggiore preoccupazione, perché sembra – pensiamo al Congo
o ad alcune zone dell’Uganda – che sia quasi una situazione endemica, questa in cui
le donne possono essere oggetto da parte di tutti - dell’esercito regolare, dei paramilitari,
degli oppositori, di chi sta al governo, etc.- di queste violenze contro il loro corpo
e contro di loro, senza che si riesca a fare veramente qualcosa per porre freno a
questo tipo di situazione.
D. – Professore, lo stupro
come arma di guerra: è cambiata la percezione delle società nei confronti di questo
gravissimo atto?
R. – Intanto è cambiata la legislazione
internazionale. Proprio alla fine del XX secolo, grazie alle decisioni che sono state
prese dai Tribunali internazionali per l’ex Jugoslavia e per il Rwanda, è stato stabilito
per la prima volta che lo stupro è equiparabile ad un crimine contro l’umanità e a
un crimine di guerra. Questo, da una parte, è il risultato di una sensibilità che
è cambiata e che certamente è cambiata dal Secondo dopoguerra grazie alla nuova coscienza
che le donne hanno preso; e, dall’altra, è una decisione che ha degli effetti per
favorire in quelle zone, in quelle regioni del mondo, dove ancora questa percezione
non è chiara o è solo di alcune minoranze, di poter andare nella direzione che è invece
ormai abbastanza riconosciuta nel mondo occidentale, ma non solo, e quindi in larga
parte dei Paesi.
Sulla violenza contro le donne in Italia,
le cifre fornite dall’Istat sono agghiaccianti: 6 milioni e 700 mila donne hanno subito
nel corso della propria vita violenza fisica e sessuale, prevalentemente casalinga.
Un milione di donne ha subito uno stupro o un tentato stupro. Soprattutto, ed è il
dato più inquietante, è ancora alto il numero delle donne che non denuncia: per timore,
per vergogna, ma anche perché sanno che spesso non ricevono assistenza adeguata. Gabriella
Tambone è psicologa, psicoterapeuta, dal 2003 collabora con Telefono Rosa